Il vicepresidente Pd alla Camera

Intervista a Toni Ricciardi: “Manovra? Se l’avesse fatta il Pd, Meloni avrebbe urlato: servi dell’Europa!’”

Le alleanze? «Dai 5stelle alle altre forze che si immaginano in questo campo, siamo d’accordo che questo governo fa solo danni? Allora non c’è ragione di non pensare a convergenze, che passano attraverso il rispetto reciproco»

Interviste - di Umberto De Giovannangeli

5 Novembre 2024 alle 09:00

Condividi l'articolo

Photo credits: Andrea Panegrossi/Imagoeconomica
Photo credits: Andrea Panegrossi/Imagoeconomica

Toni Ricciardi, Vicepresidente del Pd alla Camera e membro della Direzione nazionale Dem: mercoledì si presenterà alla Camera il libro dello storico Paolo Barcella Scolari ospiti -edito da Biblion- che contiene anche un suo intervento.
L’ultimo lavoro di Paolo Barcella si interroga sul tema dell’istruzione dei figli in migrazione, consegnandoci una serie di chiavi di lettura del fenomeno quanto mai attuale, in un paese come il nostro in cui si fatica a costruire una strategia di integrazione e di inclusione delle nuove generazioni. Focus la Svizzera, dove vive la terza comunità italiana nel mondo e oltre la metà dei quasi 700mila italiani sono divenuti doppi-cittadini. Il libro di Barcella analizza che ruolo ha avuto il percorso scolastico e come questo strumento, che a prima vista poté sembrare ghettizzante (essendo scuole italiane) in realtà abbia aperto al processo di integrazione, tanto da portare quella generazione a richiedere il completamento, appunto, del processo di integrazione stesso, attraverso l’acquisizione di una nuova cittadinanza. La ricostruzione storica è intrecciata a una riflessione su centinaia di scritture scolastiche con l’obiettivo di cogliere da un lato i loro vissuti, dall’altro i riflessi delle trasformazioni sociali e culturali che hanno attraversato la comunità italiana nella Confederazione Elvetica.

Proprio sulle migrazioni si costruisce la narrazione securitaria del governo. Una narrazione che si sta spingendo anche oltre evocando un pericoloso scontro tra poteri dello Stato.
Nessuno, e dico nessuno, né un ministro, né la presidente del Consiglio di qualsiasi democrazia è e può ritenersi al di sopra della legge. Se un giudice chiede un’interpretazione autentica, in ambito amministrativo, fiscale o penale, assolve al proprio dovere, a tutela di tutti e non di una parte. L’equilibrio tra poteri non è immaginato costituzionalmente sottoponendo l’uno all’altro, ma mettendoli sullo stesso piano. Ma questo il governo lo sa. Non sanno, invece, come gestire un fenomeno strutturale nonostante avessero creato grosse aspettative. Sono passati dal blocco navale, al bombardare i barchini, a rincorrere sul globo terraqueo e nello spazio i trafficanti di essere umani, agli appalti ad affidamento diretto in Albania. Più volte avevamo chiesto come immaginassero di effettuare il riconoscimento in nave delle persone, sono rimasti afoni. Poi, bruciano 800 milioni di euro, per generare non più di 180 nuove assunzioni, quando avrebbero potuto gestire il fenomeno in Italia, generando 3-4.000 nuovi posti di lavoro (personale medico, forze dell’ordine, giuristi, mediatori culturali, inservienti, ecc.), affrontando la vera emergenza migratoria del paese che continua ad avere un’emigrazione di oltre 100mila giovani e meno giovani che vanno all’estero ogni anno. Comprendo le difficoltà strutturali di questo governo. Se per anni ha usato la migrazione come una clava, alimentando la paura delle persone e creando un clima d’odio verso l’altro, quando tocca te e non sai come fare, ti inventi un reato alla settimana. I problemi però restano, poi qualcuno dovrà risolverli.

