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Schifani e il miracolo dell’acqua: prima ai turisti, poi agli italiani e solo alla fine ai siciliani…

Photo credits: Giuliano Del Gatto/Imagoeconomica

Photo credits: Giuliano Del Gatto/Imagoeconomica

A casa mia l’acqua arriva una volta a settimana, con preannuncio all’ultimo momento (neanche si ha il tempo di predisporre i bidoni) e a volte mai. Mi dicono che debba reputarmi fortunato, perché la mia è soltanto un’utenza domestica: non ho, infatti, un campo, né un ristorante. Raccomandano, inoltre, di non parlarne troppo in pubblico, altrimenti poi i turisti non vengono. Meglio, si dice, che lo sappiano soltanto dopo essere arrivati. Mi limiterò a ricordare che c’era a Porto Empedocle un dissalatore, e che lo hanno mandato in malora, trasferendo le pompe in un’isola turistica della Sicilia. Perché, come si sa, prima vengono i turisti, poi gli italiani, poi i residenti e, infine, il resto (se ne rimane). Tutto vecchio.

L’Intervento del Governatore Schifani

La novità è che il governatore Schifani – a due anni dall’insediamento e a una trentina dall’inizio della sua carriera – si è accorto dellemergenza acqua (che, per non inquietarlo troppo, chiameremo “contrattempo acqua”) ed ha istituito, una “cabina di regia” con un «team di professionisti per affrontare la crisi». Me li vedo già al lavoro, di fronte a un cruscotto di pulsanti e di led, a seguire l’acqua che, attraverso le migliaia di condotte bucate, raggiunge faticosamente l’obiettivo. Smistamenti, cambi, pozzi: tutto sotto l’alto controllo del Regista, scelto sicuramente secondo i migliori criteri di selezione (in Sicilia i dirigenti devono soprattutto rispondere al requisito della fedeltà a Schifani). Mentre vanno riempiendosi i bidoni, vorrei dedicare al governatore una vecchia storia, che lui certamente conosce.

Una Vecchia Storia per il Governatore

Un contadino possedeva nel proprio campo un pero che mai aveva dato frutti: foglie tante e mai una sola pera, nonostante gli insistenti tentativi. Decise, dunque, di liberarsene. Abbattè l’albero e ne donò il tronco a un amico scultore (ottima idea: su una spiaggia qui accanto un artista di strada ha intagliato, su un difficile legno portato da una piena, un Cristo che commuove). Dopo qualche anno, la moglie del contadino fu colpita da una di quelle malattie per le quali le medicine non bastano più e lasciano il posto soltanto alla preghiera. Andò, dunque, in chiesa e si accostò alla statua in legno del suo santo protettore. Si inginocchiò, pregò a testa bassa, ma il suo sguardo cadde a un tratto sui piedi della scultura e poi, più in alto, sul corpo e sul viso. In particolare, il contadino osservò il legno sul quale il santo era stato scolpito, riconoscendovi, chissà come, il legno del proprio albero. Si alzò allora in piedi e, quasi ancora pregando, sussurrò malinconicamente alla statua: «Piru, ca mai au munnu ha fattu pira, pira unn’ha fattu, e miracoli vo’ fari?». Attendiamo il miracolo di Schifani.