Torino
Madre fa arrestare il figlio tossicodipendente, era uscito per una rapina: “Non mi pento ma non dormo la notte”
"Vado a fare una rapina", le aveva annunciato il 33enne, tornato a casa con una borsa frigo piena di Gratta&Vinci e banconote. "A pensarci mi si spezza il cuore, viviamo in un incubo da 15 anni"
Cronaca - di Redazione Web
Non è pentita, la donna che ha telefonato i carabinieri per far arrestare il figlio, tormentato dalla dipendenza dalle sostanze stupefacenti, uscito di mattina presto per rapinare un tabacchino dopo averlo annunciato proprio a lei, alla madre. “Non ci dormo la notte, so di aver fatto la cosa giusta e me lo ripeto in continuazione. Ma non è facile, sono pur sempre sua madre”, ha detto la donna intervistata da Il Corriere della Sera. Adesso spera che il figlio possa entrare in una comunità, che un programma di recupero si occupi di lui: non è detto considerato le condizioni in cui vengono reclusi i tossicodipendenti nel sistema carcerario italiano.
Lei ha lavorato per una vita in una grande azienda, operaia, in provincia di Torino. È in pensione. Il figlio, 33 anni, tossicodipendente, cocaina e crack. Le aveva annunciato mentre faceva colazione, “vado a fare una rapina”. Alla tabaccheria vicino alla stazione. Si è coperto i tatuaggi, ha smontato le targhe dall’auto del padre e ha indossato un cappellino. Era tornato con una borsa frigo piena di Gratta&Vinci e una mazzetta di banconote. Proprio quella mattina avevano un appuntamento al Sert.
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E lei, la madre, ha chiamato i carabinieri e lo ha fatto arrestare. È ancora convinta di aver fatto la cosa giusta. “Anche se a pensarci mi si spezza il cuore. Viviamo in un incubo da 15 anni e gli ultimi tre sono stati i peggiori. Litigate, mobili rotti, continue richieste di soldi e furti in casa. Tre giorni prima della rapina mi aveva rubato perfino il televisore. Ma fino a quando ha fatto del male a me sono riuscita a sopportarlo. Il pensiero che potesse ferire qualcuno o essere ferito mi ha sbloccato. E allora ho chiamato il 112”.
I militari sono arrivati a sirene spente, il momento più duro è stato quando hanno portato via il ragazzo. “È mio figlio. Quel figlio che ho tanto desiderato e messo al mondo con tanti sacrifici, sottoponendomi a cicli di terapie. L’ho cresciuto come un ‘principino’, ma non è stato mai abbastanza. Inseguiva la bella vita, voleva fare il fotomodello, ha girato qualche video a Milano e ha perso il lavoro da elettricista. Poi ha imboccato la strada sbagliata. In carcere c’è già stato, ma al massimo tre giorni. Ora ci rimarrà più a lungo”.