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Hamas, chi sarà il successore di Sinwar a capo: il fratello Mohammed, Khaled Meshal, Khalil al Hayya, Abu Marzouk

FILE - Yahya Sinwar talks during a rally in Khan Younis, southern Gaza Strip, on Oct. 21, 2011. (AP Photo/Hatem Moussa, File)

Anni e anni a cercarlo, stanarlo, mesi a braccarlo, Yahya Sinwar alla fine è stato ucciso per caso, durante un pattugliamento di routine di una brigata israeliana a Rafah, nel quartiere Tel al-Sultan. I test del DNA hanno confermato che a morire nell’operazione era il ricercato numero 1, il capo di Hamas. A un paio di mesi dalla morte del capo politico Ismail Haniyeh, ucciso in un’operazione a Teheran mai rivendicata ma dai media di tutto il mondo sempre attribuita a Israele, ecco che l’organizzazione islamista deve fare i conti con una nuova crisi al suo vertice più alto. Non è la prima volta, anzi, certo è che questa volta l’alternanza alla guida sembra essere ancora più complessa.

Sinwar sarà difficilmente sostituibile: gran parte della leadership di Hamas è stata eliminata in un anno di guerra, dopo gli attacchi nel sud di Israele. È però anche vero che l’organizzazione ha sopravvissuto a sconvolgimenti e stravolgimenti fin dalla sua fondazione, restando nell’ombra e operando sotto traccia in alcuni frangenti, per poi farsi sentire e vedere di nuovo. Per il Washington Post, per esempio, l’eliminazione di Sinwar è una “grave battuta d’arresto” per Hamas “ma probabilmente non sarà una campana a morto per il movimento né porrà fine immediata allo spargimento di sangue”. Mkhaimar Abusada, professore di scienze politiche all’Università di Al-Azhar a Gaza, ora alla Northwestern University negli Stati Uniti, ha dichiarato al quotidiano statunitense che “Hamas, alla fine, si considera un movimento di liberazione nazionale, che sta combattendo contro l’occupazione israeliana. E se un leader muore, un altro riprenderà la lotta e la porterà avanti. Questo è ciò che accade da molti anni”.

Chi era Sinwar

Sinwar era già capo militare quando era diventato anche capo politico dopo l’eliminazione di Haniyeh. Aveva 61 anni, era considerato il principale ideatore dell’attacco del 7 ottobre 2023. Nato nel campo profughi di Khan Yunis, aveva contribuito alla fondazione dell’al Majd, il primo apparato di sicurezza del gruppo, e nel 1988 fu arrestato per aver ucciso due soldati israeliani. Condannato a diversi ergastoli, tornò in libertà dopo 23 anni in prigione durante i quali imparò l’ebraico, nell’ambito dello scambio di prigionieri per il militare Gilad Shalit. La sua figura già di vertice si era ingrandita oltremodo in un anno di guerra e dopo l’eliminazione di molti alti funzionari del movimento.

Sinwar era considerato un estremista, restio alle trattative con Israele, votato alla guerra. Secondo alcune indiscrezioni impossibili da verificare neanche Haniyeh sapeva dell’organizzazione degli attacchi del 7 ottobre 2023. Non è detto che l’organizzazione annuncerà, per motivi di sicurezza in questo momento molto delicato di offensiva israeliana, il nuovo capo. E allo stesso motivo non è detto che sarà convocato come di consueto il Consiglio della Shura, organo consultivo segreto eletto dai membri di Hamas che si trovano Gaza, in Cisgiordania e all’estero.

I candidati a capo di Hamas

In pole position secondo diversi media e osservatori internazionali sembra esserci Mohammed Sinwar, fratello di Yahya. Potrebbe diventare il capo militare nella Striscia, più riserve invece sulle capacità politiche. Stando a informazioni dell’intelligence, già da tempo gestisce i militanti. Anche lui nato a Khan Yunis, anche lui arrestato nel 1991 e rilasciato dopo nove mesi. È stato tra i collaboratori più stretti dei comandanti delle ebrigate al Kassam. Sarebbe sempre lui a gestire in questo momento gli ostaggi israeliani ancora prigionieri nella Striscia.

Altre fonti rimandano invece a Khaled Meshal, ora dirigente dell’ufficio politico di Hamas dei palestinesi della diaspora. Vive a Doha, in Qatar, dove viveva anche Sinwar, dopo essersi spostato tra Kuwait, Giordania e Siria. Meshal è stato capo dalla fine degli anni ’90 fino al 2017, quando si dimise. Fu avvelenato nel 1998 da agenti israeliani e salvato con un antidoto fornito proprio da Israele nell’ambito di un accordo diplomatico con la Giordania.

A Doha – il Qatar è uno dei Paesi interlocutori come l’Egitto nelle trattative che da mesi stanno cercando di arrivare a un accordo per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi israeliani a Gaza – si trova anche Khalil al Hayya, già vice di Sinwar, membro dei vertici da decenni e sopravvissuto a un’operazione di Israele nel 2007, che attaccò casa sua a Gaza uccidendo la sua famiglia. Altro candidato è Mousa Abu Marzouk, fondatore negli Emirati Arabi Uniti dei Fratelli Musulmani palestinesi, per anni negli Stati Uniti, dove ha portato avanti tramite associazioni e istituzioni la causa palestinese, incarcerato per 22 mesi negli USA perché sospettato di terrorismo.

Hamas contava sulla carta su circa 30mila militanti prima prima del 7 ottobre, gli israeliani dichiarano di averne eliminati circa 17mila così come ha rivendicato la distruzione dell’80% dei fantomatici tunnel. Per la CIA l’organizzazione sarebbe stata stroncata di almeno un 30% del suo potenziale.