Nuova strage nel campo di Jabalya

Gaza, le storie dei bambini palestinesi sopravvissuti alle bombe e condannati a morte da Israele negli ospedali

Mazyona, Elia, Atef. Alcuni nomi delle storie che racconta James Elder, il portavoce di Unicef. “Chi era scampato agli attacchi israeliani non può ricevere le cure di chi avrebbe bisogno perché non ci permettono di evacuarli”

Esteri - di Umberto De Giovannangeli

26 Ottobre 2024 alle 09:00 - Ultimo agg. 26 Ottobre 2024 alle 09:02

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AP Photo – Screenshot
AP Photo – Screenshot

L’inferno di Gaza in una telefonata. «Invece di mandarci gli aiuti ci arrivano i carri armati?», urla disperatamente al telefono (non è chiaro l’interlocutore, si suppone funzionari legati alla distribuzione di aiuti) il dottor Hussam Abu Safiya, direttore dell’ospedale Kamal Adwan, dall’interno della terapia intensiva, dove sono radunati i feriti e il personale medico, dopo essere stati bombardati dai carri armati israeliani.

«Stavamo aspettando gli aiuti umanitari che sono bloccati al check point e ora ci bombardano. Dov’è la legge? Dov’è il diritto umanitario? Se non arriveranno aiuti medici nelle prossime ore, le persone qui moriranno. Mentre aspettiamo i soccorsi, siamo presi di mira direttamente. Basta così!», supplica con urgenza. Più di 150 tra pazienti e personale sono intrappolati nell’ospedale. Le forze israeliane hanno fatto irruzione ieri mattina nel nosocomio e hanno ordinato ai pazienti di spostarsi nel cortile principale, ha riferito l’agenzia di stampa palestinese Wafa, mentre eseguivano arresti di massa. L’irruzione è avvenuta un giorno dopo che i carri armati israeliani hanno bombardato il complesso dell’ospedale, una delle poche strutture mediche funzionanti rimaste nel nord dell’enclave.

Gaza, strage infinita

Nella notte scorsa un attacco aereo su un complesso residenziale nel campo profughi di Jabalya ha provocato 150 tra morti e feriti. Lo scrive Wafa, sottolineando che tra le vittime ci sono donne e bambini.  I residenti dell’area presa di mira hanno lanciato richieste urgenti di assistenza per il trasporto dei feriti; tuttavia, le squadre di soccorso hanno dovuto affrontare notevoli difficoltà nel raggiungere la scena a causa dei continui attacchi da parte delle forze di occupazione israeliane. Le case distrutte, riporta Wafa, appartenevano a diverse famiglie, tra cui le famiglie Najjar, Abu Al-Ouf, Salman, Hijazi, Abu Qumsan, Aql, Abu Rashid, Abu Tarabish, Zaqoul e Sha’lan. È salito ad almeno 38 il bilancio dei morti negli attacchi israeliani su diverse strutture residenziali a Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza. Lo scrive Al Jazeera, citando fonti mediche. Tra le vittime ci sarebbero 14 bambini rimasti soffocati dal fumo dei missili israeliani: 13 erano della stessa famiglia. L’emittente riferisce di immagini “inquietanti” dal luogo dei raid, con molti corpi che giacciono a terra nell’ospedale Nasser, mentre genitori e parenti disperati salutano le vittime, già pronte per la sepoltura.

