Parla il filosofo germanista

Intervista ad Angelo Bolaffi: “La Germania nata dalla colpa di Auschwitz sarà sempre accanto a Israele”

Merkel alla Knesset nel 2008 disse: “La sicurezza di Israele è parte costitutiva della ragion di stato tedesca”. Scholz l’ha ribadito. Ma dopo il 7 ottobre, la risposta di Netanyahu e la guerra in corso, l’opinione pubblica è divisa. I giovani gridano: “Non usate la nostra colpa per coprire i crimini israeliani a Gaza”

Interviste - di Umberto De Giovannangeli

19 Ottobre 2024 alle 20:00

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Intervista ad Angelo Bolaffi: “La Germania nata dalla colpa di Auschwitz sarà sempre accanto a Israele”

La Germania, la memoria dell’Olocausto, il rapporto con Israele. Temi delicatissimi, di scottante attualità. Temi da maneggiare con estrema cura e sensibilità, non solo intellettuale. Cosa che fa con sapienza e pertinenza Angelo Bolaffi. Filosofo della politica e germanista, dal 2007 al 2011 è stato direttore dell’Istituto di cultura italiana a Berlino. È membro della Grüne Akademie della Böll Stiftung di Berlino e del direttivo di Villa Vigoni “Centro italo-tedesco per l’eccellenza europea”.

Ricordatevi della Shoah! È il monito che riecheggia da Israele, e da una parte della diaspora ebraica, soprattutto in momenti drammatici come quello che sta vivendo il Medio Oriente. Un monito che chiama in causa l’Europa e nell’Europa in primo luogo la Germania. Professor Bolaffi, come sta la Germania in termini di memoria storica?
Il rapporto della Germania con Israele è un rapporto segnato dalla Storia. La cancelliera Angela Merkel nel 2008 tenne uno storico discorso davanti alla Knesset, il Parlamento israeliano, nel quale affermò, cito testualmente: “La sicurezza d’Israele è parte costitutiva della ragion di Stato tedesca”. E aggiunge: “Questo perché Auschwitz è parte della nostra identità nazionale”. Questa posizione indicata con nettezza dalla Merkel fu ribadita, il 14 ottobre 2023, nella dichiarazione di governo del cancelliere Scholz davanti al Bundestag. Anche qui, cito testualmente: “La nostra specifica storia, la nostra responsabilità, che deriva dall’Olocausto, c’impone il compito, mai rinunciabile, di garantire la sicurezza dello Stato d’Israele”. Questa è la posizione della Germania. Ciò spiega la differenziazione della posizione tedesca oggi, ad esempio sulla fornitura di aiuti militari, rispetto ad altri Stati europei. Posso aggiungere una cosa?

Prego, professor Bolaffi.
Per chi ritiene che l’identità europea sia solo un fatto di economia, quello di cui stiamo parlando lo smentisce clamorosamente. La storia pesa, e pesa enormemente.
Date queste dichiarazioni, così impegnative, è evidente che la posizione tedesca, sia pure tra mille accenni alla necessità di ricercare la pace, sarà sempre accanto a Israele, almeno finché l’identità della Germania, nata dal secondo dopoguerra, continuerà ad esistere. Se poi nascerà una Germania diversa, in quel caso sarebbe tutt’altro discorso. E non credo in meglio.

Fare i conti col proprio passato per evitare che certi fenomeni deteriori possano ripetersi. Lo si ripete spesso, e a ragione, ma poi l’antisemitismo torna a vivere nel presente. Perché?
Il tema è spiegabile rifacendoci a un libro del 2019, di Susan Neiman, storica e filosofa americana, dal titolo Imparare dai tedeschi. La razza e la memoria del male. Neiman riassumeva una posizione ormai diffusa nella cultura tedesca e occidentale, secondo cui la Germania fosse un modello di cosiddetta rielaborazione della propria storia. La Germania nata dalla catastrofe del nazionalsocialismo e dalle macerie della Seconda guerra mondiale, è cresciuta non soltanto con la certezza del marco, del miracolo economico, ma anche della colpa di Auschwitz. Questa idea della colpa è sempre stata messa in discussione da destra. Gli storici revisionisti, come Ernst Nolte solo per citare il più conosciuto, nel dibattito tra storici negli anni’80, dissero no, un momento, perché la responsabilità è nostra? Certo, abbiamo anche noi delle responsabilità, ma alla radice del male c’è il totalitarismo europeo e, soprattutto, Auschwitz, e questo fu la frase che scatenò il dibattito, è la conseguenza del gulag staliniano. Sul fronte opposto, grandi storici, come Jürgen Habermas, Dan Diner e altri ancora, e tutta la sinistra tedesca, dissero no, è immorale, e non solo antistorico, cercare di assolvere la nostra colpa addossandola al totalitarismo staliniano. È tutta una generazione, nata nel dopoguerra, ad aver cambiato la Germania di Adenauer, una Germania di destra, in una Germania democratica, liberale, proprio facendo i conti con la propria storia e quindi con il nazionalsocialismo e la Shoah, che Dan Diner ha definito, con un termine rimasto nella storia, una “frattura della civilizzazione”. Con l’attacco del 7 ottobre 2023, la risposta d’Israele e la guerra in corso, l’opinione pubblica tedesca – soprattutto gli intellettuali democratici, di sinistra – si è divisa.

