La rubrica Sottosopra
Violenza e ipocrisia, il tartufismo intellettuale di Galli Della Loggia per il suo “democratico” Israele
L'edificazione dello Stato palestinese è condizione imprescindibile perché anche Israele possa vivere in pace. Come si fa a non capire che, altrimenti, la guerra sarà permanente in Medioriente, con minaccia continua alla pace mondiale?
Editoriali - di Mario Capanna
Tocca a noi risolvere il problema della convivenza fianco a fianco dei nostri fratelli arabi in una forma aperta, generosa e degna. Ci è offerta qui l’occasione di dimostrare che cosa il popolo ebraico ha imparato in migliaia d’anni di martirio.
(A. Einstein)
Ho trovato l’articolo di fondo di Ernesto Galli della Loggia, sul Corriere della Sera del 31 ottobre, decisamente accattivante: più che per il titolo (“Violenza e giudizio storico”) per l’occhiello che lo sovrastava (“Democrazie e guerre”), entrambi finalizzati a fare presagire contenuti di ragguardevole spessore. Parte, il Nostro, da una domanda cruciale: “Può un Paese democratico, com’è senza dubbio Israele, e sia pure nel corso di una guerra, usare la violenza in modi che spesso appaiono smisurati e perciò crudeli?” Prima di arrivare alla risposta che, preannuncio, sarà notevole, l’editorialista si inginepra su sentieri scivolosissimi.
Ricorda in primo luogo che “la democrazia europea occidentale è nata dalla vittoria riportata dai ‘buoni’ contro i ‘cattivi’ in una guerra terribile [la seconda mondiale, n.d.r.] in cui il maggior numero dei morti non si è verificato tra i soldati ma tra i civili”. Della serie: il massacro di civili palestinesi – e libanesi – ha avuto… illustri precedenti… Ovvero: la carneficina perpetrata da Israele non equivale a quella provocata dai feroci bombardamenti… “democratici”… degli alleati sulla Germania hitleriana? Si è maliziosi a cogliere il suggerimento, che traspare dalle parole del Nostro, o è lui incauto a farcelo balenare? Non c’è dubbio: non siamo noi gli smaliziati malandrini.
Ce ne dà lui conferma, rammaricandosi per il fatto che il giudizio sulla violenza dei popoli e degli Stati “da storico e politico che era in precedenza (…) sempre più si è trasformato in giudizio etico-giuridico. Convincendoci di conseguenza che sia solo il diritto – incarnato nelle leggi, nei trattati e nelle organizzazioni internazionali con i relativi tribunali – a poter definire che cosa è giusto e che cosa non lo è”. Di fronte a questa palese… involuzione culturale… dell’umanità, il nostro pensatore ci raccomanda di tornare al passato, “affidando il giudizio ultimo”, sulla violenza e sulle sue conseguenze, “non a un tribunale, ma solo alla storia” (corsivo mio). Ohibò! Sicchè, ad esempio, il tribunale di Norimberga, che giudicò e condannò i criminali nazisti, non avrebbe dovuto esserci e solo la storia – la Storia! – avrebbe potuto e dovuto pronunciarsi su di loro.
Posto che la violenza – come l’amore e l’aspirazione alla pace – è nell’uomo, e dunque nelle società e negli Stati – compresi quelli “democratici” – l’evoluzione della coscienza individuale – e di quella collettiva della grande famiglia umana – può e deve tendere a far sì che trionfi la nonviolenza, così nei rapporti interpersonali come in quelli fra cittadini e istituzioni. Questo significa che la politica non può mai prescindere dall’etica – il grande Immanuel Kant non si stancava di sottolineare che “la vera politica non può procedere di un passo senza avere prima reso omaggio alla morale”. Rovesciando il detto popolare, si può dire che Galli della Loggia parla di suocera perché nuora intenda… Ovvero: “Un Paese democratico, com’è senza dubbio Israele”…
Ora: in Israele esiste certo la democrazia formale, ogni tanto si vota per eleggere chi farà finta di occuparsi dei problemi del popolo. Ma: è realmente “democratico” un Paese che ha il record mondiale di violazioni delle risoluzioni dell’Onu? Che non ha fissato i propri confini, cercando di estenderli a ogni piè sospinto con la guerra, pensando di costruire l’Eretz Israel (il Grande Israele) su tutta la Palestina, dal fiume Giordano al mare? Che vede al suo interno cittadini di serie A (ebrei) e B (arabi israeliani) e pratica un’apartheid sanguinosa in Cisgiordania? Che, per ogni vittima israeliana del 7 ottobre (2023), ha ammazzato ben più di dieci civili palestinesi, solo a Gaza, andando così molto al di là della orrenda idea della decimazione?
Non occorre proseguire nell’elenco, che potrebbe allungarsi di molto. E siccome sarebbe un Paese “democratico”, come il loro principale protettore statunitense che gli garantisce ogni impunità, la sua… democratica violenza… non va giudicata da un tribunale – come la Corte penale internazionale e la Corte internazionale di giustizia – “ma solo dalla storia”… Ossia: la comoda, totale impunità, che grida vendetta al cielo. Gravato dal suo elmetto, il Nostro, ovviamente, non ha la decenza di spendere una parola a favore della edificazione dello Stato palestinese, condizione imprescindibile perché anche Israele possa vivere in pace. Come si fa a non capire che, altrimenti, la guerra sarà permanente in Medioriente, con minaccia continua alla pace mondiale?
Sono amici di tal fatta che danneggiano Israele più dei suoi aerei e carri armati.
Caro Ernesto, mi è davvero difficile trovare un esempio di tartufismo intellettuale pari al tuo. Credimi: non è un’offesa, ma una constatazione obbligata indotta dalle tue parole.