Alla Festa del Cinema di Roma

Eterno visionario, il nuovo film di Placido: Pirandello, la dura vita di un genio

Il regista: “Per me che l’ho perso presto, è stato un padre putativo”. Il viaggio in treno verso il Nobel fa da cornice al racconto di un uomo tormentato, diviso tra l’amore per la moglie malata e quello proibito per la sua musa

Cinema - di Chiara Nicoletti

22 Ottobre 2024 alle 14:30

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Photo by Gian Mattia D’Alberto/LaPresse
Photo by Gian Mattia D’Alberto/LaPresse

“Ho scoperto solo ora, riflettendo sul film durante le interviste, che visto che mio padre non mi ha mai visto recitare, non essendoci già più quando sono entrato in Accademia, Pirandello per me è stato un padre, non dico spirituale ma putativo, come San Giuseppe, che in qualche modo mi è stato sempre vicino e sempre accanto”. Trova una ragione di “famiglia” Michele Placido nella genesi di Eterno Visionario, suo 11esimo film da regista (se si contano i documentari), presentato nella sezione Grand Public alla 19esima Festa del Cinema di Roma. In uscita sala il 7 novembre con 01 Distribution e liberamente ispirato a Il gioco delle parti. Vita straordinaria di Luigi Pirandello di Matteo Collura, edito da Longanesi, Eterno Visionario racconta Luigi Pirandello nel momento in cui, al ricevere il Nobel, guarda al suo passato, a quel che Placido definisce il suo “mondo emotivo: l’umanità, le passioni, le ossessioni e l’esistenza più intima intrappolata fra l’amore dirompente e impossibile per Marta, sua attrice musa e il burrascoso rapporto con la dolorosa malattia della moglie Antonietta”, interpretata da Valeria Bruni Tedeschi.

Luigi Pirandello e le sue opere sono state spesso visitate da Michele Placido nel corso della sua carriera, circa 500 le messe in scena e le repliche, ma solo adesso il regista ha dedicato al padre – maestro, un film. Perché questo era il momento giusto? “Forse perché sono arrivato a questa età, ci voleva tempo per seminare, per avere un vissuto, non ho mai pensato di fare un film su Pirandello prima, fino a quattro anni fa. Come lui stesso diceva, la vita prima la si vive e poi la si scrive ed era arrivato il momento di raccontare questo padre che mi ha accompagnato”. A dare un corpo e un’anima a Luigi Pirandello, Placido ha chiamato l’amico e collega di tante avventure cinematografiche e teatrali, Fabrizio Bentivoglio. L’attore, dopo aver ascoltato la confessione di Placido sul Pirandello percepito come padre, rivela: “Questo film non è solo il frutto di 11 settimane di riprese ma il risultato di più di 45 anni di condivisione con Michele, di teatro, poesia, cinema. Questo racconto che ha fatto Michele sul padre mi fa venire in mente che quando giravamo Del perduto amore, la sera si andava a casa di Michele, dalla mamma che ci cucinava di tutto. Io nel film interpretavo suo padre e mi chiamavo Giovanni. Una sera la madre disse a Michele: ‘chiamalo Beniamino che gli somiglia tanto’. “C’è una forte somiglianza tra me e il papà di Michele – sottolinea Bentivoglio – questo per spiegarvi il legame profondo e umano che ci lega, non solo di colleganza. Nessuno di voi mi chiamerebbe a far un film su Pirandello, solo Michele poteva farlo, attribuendomi una fiducia incondizionata, obbligandomi a fare bene. Il mio obiettivo è stato farmi abitare, l’attore è colui che agisce, io non lo volevo fare Pirandello, volevo esserlo”.

Un viaggio in treno verso il Premio Nobel nell’autunno e quasi inverno nella vita di Pirandello, un genio che si guarda indietro alla crisi mai creativa ma esistenziale e passionale che ha accompagnato la genesi e lo sviluppo delle sue opere. Di questo voler contrastare il tempo che passa, in relazione alla passione cieca e senza sbocchi per l’attrice Marta Abba (Federica Luna Vincenti), impossibile oggetto di un desiderio esclusivo, irrealizzabile, parla nel dettaglio Fabrizio Bentivoglio: “C’è una licenza poetica nel film: a un certo punto per avvicinarsi a Marta, Pirandello si tinge i capelli. L’ho voluta io questa cosa perché volevo che, nella scena in cui si guarda allo specchio con lei presente, gli colasse una goccia di tintura. Il cinema non è compitare ma raccontare in modo poetico”. Il cuore di Eterno Visionario sta nel modo in cui Michele Placido decide di sviscerare Pirandello, nell’intimità delle sue relazioni con i figli, tra cui spiccano le interpretazioni di Giancarlo Commare e Aurora Giovinazzo, con la moglie, con la sua musa Marta Abba, le aspettative. Per citare lo stesso regista nelle note di regia: “È un film che per la prima volta dice la verità sulla vicenda umana e artistica di Luigi Pirandello, liberandolo dalla protezione moralistica in cui finora è stato ingabbiato”.

Seppur fondamentale a capire il percorso dell’autore, sia seguirne il processo creativo e sperimentale delle sue opere, è comprendere l’uomo, l’obiettivo di Placido regista. Valeria Bruni Tedeschi, che si dice “quasi invidiosa per essere entrata tardi a far parte della famiglia cinematografica di Michele Placido” evoca un legame che partendo da La Balia di Marco Bellocchio, tratta da una novella di Pirandello, dove aveva interpretato la moglie di Bentivoglio, culmina in Eterno Visionario: “questo per me è stato una specie di filo sotterraneo per vedere cosa era diventata questa donna e cosa era diventata questa pazzia. A 30 anni aveva una pazzia implosa, aveva le gambe chiuse e non voleva più partorire, non voleva più dare. Grazie a questa sceneggiatura, ho scoperto che la sua pazzia è esplosa, senza più argini però lei era sempre la stessa, anche se trasformata con gli anni. La sfida era quella di non fare la follia, anche perché non la considero folle, ho lavorato con la sua verità, con l’amore che sentiva per il marito”.

Nel ruolo di Marta Abba, catalizzatrice di opere e di ispirazione per l’autore di Il Fu Mattia Pascal, Federica Luna Vincenti, anche co-produttrice del film con Goldenart, descrive il suo approccio: “Ho pensato agli incontri della vita: possiamo realizzarci ma il vero demone può esprimersi nell’alchimia, quando incontri la persona giusta. Marta incontra Pirandello a 25 anni quando lui ne ha 58. Sia Marta che Luigi prendono energia l’uno dall’altra ed è talmente simbiotico questo loro rapporto che Pirandello scrive tanti testi incredibili perché trae energia da questa donna che incontra e per cui ha il colpo di fulmine. Alle oltre 500 lettere che lui le invia, lei risponderà solo a 238. Era una donna incredibile, mi è venuta in mente Mariangela Melato mentre costruivo il personaggio. Ho lavorato con lei, è stata una grande maestra. In scena lei era talmente folle, poteva rappresentare tutto. La nostra vita di attori è piatta rispetto ai personaggi che possiamo interpretare”.

Lasciandosi alle spalle Eterno Visionario di Michele Placido e Il Treno dei Bambini di Cristina Comencini, che ritroveremo a dicembre, la Festa del Cinema di Roma si avvia a fare il giro di boa per una seconda e conclusiva settimana che promette conferme di grandi autori, come Claudio Giovannesi, piccoli grandi film che scuotono gli animi e l’arrivo di grandi divi come Johnny Depp.

22 Ottobre 2024

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