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Netanyahu a Guterres e ONU: “Via UNIFIL dal Libano, soldati scudo umano di Hezbollah, sono in pericolo”

FOTO DA TWITTER

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Altra linea rossa superata nella guerra in Medio Oriente. Non aveva ancora parlato Benjamin Netanyahu, il premier israeliano, dagli attacchi all’UNIFIL nel sud del Libano nei giorni scorsi. Lo ha fatto oggi, rivolgendosi direttamente al segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres. “È giunto il momento di rimuovere l’UNIFIL dalle roccaforti e dalle aree di combattimento di Hezbollah“. E quindi secondo lo Stato Ebraico l’ONU se ne deve andare. Una comunicazione in ebraico in cui in pratica si incolpa l’ONU degli eventi dell’ultima settimana. Si ricorda che Guterres, per Israele, è persona poco gradita dopo le parole del segretario che hanno condannato l’offensiva sulla Striscia di Gaza.

Cinque le persone ferite negli attacchi di Israele in settimana, operatori e soldati. L’Italia è presente sul posto con un contingente di oltre un migliaio di militari, il secondo gruppo più numeroso dopo quello Indonesia. Il ministro della Difesa Guido Crosetto aveva parlato di crimini di guerra lamentando il comportamento di Israele all’ambasciatore israeliano a Roma. Israele da settimane ha aumentato la pressione sul Libano, dopo aver attaccato sia per via aerea che via terra, compiendo le proprie operazioni in uno Stato sovrano, così come era successo in Iran. Netanyahu non ha sollecitato soltanto il ritiro “immediato” dell’UNIFIL ma ha anche accusato la missione ONU di fare da scudo umano a Hezbollah.

La minaccia di Netanyahu: “Soldati ostaggi di Hezbollah, sono in pericolo”

“L’Idf lo ha chiesto ripetutamente, e ha avuto ripetuti rifiuti, tutti volti a fornire uno scudo umano ai Hezbollah. Il vostro rifiuto di evacuare i soldati li rende ostaggi di Hezbollah”, ha aggiunto Netanyahu. “Questo mette in pericolo la loro vita e quella dei nostri soldati. Ci rammarichiamo per l’infortunio subito dai soldati Unifil, facciamo tutto per prevenire questi incidenti. Sfortunatamente, alcuni leader europei stanno esercitando pressioni nel posto sbagliato. Invece di criticare Israele, dovrebbero rivolgere le loro critiche a Hezbollah, che usa l’UNIFIL come scudo umano proprio come Hamas a Gaza usa l’Unrwa.

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni domenica pomeriggio “ha avuto una conversazione telefonica con il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu. Meloni ha ribadito l’inaccettabilità che UNIFIL sia stata attaccata dalle forze armate israeliane, ricordando come la missione agisca su mandato del consiglio di sicurezza per contribuire alla stabilità regionale” si legge in una nota di Palazzo Chigi. La premier “ha sottolineato l’assoluta necessità che la sicurezza del personale di UNIFIL sia sempre garantita” e “ha rinnovato l’impegno dell’Italia in questo senso, dicendosi convinta che attraverso la piena applicazione della risoluzione 1701 si possa contribuire alla stabilizzazione del confine israelo-libanese e garantire il ritorno a casa di tutti gli sfollati”.

Anche Papa Francesco ha reagito alle parole di Netanyahu. “Continuo a seguire con preoccupazione quanto sta avvenendo in Medio Oriente e chiedo ancora una volta un immediato cessate il fuoco su tutti i fronti”, ha detto il Pontefice all’Angelus. “Si percorrano le vie della diplomazia e del dialogo per ottenere la pace. Sono vicino a tutte le popolazioni coinvolte, Palestina, Israele, Libano, dove chiedo che siano rispettate le forze di pace delle Nazioni Unite”. Alla trasmissione “In mezz’ora” su Rai3 il generale Luciano Portolano, Capo di Stato Maggiore della Difesa, aveva inoltre parlato della sorpresa con cui le parole di Netanyahu erano state accolte.

“Il mandato emanato per Unifil è adeguato. Ciò che non è adeguato – ha spiegato – e che mi ha creato spesso frustrazione anche nei confronti della popolazione locale sono le regole d’ingaggio che non sono proporzionali ai compiti assegnati alla forza, tra cui la capacità e la necessità di disarmo dei gruppi armati in libano, nella fattispecie Hezbollah”. E intanto la missione ha denunciato due carri armati israeliani “sono entrati con la forza” in una postazione UNIFIL nel sud del Libano. La missione ha chiesto spiegazioni all’esercito israeliano sulle azioni consierate “violazioni scioccanti”, dopo l’irruzione dei due tank a Ramyah e sul blocco dei movimenti di peacekeeping dei Caschi Blu vicino a Meiss ej Jebel di ieri.

Cos’è UNIFIL in Libano

UNIFIL sta per United Nations Interim Force In Lebanon (Forza di interposizione in Libano delle Nazioni Unite). Il suo obiettivo è quello di definire e garantire il rispetto del confine tra Israele e Libano. È stata istituita dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel 1978 – dopo la prima invasione del Libano da parte di Israele, scattata per gli attacchi da parte dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) – e più volte rinnovata. La missione fu istituita con la risoluzione 425 che impose a Israele il ritiro dal territorio libanese.

Senza l’UNIFIL sul territorio, mancherebbe qualsiasi monitoraggio sul territorio di osservatori esterni. Almeno 1.654 i civili morti negli attacchi di Israele in Libano, tra i bombardamenti, le esplosioni di ricetrasmittenti e walkie talkie, l’attacco che ha eliminato il capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah. Israele domenica ha ordinato l’evacuazione di altri 21 piccoli centri urbani nel sud del Libano, sabato erano stati 23: sono già oltre un milione e 200mila gli sfollati. Spagna e Francia in una dichiarazione congiunta con l’Italia avevano criticato le operazioni di Israele in Libano, Parigi e Madrid avevano anche proposto di interrompere le esportazioni di armi allo Stato Ebraico.

La strage a Gaza

Il ministero della sanità del governo di Hamas per la Striscia di Gaza ha annunciato oggi un nuovo bilancio di 42.227 morti dall’inizio della guerra con Israele più di un anno fa. Nelle ultime 24 ore, 52 persone sono state uccise, si legge in una nota del ministero, aggiungendo che 98.464 persone sono state ferite nella Striscia di Gaza dall’inizio della guerra il 7 ottobre 2023. Netanyahu intanto ha rivendicato come necessarie le nuove operazioni militari sul campo profughi di Jabalia, nella Striscia di Gaza, dopo 300 palestinesi sono stati uccisi negli ultimi nove giorni, per “smantellare un baluardo di Hamas”.