I dati del dossier
Migrazione, i dati Idos sui flussi: non c’è nessuna invasione, contrariamente alla propaganda di Salvini e Meloni
Non c’è nessuna invasione. Contrariamente alla propaganda di Meloni e Salvini, dal 1990 continua a migrare ogni anno il 3% della popolazione mondiale. Ma negli ultimi 20 anni è boom di partenze forzate: i profughi erano 20 milioni nel 2000, oggi sono 118 milioni
Cronaca - di Stefano Galieni
Da 34 anni, ad ottobre, viene presentato in molte città italiane lo strumento più prezioso per chi si occupa di immigrazione, il Dossier Statistico, realizzato dal centro studi e ricerche Idos in collaborazione con il Centro Studi Confronti e l’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”.
L’edizione del 2024, è presentata oggi in un volume di oltre 500 pagine, è frutto della collaborazione di oltre 100 esperti in materia e ha affinato una sua specificità. Offre dati numerici, in un quadro nazionale ed internazionale, utili a smontare la disinformazione operata da una imprenditoria politica e mediatica della paura, ma poi riesce a trasformare le cifre in questioni, in persone vive in una società complessa. È una cassetta degli attrezzi utile a interrogarsi su quelle che potrebbero essere – e quasi mai sono – le politiche da attuare, per mettere a valore la mobilità circolare delle persone, non solo nelle ripercussioni economiche ma sociali e culturali e per risolvere, realmente, i problemi che si presentano.
Molte percezioni, ormai senso comune, ignorano che l’incidenza delle migrazioni internazionali non è cambiata, dal 1990, attestandosi al 3% della popolazione del pianeta. Aumentando la popolazione, cambiano solo i dati assoluti. Nel 2023 circa 300 milioni di uomini e donne risiedevano in un Paese diverso da quello di provenienza e 183 milioni ne avevano acquisito la cittadinanza. Il saldo dei flussi migratori verso il Nord del mondo ha segnato un + 2% nel 2023. Ma guardando al mondo che verrà, nel 2050 la popolazione mondiale sarà di 9,7 miliardi e aumenteranno di 859 milioni quelle/i in età lavorativa. A un calo della forza lavoro nei paesi “ricchi”, corrisponderà un aumento in quelli in via di sviluppo, con conseguente diversa distribuzione delle capacità produttive.
Sono in aumento le migrazioni forzate, (20 milioni nel 2000, 117,3 milioni alla fine del 2023), 68 milioni gli sfollati interni, 38,5 milioni coloro che chiedono asilo o protezione. I riflettori accesi sul Medio Oriente, ci rammentano che sono oltre 6 milioni i rifugiati palestinesi e i loro discendenti, dal 1948, nei campi profughi di Gaza, (1,2 mln), in Cisgiordania, Libano, Siria e Giordania, che sopravvivono grazie all’Unrwa. Da segnalare i 5,8 mln di venezuelani fuggiti e i 7,7 mln di ignorati, rifugiati ambientali. L’emigrazione forzata si condensa in Siria, 13,8 milioni (molti sfollati interni), Afghanistan (10,9), Sudan (10,8), Ucraina (9,7). Nel 2023 sono state accolte circa 2,8 milioni di richieste di asilo, 1,7 milioni delle quali hanno portato ad ottenere lo status di rifugiato. Sono migrazioni per il 70% dovute a crisi alimentari, spesso connesse ai conflitti. La Fao definisce almeno 2,3 miliardi a rischio di malnutrizione, di cui 733 milioni alla fame certa. Avviene perché 1,4 miliardi della popolazione detiene quasi il 50% del Pil, una distribuzione diseguale mai raggiunta. L’unica compensazione per i 5,6 miliardi di chi vive nei paesi poveri si basa sulle rimesse migratorie, 656, miliardi di dollari.
Con questi dati globali si può parlare dell’Italia. Da noi le rimesse, in calo dello 0,4% ammontano a 8,2 miliardi di euro. Il “Piano Mattei” con cui si intende aiutare “a casa loro gli africani”, con rapporti di partenariato, ha invece come unico scopo quello di limitare l’immigrazione. Il Dossier entra nel vivo definendo le politiche UE, “cieche e basate sulla sindrome dell’insicurezza” critica le misure attuate contro chi, in assenza di meccanismi di ingresso sicuro, è costretto a rotte “illegali”, pericolose, che stracciano i diritti umani e fanno aumentare le vittime. Un cardine di tali politiche è il New pact on migration and asylum, approvato dal Parlamento UE nel 2024 non ancora in vigore che, considera gli arrivi una minaccia, limita gli ingressi, determina la detenzione dei richiedenti asilo e si avvale dei rimpatri come unico strumento d’azione.
Il Dossier Idos, parla di “chiusura ermetica dei confini” attraverso il rafforzamento di Frontex e con l’antica ricetta di esternalizzazione delle frontiere di cui il recente patto italiano con l’Albania è esempio. Se in una ricerca come questa si usa il termine “necropolitica” con cui l’UE stabilisce chi ha diritto alla vita e chi no, si ha l’idea dell’impatto tragico delle decisioni prese. Per paradosso l’Unione deve affrontare una carenza della forza lavoro, dovuta all’invecchiamento della popolazione. La competizione internazionale rende difficile attrarre manodopera qualificata e, nel contempo la xenofobia di una parte consistente degli attori politici ignora, in nome dei confini da difendere, la catastrofe economica verso cui si guida il continente. E l’invasione non esiste: nel 2023 sono stati rilasciati 3,5 milioni di permessi di soggiorno e sono stati registrati 385 mila “ingressi illegali” in rapporto ai 450 milioni di abitanti della parte più ricca del pianeta.
Si arriva in maniera non autorizzata soprattutto dalla Siria, 107.830 persone e poi da Guinea, (21.963) e a seguire Senegal, Afghanistan e Tunisia, attraverso le rotte balcaniche e del Mediterraneo Centrale. In forte crescita sono gli arrivi dall’Africa Occidentale – rotta atlantica – la più letale con 6618 morti accertati nel 2023. In 10 anni il numero certo di persone morte in mare è di 30.294, 3.155 solo nel 2023 e 1.390 nei primi 8 mesi del 2024. Un calcolo per difetto. Altrettante sembrano essere le vittime di naufragi non intercettati, senza dimenticare chi ha lasciato la vita nel Sahara (608 certificati, dal 2023 all’agosto 2024).
Ma Idos concentra gran parte delle ricerche sull’Italia, sui 5,3 milioni di persone immigrate regolarmente presenti, analizzando provenienza, occupazione, inefficacia delle politiche di ingresso legale per lavoro (i click days), le violenze rinnovate o attuate attraverso accordi con Paesi come Libia e Tunisia, lo scivolamento da una logica di protezione ad una di detenzione, il deterioramento delle politiche di accoglienza, lo sfruttamento lavorativo e le difficoltà di inserimento, le prospettive delle nuove generazioni. E, da ultimo, un dato facile da comprendere. Il cinico rapporto benefici/costi, legato alla presenza migrante porta ad un saldo positivo di 3,1 miliardi di euro nelle casse dello Stato, che potrebbero aumentare combattendo il lavoro nero. Il volume di quest’anno del Dossier ha un titolo “Le migrazioni in un mondo sempre più inabitabile”. E pensare che ancora c’è chi strepita di “pacchia che è finita”.