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Naufraghi trattati come pacchi, governo Meloni a rischio infrazione

Un naufrago ha raccontato a Paolo Ciani, deputato del Pd, di essere stato recuperato quando «Lampedusa era vicina, potevo raggiungerla a nuoto». Se così fosse, ci troveremmo di fronte a una grave infrazione, visto che, secondo protocollo, dovevano essere trasferite nelle celle albanesi soltanto le persone soccorse al di là delle acque territoriali

Editoriali - di Ammiraglio Vittorio Alessandro

23 Ottobre 2024 alle 14:00

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AP Photo/Valeria Ferraro – Associated Press/LaPresse
AP Photo/Valeria Ferraro – Associated Press/LaPresse

Qualcuno aveva già anticipato che un nodo decisivo dell’avventura italiana in Albania si sarebbe formato in mare, proprio su quel limitato specchio d’acqua compreso tra il confine delle dodici miglia a sud di Lampedusa e le acque Sar maltesi, dove i naufraghi (“come pacchi”, ha detto il vice presidente della Cei, monsignor Francesco Savino) vengono trasbordati da una nave all’altra e sommariamente selezionati per genere, età, stato fisico e provenienza. La prima scrematura ha dato gli esiti che sappiamo, e i sedici migranti trasferiti trionfalmente in Albania sono stati velocemente riportati indietro, con il costoso dispiegamento di una nave della Marina militare, di due motovedette della Guardia di finanza e una della Guardia costiera.

Non abbiamo ancora visto tutto, però. Un naufrago ha raccontato a Paolo Ciani, deputato del Pd, di essere stato recuperato quando «Lampedusa era vicina, potevo raggiungerla a nuoto». Se così fosse, ci troveremmo di fronte – oltre che alla salata brutta figura che sappiamo – a una grave infrazione, visto che, secondo protocollo, dovevano essere trasferite nelle celle albanesi soltanto le persone soccorse al di là delle acque territoriali. Lontano dagli sguardi indiscreti (il governo ha cancellato dalla scena anche i velivoli del soccorso civile), è facile ipotizzare che i migranti saranno recuperati e portati su nave Libra anche quando avranno varcato il confine verso l’Italia, magari con pericolose manovre ostruttive, con ciò degradando il soccorso italiano al livello dei miliziani libici che inseguono, ostacolano, catturano e “fanno numero” di deportati, per passare poi alla cassa. Non abbiamo ancora visto tutto: non ancora, per esempio, le condizioni proibitive del mare e del tempo che imperverseranno nelle prossime settimane.

Si tratta di incultura dolosa. L’avvocato Giulia Bongiorno, nella sua arringa al processo di Palermo in difesa di Salvini – accusato di aver sequestrato i migranti su Open Arms – ha affermato che essi avevano a bordo tutte le cure necessarie e che «bastava dichiarare: soffro di insonnia e di stress, non mi adatto, non voglio vivere una situazione di promiscuità, e si scendeva». Ora, l’avvocato difensore fa il proprio mestiere anche usando argomenti fantasiosi, ma certamente sfugge alla Bongiorno – come al governo e alla platea di satelliti che a vario titolo lo sostengono e difendono – cosa sia veramente il mare. È vero, dal 2 agosto 2019 – quando Open Arms chiese per la prima volta l’assegnazione di un porto – al successivo giorno 20, allorché la nave attraccò finalmente a Lampedusa, i migranti a bordo si ridussero da 124 a 83: fu un continuo stillicidio di consegne alla motovedetta di persone che cedevano, e qualcuno di loro si buttò in mare. Perché la lunga sosta sotto il sole d’agosto, in particolare quella degli ultimi giorni, fecero insorgere sofferenza e malattie di ora in ora.

La situazione a bordo non è mai una fotografia, tutto è sempre in movimento, ed è la nave stessa che si ammala quando è costretta, da qualcosa o qualcuno, per giorni in mezzo al mare o quando procede inutilmente verso viaggi senza speranza. Come il veliero della Linea d’ombra di Conrad, inchiodato dalla bonaccia, o come l’Amiral-Bragueton del Viaggio al termine della notte di Celine, i cui passeggeri, condannati alla “stabilità disperante del calore”, avevi appena il tempo di vederli sparire. Fossi stato al posto del comandante di Open Arms, come lui mai avrei messo la prua verso la Spagna, riportando in alto mare quel carico di umanità che scontava ogni ora un nuovo supplizio bisognoso di cure urgenti. Non l’avrei fatto neanche se avessi avuto a bordo cani e porci veri, figuriamoci quelli di cui Salvini parla riferendosi ai migranti.

23 Ottobre 2024

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