«Il momento più buio del conflitto a Gaza si sta svolgendo nel nord della Striscia, dove l’esercito israeliano sta di fatto sottoponendo un’intera popolazione a bombardamenti, assedio e rischio di fame» costringendola a scegliere tra lo sfollamento di massa e l’essere intrappolato in una zona di conflitto. È quanto ha detto l’Alto commissario Onu per i diritti umani, Volker Türk, invitando i leader mondiali ad agire e sottolineando che gli Stati hanno il dovere, secondo la Convenzione di Ginevra, di garantire il rispetto del diritto umanitario internazionale. «I bombardamenti nel nord di Gaza sono non-stop», ha dichiarato Türk. «L’esercito israeliano ha ordinato a centinaia di migliaia di persone di spostarsi, senza garanzie di ritorno. Ma non c’è un modo sicuro per andarsene: le bombe continuano a cadere; l’esercito israeliano sta separando le famiglie e trattenendo molte persone; e le persone che fuggono sono state oggetto di spari» – ha proseguito. E ancora: «La situazione peggiora di giorno in giorno, in modo inimmaginabile. Le politiche e le pratiche del governo israeliano nel nord di Gaza rischiano di svuotare l’area di tutti i palestinesi. Ci troviamo di fronte a ciò che potrebbe equivalere a crimini di atrocità, potenzialmente estendibili anche a crimini contro l’umanità».

Le storie raccontate dal portavoce Unicef

Il j’accuse di James Elder, portavoce Unicef: “I bambini vengono evacuati per motivi medici da Gaza al ritmo di meno di un bambino al giorno. Se questo ritmo letalmente lento dovesse continuare, ci vorrebbero più di sette anni per evacuare i 2.500 bambini che hanno bisogno di cure mediche urgenti. Quest’anno, dal 1° gennaio al 7 maggio, in media 296 bambini sono stati evacuati per motivi medici ogni mese. Da quando il valico di Rafah è stato chiuso il 7 maggio a causa dell’offensiva di terra, il numero di bambini evacuati per motivi medici è crollato a solo 22 al mese. Solo a 127 bambini – molti dei quali soffrivano di traumi alla testa, amputazioni, ustioni, cancro e malnutrizione acuta – è stato consentito di andare da quando il valico di Rafah è stato chiuso. Di conseguenza, i bambini di Gaza stanno morendo – non solo a causa delle bombe, dei proiettili e delle granate che li colpiscono – ma perché, anche quando “accadono i miracoli”, anche quando le bombe esplodono e le case crollano e le vittime aumentano, ma i bambini sopravvivono, viene loro impedito di lasciare Gaza per ricevere le cure urgenti che salverebbero le loro vite… Una delle tante tragedie di Gaza è che le cifre spaventose non sono riuscite a smuovere chi ha il potere di agire.

Voglio condividere le storie di alcuni dei bambini il cui futuro è vincolato da queste costrizioni schiaccianti. Mazyona ha 12 anni. Quando due razzi hanno colpito la sua casa, la si credeva morta. Mazyona non aveva polso. Entrambi i suoi fratelli, Hala, 13 anni, e Mohamed, 10, sono stati uccisi. Mazyona ha riportato ferite devastanti al volto, che è stato quasi strappato via. I chirurghi hanno tenuto insieme la struttura rimanente, ma la ragazza necessita urgentemente di un trasporto medico per cure specialistiche e interventi alle ossa. Mazyona ha ancora delle schegge nel collo. Naturalmente prova un dolore immenso e le sue condizioni stanno peggiorando. Il platino usato chirurgicamente per ricostruire il suo viso sta uscendo e i medici hanno dichiarato che ha bisogno di interventi chirurgici fuori da Gaza per salvarsi la vita. A Mazyona è stata negata l’evacuazione medica per quattro volte. Le autorità hanno suggerito che l’evacuazione medica potesse avvenire senza che la madre l’accompagnasse. Tuttavia, quando il padre ha tentato di compiere i passi successivi, a Mazyona è stato nuovamente negato.

