La lista dei Paesi sicuri
Destra in guerra totale con la magistratura: il governo Meloni prepara l’Armageddon alla Costituzione
Forte della mail del magistrato Patarnello, che contestava le forzature del governo, Meloni sfida le toghe. Ma pesa l’incognita Mattarella
Politica - di David Romoli
Lo scontro tra poteri dello Stato è già dispiegato. Mattarella è dovuto intervenire. Al di là delle parole pronunciate domenica scorsa sulla necessità di “una mediazione” tra le istituzioni. Quel passaggio è stato interpretato a torto come un’allusione allo scontro in atto e forse una intenzione del genere c’era davvero. Ma dal Colle chiariscono che il presidente parlava di tutt’altro perché tra due poteri dello Stato non può essere necessaria alcuna mediazione: ciascuna deve restare nei propri confini senza esorbitare. Dunque, di fronte a una battaglia campale come quella in atto qualcosa di specifico il presidente quasi certamente troverà modo di dire.
Il decreto varato ieri dal governo con la conferma – stavolta con forza di legge – della lista di Paesi sicuri in contrasto netto con le disposizioni della Corte di Giustizia europea e del Tribunale di Roma è un atto di guerra – sebbene molto poco efficace e assai meno clamoroso da quello che era stato annunciato – che apre le porte a un conflitto con la magistratura e naturalmente anche con l’opposizione. Ma il secondo rientra nella norma. Il primo, quello non solo istituzionale ma tra due poteri dello Stato, è un terremoto. Che il decreto serva a qualcosa è dubbio e probabilmente nel governo lo sanno tutti a partire dalla premier.
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Ma lei per prima ha deciso di trasformare l’incidente albanese, effettivamente molto imbarazzante dal momento che il Protocollo con Tirana era il suo fiore all’occhiello in Europa, nello scontro frontale con la magistratura più duro che ci sia mai stato in Italia. La magistratura, stavolta, è molto meno imputabile del solito di invasione di campo: si è davvero limitata a recepire la sentenza della Corte di Giustizia europea del 4 ottobre scorso. Ieri i portavoce della Commissione, di fatto non ancora installata, affermavano che bisognerà “stilare una lista europea di Paesi considerati sicuri che attualmente non esiste”, ma “è presto” per dire se e quando arriverà. Gli stessi portavoce specificano però che “tutte le misure adottate dalle autorità italiane devono essere in piena conformità con l’applicazione del diritto Ue”.
La destra ha scelto di andare all’arrembaggio comunque per due motivi distinti. Il primo è la resa propagandistica della vicenda, la cui presa su una parte dell’opinione pubblica è sicura. Le parole del magistrato Patarnello suonano alle orecchie della destra come conferma del vincolo tra magistratura e sinistra. La sua mail incriminata, citata con gran fracasso da Meloni, era nel complesso meno golpista di quanto è apparso grazie a una sapiente operazione di taglia e cuci sul testo originale. Ma i passaggi sulla politica della premier “ancora più pericolosa e insidiosa” di quella di Berlusconi erano per la destra motivo di forte irritazione. La sentenza della Corte di Giustizia permette di denunciare quella decisione come semaforo verde per chiunque voglia entrare in Italia, nella lettura di Meloni.
Nel complesso la destra è convinta di poter usare la vicenda per strappare facili consensi e dunque alza la posta quanto più possibile. Ma c’è anche la tentazione di cogliere un terreno considerato favorevole per arrivare subito allo showdown finale con il potere togato. Il presidente del Senato La Russa lo dice chiaramente invocando una revisione costituzionale dei confini tra le aree di pertinenza dei due poteri dello Stato. Lo stesso obiettivo traspare in molti commenti del centrodestra. “L’attacco sistemico di una parte della magistratura contro le politiche del governo deve essere smascherato. La Russa ha chiesto solo di dipanare la zona grigia nella quale il confine tra le funzioni della giustizia e quelle della politica spesso si confondono”, affonda il capogruppo FdI Foti, un fedelissimo della premier.
Dalle ong ai Paesi sicuri, quel confine secondo il governo è stato varcato spesso da una magistratura invadente. L’occasione scelta per l’Armageddon finale è la peggiore e la meno giustificata ma la destra ritiene di potersi muovere, sul fronte dell’immigrazione, con le spalle coperte dal consenso del suo elettorato reale e potenziale, nonostante il sondaggio YouTrend per Sky dica chiaramente che il 57 per cento degli italiani è contrario ai lager in Albania, comprese frange consistenti di elettori della destra stessa, vedi Forza Italia e persino Lega. Con queste premesse non stupisce che l’incendio si estenda molto rapidamente su tutti i fronti: dalla chiamata in causa del Csm da parte della destra sui casi di Patarnello ma anche della giudice Albano, denunciata per la sua presunta “non terzietà” all’esposto del M5s alla Corte dei Conti contro il governo per spreco di denaro pubblico sino alla probabilissima decisione della premier di accelerare i tempi della riforma costituzionale sulla separazione delle carriere.
Ma il braccio di ferro specifico sull’Albania proseguirà. La premier è decisa a spedire un nuovo gruppo di immigrati nel centro lì costruito già questa settimana. Il tribunale interverrà di nuovo per dichiarare il trasferimento illegale. Sempre che il governo non trovi modo di sottrarre alla sezione Immigrazione la facoltà di sentenziare in materia. Ma a quel punto lo scontro sarebbe probabilmente con lo stesso Quirinale.