Io sono ancora qua
Moise Kean: il “nuovo Balotelli” che si era perso, la rinascita alla Fiorentina per sognare anche l’Italia
Due gol alla Roma, quattro in totale in campionato dopo che l'anno scorso alla Juventus non aveva trovato la rete neanche una volta. Arrivato nel grande calcio come un predestinato sembrava perduto, a soli 24 anni
Sport - di Antonio Lamorte
Per quanto si possa darli per spacciati, li trovi sempre lì, lì nel mezzo, o sulla fascia, o insomma da quelle parti. Passano gli anni e le stagioni, le sessioni di calciomercato o le aste del Fantacalcio, ma niente: non se ne vanno, in qualche modo resistono. Li chiameremmo i “resilienti” se la definizione non fosse stata così abusata in questi anni, arrivando a comparire persino nel piano che dovrebbe salvare l’economia dell’Europa. Ma alla fine quello sono. Calciatori, allenatori, altri attori del mondo del pallone messi in discussione una volta sì e un’altra pure, a volte gratuitamente, a volte a ragione, che però non mollano. E li trovi sempre lì, a dirlo con i piedi e con il fiato: eh già, io sono ancora qua, come canta Vasco Rossi. Questa rubrica è dedicata e ispirata a loro.
A 24 anni appena, un paio di passaggi a vuoto, o non proprio riusciti, e tutto è già compromesso, precluso. A Moise Kean era successa qualcosa del genere. Sembrava potesse essere il nuovo volto del calcio italiano: precoce, fisicamente devastante, opportunista, spietato come un’attaccante dev’essere, dal carattere spericolato – che non guasta mai, a livello di notorietà. E però poi era diventato il “nuovo Balotelli” per i giornali, niente gol, male le prestazioni. Kean si era perso: era diventato quello che alla presentazione non trovava mai il bersaglio dei gonfiabili al Viola Park – ma solo per far vincere i bambini, aveva spiegato la società.
- Paulo Fonseca: l’allenatore del Milan, leader silenzioso cui non “frega un casso” anche se ti chiami Leao
- Pedro: il campione che ha vinto tutto decide Lazio-Empoli, ancora prontissimo a 37 anni, un esempio
- Matteo Politano: il funambolo disciplinato che ha conquistato Conte, con Neres sarà un duello
- Essere Zemaniani: il culto dell’allenatore Boemo, il calcio in direzione ostinata e contraria del “mio amico Zdenek”
Assurdo, ma le sue prime prestazioni, con la maglietta della Juventus, allora dominante in Serie A, risalgono a otto anni fa. Era cresciuto a giocare in oratorio prima di passare all’Asti. Quindi il Torino, allora la Juventus. Alla sua terza partita in Campionato divenne il primo calciatore nato nel 2000 a segnare in uno dei cinque campionati top in Europa. L’anno all’Hellas Verona prima di tornare alla Juve: sei gol nella seconda parte della stagione. Segnava in tutti i luoghi, in tutti i laghi. E a Cagliari quell’esultanza a mani aperte verso gli insulti razzisti dei tifosi. Anche questo era Kean, con le sue origini ivoriane: una nuova Italia.
Per niente azzeccato il passaggio all’Everton, nel 2019. Due gol in 31 partite. Al Paris Saint Germain invece 17 gol in 41 partite tra tutte le competizioni: passaggio riuscito a metà, per niente da buttare ma a Parigi, nella squadra delle stelle, non poteva esserci futuro. Alla Juventus aveva ritrovato Massimiliano Allegri ma anche una Juventus completamente diversa. E lui che veniva dirottato dal centro dell’attacco alla fascia fino alla panchina. Zero gol in 20 partite nella stagione 2023/2024.
A Firenze gli hanno offerto la continuità, la centralità che non avrebbe avuto altrove. Ci è arrivato per 13 milioni più cinque di bonus. L’allenatore Raffaele Palladino prova a sfruttarne ogni capacità, che partono sempre da un dato fisico eccezionale. A Kean chiede di venire incontro, proteggere la palla, di giocare spalle alla porta ma anche di attaccare la profondità. E Kean, che potenzialmente può fare tutte queste cose, ha ritrovato anche il feeling con la Nazionale: gol contro Israele – non gli succedeva da tre anni – e considerazione da parte di Luciano Spalletti.
Non può essere come otto anni fa: quando si parlava senza messi termini di un fenomeno, di un talento – e con quei numeri, a quell’età, era più che legittimo – ma a Firenze sembra essersi rigenerato. Contro la Roma, pronti via e scambio di tacco con Beltrán, che gliel’ha restituita di nuovo, controllo in corsa e buca d’angolo di sinistro. Il secondo facile facile dopo azione personale di Bove. Con la doppietta ai giallorossi sono quattro gol in campionato.
La classifica di Serie A alla nona giornata
La copertina non può che prendersela Inter-Juventus: 4-4 a San Siro. Erano anni che non si vedeva un big match così spettacolare. E a chi parla di erroracci, di difese inguardabili, errori macroscopici: avrete anche ragione ma meglio l’imperfezione delle emozioni, dello spettacolo, che la perfezione dello 0 a 0. Che la Serie A non è la Premier League era già chiaro a tutti. La seconda notizia è che con il pareggio di Milano e la vittoria del Napoli in casa contro il Lecce, gli Azzurri di Antonio Conte sono primi con quattro punti di vantaggio. Ma sarà domani che si comincerà a fare sul serio, contro il Milan a San Siro. I Rossoneri ci arrivano con una partita in meno dopo il rinvio della partita di Bologna. Goleada dell’Atalanta che sembra aver trovato il passo degli ultimi anni, benissimo anche la Lazio. A picco la Roma dopo l’imbarcata di Firenze. Il turno infrasettimanale e poi subito quello successivo del week end faranno tremare panchine.