In che senso, professor Bolaffi?
Mentre sta montando un anti-islamismo della destra, l’AfD, che è contro i musulmani ma non ha mai detto nulla contro gli ebrei, mai, perché è abbastanza furba su questo, esiste invece una posizione anti-Israele che sta diventando antisemita, in nome della difesa della causa palestinese. L’espressione emblematica di questo è il cartello innalzato, qualche giorno fa, a Berlino, su cui c’era scritto: togliete la colpa tedesca dalla Palestina. Non usate la nostra colpa per coprire i crimini israeliani a Gaza: “Take the German guilty from Gaza”. Qualcosa di molto forte.
La stessa Susan Neiman, qualche giorno fa, ha avvertito che si sta riabilitando il nazionalismo tedesco a causa del supporto dello Stato tedesco al nazionalismo israeliano. C’è un incrocio di problemi. In Germania, la destra non è antisemita. O almeno tace su questo, perché sa bene che altrimenti verrebbe stigmatizzata.

E a sinistra, soprattutto quella più radicale?
Cito un fatto recente. Lo scorso fine settimana, si è tenuta la conferenza della Linke, organizzazione in via di smobilitazione, che si è spaccata proprio sulla mozione attorno all’antisemitismo. Non tirate in ballo l’antisemitismo, Israele è colpevole. Punto. L’altra metà dei presenti si è alzata e ha abbandonato la sala.

Il ricordo della Shoah può da parte della destra israeliana giustificare tutto?
Non c’è nessuno che può porsi al di sopra della legge e giustificare tutto. Tanto è vero che il più grande storico tedesco vivente, Heinrich August Winkler, in un dialogo che ho avuto con lui questa estate a Berlino, mi ha detto che la Merkel ha commesso un errore, perché a quella dichiarazione, a cui ho fatto in precedenza riferimento, giustissima, del tutto legittima e opportuna, avrebbe però dovuto aggiungere: che ragion di Stato della Germania è la difesa d’Israele e dei diritti umani. In questo modo si sarebbe trovata in una situazione migliore, facendo sì che oggi il governo tedesco non debba appoggiare acriticamente le posizioni del governo Netanyahu. Se poi si pensa, come fanno non i tedeschi ma alcuni geopolitici storici anglosassoni, che la soluzione dei due Stati non esiste, una chimera che ogni tanto risorge e poi sparisce, l’ordine, dicono loro, del Medio Oriente deve avere la stessa brutalità che ebbe l’ordine dell’Europa alla fine della Seconda guerra mondiale, quando 8 milioni di tedeschi furono cacciati dalle loro terre, nelle quali erano insediati da più secoli. E in questa cacciata morirono un milione di persone. Dopodiché l’Europa fu pacificata. La presenza tedesca in terra polacca, ceka, ucraina, bielorussa – che furono il motivo o se si vuole il pretesto dell’attacco di Hitler verso oriente – furono eliminate. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, a Yalta le potenze vincitrici tracciarono i nuovi confini dell’Europa e da tutte le terre ad Est furono cacciati tutti i tedeschi. Quindi, è il pensiero di questi storici tutt’altro che marginali, se vogliamo portare la pace in Medio Oriente, la questione palestinese si risolve eliminando il problema. Come i tedeschi di cui sopra. Mi pare terribile, ma qualcuno comincia a dirlo esplicitamente. E così “from river to the sea” ci sarebbe solo Israele. È la visione uguale e opposta di quanti, in Italia e non solo, gridano “from river to the sea, Palestina”.

A proposito di memoria coltivata o cancellata. Su questo grande tema, come si trova l’Italia?
L’Italia ha fatto molto poco i conti col passato. Non ha fatto i conti, anche la sinistra, fino in fondo col fascismo. La destra ha fatto il suo mestiere. Si è cercato di assolvere la colpa, le responsabilità, delle classi dirigenti e di parte del popolo italiana della sciagura del fascismo, addossandola alla responsabilità del nazismo e nell’ultima fase del fascismo che si era alleato con Hitler. L’Italia non ha mai fatto i conti, ad esempio, con quello che fu il prodromo dell’Olocausto: l’uso dei gas, delle armi chimiche in Nord Africa contro le popolazioni civili. L’Italia non fu per Hitler un esempio per ciò che concerne Mussolini, ma anche per come risolvere certe questioni: gasando i civili. L’Italia, insisto su questo, non ha fatto i conti con il fascismo. Ha cercato, in maniera abbastanza rituale, di condannare la Shoah, ma resta ancora in vita un profondo antisemitismo di duplice natura e origine: quello storico, della tradizione cattolico-romana, e un antisemitismo nuovo, di una parte della sinistra, in nome della difesa dei diritti palestinesi e di condanna delle responsabilità israeliane nella guerra a Gaza e in Libano.

Per ultimo, tornando alla Germania, le chiedo: le giovani generazioni tedesche hanno contezza di questa riflessione critica sulla storia e la Shoah?
La risposta, purtroppo, è no. Mentre la generazione nata dopo la fine della Seconda guerra mondiale ha dovuto fare i conti con la storia, con la tragedia del nazismo e l’orrore dell’Olocausto, e su questa dolorosa presa d’atto collettiva ha costruito i caratteri identitari della Germania liberale, democratica, oggi le cose non stanno più così. Per i giovani, soprattutto quelli universitari, su tutto fa premio i diritti calpestati dei palestinesi, e la parola genocidio è quella più in voga nelle manifestazioni. Questo, in verità, non solo in Germania, ma anche nei campi universitari americani, in Gran Bretagna etc. Un insorgere che ha le sue ragioni ma che rischia di oscurare la storia e mettere tra parentesi una conquista di coscienza della Germania. Inutile nasconderlo: il rischio che un certo antisionismo sfoci in antisemitismo, è forte. E va combattuto.

19 Ottobre 2024

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