Elia ha 4 anni. Elia ha 4 anni, i suoi genitori e i suoi fratelli stavano dormendo nella loro casa di Al Nussirat all’inizio del mese scorso, quando una granata è caduta sulla casa vicina, provocando un vasto incendio che ha inghiottito la loro abitazione. Elia ha ustioni di quarto grado. Le è stata amputata una gamba. Più recentemente, a causa dei ritardi nell’evacuazione medica, i medici le hanno dovuto amputare le dita della mano destra. Elia è rimasta in ospedale per 43 giorni. Quando ho incontrato Elia all’inizio del mese, sua madre, Eslam, era nel letto accanto a lei, anch’essa con ustioni di quarto grado. Anche lei aveva bisogno di un’evacuazione medica urgente, sia per le ustioni che per un grave avvelenamento del sangue. Le sue ferite erano ricoperte di funghi. A Eslam è stata negata l’evacuazione medica. È morta due giorni fa, mercoledì. Dopo la morte della madre, Elia ha ricevuto l’approvazione per l’evacuazione medica. Non è stata fornita alcuna data. Visto il numero di casi, è improbabile che ciò avvenga presto. I medici hanno dichiarato di temere di dover presto amputare la mano e l’altra gamba di Elia, 4 anni, se non verrà evacuata.

Atef ha 6 mesi. Sta lottando contro un cancro muscolare e soffre di una grave malnutrizione. Atef ha anche subito l’inserimento di un tubo renale a causa di complicazioni, che hanno ulteriormente peggiorato le sue fragili condizioni. Tuttavia, nonostante la gravità della situazione di questo bambino, come molte migliaia di bambini, le cure mediche adeguate sono vicine, anche se fuori da Gaza. Il mese scorso la madre di Atef, Amal, è stata costretta a evacuare dal nord di Gaza, portando in braccio Atef malato, percorrendo lunghe distanze in circostanze estreme solo per raggiungere l’ospedale di Al Aqsa. Al Aqsa non dispone delle risorse necessarie per curare suo figlio. Senza una casa dove tornare, Amal ha montato una tenda vicino all’ospedale, vivendo in condizioni pericolose e inquinate. Ogni giorno le condizioni di Atef peggiorano e ha urgente bisogno di un’evacuazione medica per accedere a cure specializzate. Atef è l’unico figlio di Amal. Da due mesi aspetta notizie sulla sua richiesta di evacuazione medica. Non si sa quanti bambini siano stati respinti per l’evacuazione medica. Il Cogat di Israele, che controlla i punti di ingresso e di uscita da Gaza, fornisce solo l’elenco dei pazienti approvati. Lo status degli altri non è condiviso. Quando un paziente viene respinto, non si può fare nulla.

Intrappolati nella morsa di una burocrazia indifferente, il dolore dei bambini è brutalmente aggravato. E così, Mazyona, con il volto distrutto e i fratelli morti, o Amal – e la sua disperazione mentre il figlio muore per una malattia curabile – ricevono l’impensabile notizia: “No”. Niente cure, niente antidolorifici, niente scampo. Il Cogat non fornisce motivazioni per i rifiuti.
Tutto questo avviene in mezzo a bombardamenti incessanti, mentre gli ospedali di Gaza sono stati decimati e non sono in grado di curare l’ondata di pazienti bambini. Il personale medico riferisce ripetutamente di carenze urgenti di beni di prima necessità come aghi, cerotti, creme per ustioni, fluidi per endovena e antidolorifici, oltre ad articoli critici come sedie a rotelle, stampelle, apparecchi acustici e persino batterie. Dopo più di un anno di tentativi di far luce sulle atrocità commesse contro i bambini a Gaza, forse è proprio questa la realtà più chiara e più dannosa: ai bambini – profondamente malati – vengono negate le cure mediche che potrebbero salvarli a Gaza, e poi viene loro impedito di partire verso luoghi dove i soccorsi sono in attesa. Ai bambini vengono quindi negate le cure mediche che sono un diritto umano fondamentale, e quelli che sono sopravvissuti a malapena agli spietati bombardamenti sono condannati a morire per le ferite riportate”.

Conclude il portavoce dell’Unicef: «Non si tratta di un problema logistico – abbiamo la capacità di trasportare in sicurezza questi bambini fuori da Gaza. Non è un problema di capacità – in effetti, solo pochi mesi fa stavamo evacuando un numero maggiore di bambini. È semplicemente un problema che viene completamente ignorato». Questa è Gaza. Questo è il genocidio di bambini. Palestinesi.

26 Ottobre 2024

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