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Parla Riccardo Magi: “Come in un lager, migranti torturati”

Foto della delegazione di parlamentari italiani in visita al Cpr di Gjader

Riccardo Magi, deputato e Segretario di +Europa, ieri si è recato con Rachele Scarpa e Paolo Ciani del Pd al Cpr di Gjader, in Albania, dove due giorni fa sono state trasferiti i primi migranti in attesa dell’esito della richiesta di protezione internazionale.

Onorevole cosa avete visto?
Prima di arrivare qui pensavo il peggio possibile di questo posto. Credevo che dalla Seconda Guerra Mondiale non si vedessero più in Europa delle colonie detentive per stranieri aperte da un Paese nel territorio di un altro Paese. Ora, il mio giudizio è ancora più severo: questo posto ha tutte le sembianze di un lager. Paradossalmente, la parte migliore è la sezione penitenziaria, dove almeno vige un regolamento. Invece il resto della struttura, sia la parte riservata a quelli che vengono trattenuti in attesa che si valuti la loro domanda di asilo, sia la parte dei Cpr sono davvero terribili.

Però la costruzione è recentissima. Cos’è che non va?
Noi sapevamo di trovare una struttura nuova: non è sovraffollata, non è sporca, non è danneggiata. Il problema è essere in un luogo nel nulla, disperso, isolato, tra le montagne e le campagne. Non c’è un albero e d’estate le temperature sono altissime. C’è poi un eccesso di recinzioni: addirittura nella parte del Cpr, persino la parte del cortile è coperta da sbarre sopra la testa, come se avessero paura che qualcuno possa volare via. Eppure le recinzioni sono alte più di 7 metri. Detto questo, la nostra visita era soprattutto per verificare come funzionano le procedure previste dalla legge italiana e dal diritto europeo calate all’interno di questo nuovo contesto.

E cosa avete rilevato?
La prima criticità enorme è quella della selezione dei migranti. Dei primi 16 arrivati, 4, ossia un quarto del totale, non sarebbero dovuti essere qui e sono stati rimandati in Italia perché non possono giungere in Albania donne, minori e persone vulnerabili. Quindi il pre-screening a bordo della nave italiana Libra ha mostrato già delle falle.

Avete parlato con i migranti rinchiusi?
Sì, con 4 detenuti, tre egiziani e uno del Bangladesh. Tutti provengono da storie terribili: periodi lunghi trascorsi in Libia dove sono stati rapiti, detenuti dalla mafia libica, torturati – e ne abbiamo visto le tracce sul loro corpo – con richieste di riscatto alle loro famiglie, venduti e fatti lavorare come schiavi. In alcuni casi, lavorando ancora un altro periodo dopo aver riacquistato la libertà, hanno potuto pagare il viaggio per tentare di arrivare in Italia col gommone o col barchino. Alcune volte sono stati ripresi dalla guardia costiera libica, portati indietro, ritorturati e rimprigionati. Questi sono tutti motivi di vulnerabilità, ma nessuno ha chiesto loro qualcosa in merito prima della partenza e durante il viaggio sull’imbarcazione Libra. Quindi c’è qualcosa che non funziona nella procedura.

Ora cosa attendono queste persone?
Entro 48 ore il Tribunale civile di Roma, sezione immigrazione, dovrà valutare la richiesta di fermo. Nel frattempo questa mattina (ieri, ndr), la commissione preposta ha valutato in via accelerata la loro domanda di protezione: se fosse accolta dovrebbero essere riportati sempre in Italia. In caso contrario passano dall’hotspot al Cpr, dove staranno fino a 18 mesi in attesa delle pratiche per il rimpatrio.

In questa struttura non ci sono attività da svolgere durante il giorno?
È una detenzione peggiore di quella di un carcere. Eppure quelle persone non hanno commesso reati, non hanno delle condanne. È una detenzione amministrativa.

Comunque quella di ieri non è certo l’ultima visita che farà?
Sì, sarà fondamentale portare avanti una sorta di ‘staffetta’ tra parlamentari di opposizione italiani ed europei, con ispezioni ‘a sorpresa’ per tenere alta l’attenzione sui centri italiani in Albania. Questa operazione del governo Meloni da un lato ha dei costi elevatissimi che non sono minimamente giustificati. Credo che alla fine saranno più le persone che torneranno in Italia da qui che non quelle che verranno rimpatriate da qui. Inoltre ha una grande valenza politico-simbolica, propagandistica, direi quasi pedagogica: serve a dire agli italiani “noi siamo un governo talmente forte che siamo i primi a tenere lontani gli stranieri dal territorio italiano”. Il Governo si illude poi che questa operazione abbia una valenza di dissuasione.

Non è così?
Assolutamente no. Nessuna delle persone che noi abbiamo incontrato è minimamente dissuasa dal partire per provare a salvarsi la vita perché c’è il rischio che finisca in Albania. Questi migranti scappano dalla tortura della mafia libica, dalla riduzione di schiavitù.

Ha riscontrato altre criticità?
C’è un punto che a mio avviso è uno dei più gravi e che andrà chiarito: noi chiederemo infatti i tracciati dei percorsi delle imbarcazioni che hanno portato a questi salvataggi di queste persone. Secondo le testimonianze di diversi di loro il salvataggio e il rintraccio sarebbe avvenuto in una posizione molto ravvicinata rispetto a Lampedusa e quindi non in acque internazionali, come prevede il Trattato con l’Albania. Questo, ci rendiamo conto, è il punto più delicato, più sensibile, più grave. Ci sono evidentemente versioni diverse da verificare ma che meritano tutta l’attenzione degli organi di informazione e delle autorità e queste richieste le faremo in tutte le sedi.