Il rapporto Ecri
Caro Mattarella, l’Italia è razzista e la polizia pure: rom e sinti vivono nel Paese una discriminazione sistemica
Dopo l’accusa di razzismo rivolta alla polizia dalla Commissione europea, la destra si è strappata le vesti. Ma la discriminazione non riguarda solo le forze dell’ordine, riguarda tutti
Editoriali - di Dijana Pavlovic
Il recente rapporto dell’Ecri (Commissione Europea contro il Razzismo e l’Intolleranza) ha sollevato un polverone politico in Italia, in particolare per la parte che riguarda la profilazione etnica da parte delle forze dell’ordine nei confronti di rom e sinti. Ma occorre chiarire un punto fondamentale: l’Ecri non è un’organizzazione militante, né una ong di attivisti. È un’istituzione sovranazionale con un’indubbia credibilità, che basa le proprie valutazioni su dati, studi e testimonianze. Le sue raccomandazioni sono non solo ragionevoli, ma necessarie per uno Stato che voglia definirsi civile.
Chiunque abbia minimamente a cuore le questioni di discriminazione e diritti umani sa perfettamente che ciò che è scritto nel rapporto è fondato. Il fatto che oggi sia stata data visibilità a questo documento per motivi strumentali, non cambia la sostanza: i rapporti precedenti, passati sotto il silenzio della politica e dei media, riportavano le stesse criticità. Perché allora la reazione oggi è così violenta? La risposta è legata a un nervo scoperto della politica italiana: la gestione delle forze dell’ordine e il delicato equilibrio tra sicurezza e diritti civili. La sezione del report che parla di profilazione etnica ha provocato una vera e propria levata di scudi, in particolare da parte di esponenti di destra. Le accuse che questa sezione “infanga” la polizia sono state immediate. Ma questa reazione ignora volutamente un capitolo doloroso e documentato della nostra storia recente.
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Nel 2008, con l’Emergenza nomadi del governo Berlusconi, l’Italia ha formalizzato la pratica della profilazione etnica con un decreto che autorizzava il censimento delle persone rom e sinti nei campi, comprese le impronte digitali anche dei minori. Questo decreto è stato successivamente dichiarato illegittimo dal Consiglio di Stato, ma i dati raccolti all’epoca non sono mai stati distrutti, nonostante le nostre richieste ufficiali alle prefetture. Quindi, parlare oggi di profilazione etnica non è un attacco ideologico alla polizia, ma un richiamo ad affrontare un problema strutturale che esiste da anni e va ben oltre, come il rapporto chiarisce bene, il ruolo della polizia, riguardando il più ampio quadro dell’antiziganismo in Italia, un atteggiamento della società nel suo complesso fondato su pregiudizio, discriminazione, discorsi d’odio, violenza di parte dei media e della politica.
Ciò che stupisce e rattrista, tuttavia, è la reazione del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Come presidente di uno Stato democratico, Mattarella dovrebbe sapere che rom e sinti hanno subito un genocidio durante la Seconda guerra mondiale, il Porrajmos, identico nella sua radice razziale alla Shoah degli ebrei. Rom e sinti sono stati internati nei campi di concentramento fascisti in Italia e poi deportati in luoghi come Auschwitz-Birkenau. Eppure, questo genocidio non è riconosciuto ufficialmente dallo Stato italiano. Oggi, rom e sinti sono la minoranza più discriminata in Europa, e una parte significativa vive in condizioni di estrema povertà: un rom su tre in Europa non ha accesso all’acqua potabile. In Italia, nonostante gli articoli 3 e 6 della Costituzione, rom e sinti sono l’unica minoranza non riconosciuta.
Questa discriminazione non è solo una questione storica: oggi le ricerche attestano che l’82% degli italiani ha pregiudizi contro rom e sinti. Logica impone che tra questi, oltre ai cittadini comuni, ci siano anche politici, insegnanti, giornalisti, sindaci e, sì, anche poliziotti. È per questo che le osservazioni dell’Ecri non sono soltanto raccomandazioni burocratiche, ma denunce di un problema reale. Il fatto che per anni l’Ecri abbia continuato a ribadire le stesse posizioni nei suoi rapporti dovrebbe far riflettere: se questa istituzione insiste su un punto, un motivo c’è. E allora, perché le autorità reagiscono con tanto allarme alla proposta dell’Ecri di commissionare uno studio indipendente sulla profilazione etnica? Forse perché temono ciò che potrebbero scoprire. Ma un’indagine indipendente non dovrebbe spaventare uno Stato che voglia garantire i diritti umani a tutti i suoi cittadini. La paura di fare luce su certe pratiche nasconde, in fondo, un timore più profondo: quello di dover ammettere che il razzismo strutturale è un problema reale.
In conclusione, non possiamo ignorare la realtà. Rom e sinti in Italia vivono una discriminazione sistemica e radicata che tocca ogni aspetto della loro vita, dall’accesso ai servizi essenziali alla stessa possibilità di essere riconosciuti come cittadini a pieno titolo. L’Ecri, con le sue raccomandazioni, non fa altro che chiedere il rispetto dei diritti umani fondamentali. Se questa richiesta suscita tanto scandalo, forse è perché alcuni non sono pronti a guardare in faccia una verità scomoda, ma, soprattutto, nascondono la volontà di affrontare il problema alla radice ponendo fine alla strumentalizzazione politica. Questa ennesima denuncia dovrebbe invece mettere le istituzioni di fronte alle proprie responsabilità e stimolarle ad affrontare i nodi di fondo se si vuole evitare che il prossimo rapporto Ecri ci ripeta, magari in peggio, le stesse cose.
Questi nodi riguardano il mancato inserimento del Porrajmos nella legge istitutiva della Giornata della memoria, che cita le vittime della persecuzione nazifascista e dimentica gli oltre 500.000 rom e sinti sterminati in quanto “zingari”, e soprattutto l’esclusione della minoranza storico-linguistica rom e sinta dalla legge 482 del 1999 che riconosce le minoranze etniche in Italia. Queste sono le radici di un antiziganismo istituzionale che impedisce il superamento dello stigma etnico, giustifica le campagne d’odio, la strumentalizzazione politica e infine il sentimento di ostilità della maggioranza nei confronti di tutta la comunità rom e sinta.