Come il cacio sui maccheroni. Oppure come la grappa dopo il caffè. L’uso politico della giustizia e l’infinità emergenza italiana vanno insieme ormai da quasi mezzo secolo. E scatenano aspri scontri e polemiche. Ma a volte c’è la classica eccezione che conferma la regola. Per esempio l’ultimo clamoroso caso di uso politico della giustizia ha messo tutti d’accordo.
Parliamo del rinvio a giudizio degli ex dirigenti delle Brigate rosse Renato Curcio, 83 anni, Lauro Azzolini, 81 anni e Mario Moretti, 77 anni, per il concorso nell’omicidio del carabiniere Giovanni D’Alfonso alla Cascina Spiotta in occasione della liberazione di Vittorio Vallarino Gancia, l’imprenditore sequestrato a scopo di finanziamento della lotta armata quando rimase uccisa anche Mara Cagol. Stavolta la magistratura, soprattutto quella associata sempre vociante, e la politica non litigano. I politici non litigano con le toghe e neanche tra loro.
A fronte di intercettazioni chiaramente farlocche senza autorizzazione del gip, con motivazione surreale del gup (“inchiesta contro ignoti”), nessuno dice nulla. Come sulla vecchia sentenza di proscioglimento revocata perché scomparsa durante un’alluvione nel 1994. Revocata senza poterne prendere visione, leggerla. A meno che non sia stata interpretata attraverso una seduta spiritica sul modello di mister Gradoli al secolo Romano Prodi.
Se questi pm della procura antiterrorismo di Torino, competenti su un fatto della provincia di Alessandria avvenuto quando le Dda non esistevano, avessero buon senso e fossero in buona fede, ci sarebbe da chiedersi come abbiano fatto a laurearsi e a superare il concorso in magistratura. Ma si tratta di magistrati esperti e preparati. Il problema loro sta nel fatto che combattono contro il fantasma di un fenomeno del passato per incidere sullo scontro sociale politico di oggi, che a causa della crisi economica potrebbe aggravarsi. Non solo per criminalizzare ulteriormente gli anni 70 e tribunalizzarli in maniera definitiva, ma per lanciare moniti a chi lotta oggi contro le disuguaglianze: non ci provate perché se no sarete perseguiti e perseguitati fino alla tomba. Come gli ottantenni di oggi.
Chiudiamo con le parole di Davide Steccanella, avvocato di Azzolini e storico di quel periodo: “Curcio 50 anni dopo a giudizio per aver messo in conto e voluto una sparatoria in cui gli hanno freddato la moglie. Dovevano contestargli l’uxoricidio a sto punto”.