A proposito di problemi da risolvere, come immaginate di risolverli, con il campo largo? Siete ancora convinti sia possibile un’alleanza strutturale con il M5S?
Parlavamo prima di convivenza ed integrazione, lo stesso vale per la politica. Non è una questione di sigle, ma di mondi che i partiti rappresentano. Il M5S ha avuto, in passato, la capacità di rappresentare, in un alveo istituzionale, il disagio delle persone. Certo, lo ha fatto con i propri modi e toni, ma ha saputo rappresentare un pezzo di popolo. Vive una difficoltà oggettiva di riposizionamento, ma fa indubbiamente parte di questa parte del campo. D’altronde la politica cos’è, nella sua aspirazione massima? Trovare le convergenze le più ampie possibili, tra partiti e movimenti, sindacati, istanze sociali, su temi in grado di dare risposte alle persone. La politica è un’azione collettiva, non individuale. È l’individuazione di un percorso dei tanti, non il destino di pochi. Da questo punto di vista, salario minimo, lavoro dignitoso, autonomia differenziata, sanità pubblica, politiche industriali, istruzione e diritti, sono già temi che ci uniscono da tempo e non solo con il M5S. In questo senso, l’essere testardamente unitari, non è uno slogan che Elly Schlein ripete quotidianamente, con i fatti ed i comportamenti, ma un metodo di costruzione di un percorso collettivo. Ripeto, le convergenze vanno trovate tra diversi, solo così si può ambire a rappresentare la società, fatta di complessità, di classi e ceti sociali i cui interessi confliggono tra loro, ed è qui che la politica serve a trovare i punti di equilibrio. Altrimenti l’alternativa è la destra, che tende a voler annullare le differenze, che pur persistono, scegliendo di favorire i soliti e dando in pasto a chi soffre un nemico nuovo al giorno da incolpare del proprio crescente malessere. Sfoghi la rabbia, ma poi i problemi restano sempre lì.

In questo quadro oggi si può vincere senza il contributo dei moderati? Ritenete di averli lasciati alla destra?
Il PD è un partito, dalla sua fondazione, che vede la presenza di persone e tradizioni che vengono dal cattolicesimo democratico, come dal socialismo riformista e dalla storia della sinistra. Noi stessi siamo figli di un percorso lungo, a volte tortuoso, che ha fatto sì che mondi che convergevano parallelamente si mettessero insieme lungo un percorso durato decenni. Detto questo, il discorso per il M5S vale anche per tutti gli altri partiti che si immaginano in questo campo da gioco. Non si tratta di costruire una semplice alternativa di governo, ma una visione diversa per il paese. Siamo d’accordo che le politiche di questo governo hanno fatto e continuano a provocare danni a questo paese? Siamo d’accordo che abbiamo un enorme problema del potere di acquisto? Concordiamo sul fatto che si sta ampliando sempre di più la fascia di persone che pur lavorando vivono a ridosso della soglia di povertà? Che non si sta facendo nulla in termini di innovazione e ricerca? Se concordiamo, allora non ci sono ragioni per non immaginare convergenze che passano inevitabilmente attraverso il rispetto reciproco. Il passato non si può cambiare, se ne può approfondire l’analisi, ma sempre passato resta, il futuro invece, lo si costruisce, possibilmente insieme.

Come giudica la legge di bilancio che sta avviando il suo iter parlamentare?
Se l’avessimo fatta noi, Giorgia Meloni avrebbe chiamato la piazza, accusandoci di esserci fatti dettare la manovra dai tecnocrati di Bruxelles. La cornice è quella della non crescita, praticamente un virtuale +0,5 fino a raggiungere lo 0,0. Si continua con i tagli verticali ai ministeri, che significa meno servizi, si aumentano le tasse per il 70% dei contribuenti, ovvero coloro che pagano le tasse, e si amplia l’elusione per le solite categorie. D’altronde, anche la scarsa adesione al concordato che scadeva il 31 ottobre testimonia come non abbiano contezza delle difficoltà delle categorie economiche. Per coprire le follie creative, il Ponte sullo stretto, l’Albania, fanno cassa sulle spalle della gente: tagliano le detrazioni fiscali; aumentano il canone Rai avendo perso pubblico e pubblicità; tagliano 8.000 unità di personale scolastico; riducono di 4 miliardi le risorse agli enti locali; disinvestono sulla sanità, risorse mai così basse negli ultimi 15 anni, tanto che medici e personale sanitario scenderanno in piazza; tagliano 4,5 miliardi alle politiche per la tutela del territorio, negando il cambiamento climatico e nel frattempo aumentano le catastrofi; tassano nuovamente la casa degli italiani; e fanno passare un prestito bancario per tassa sugli extraprofitti. Come se non bastasse, sulle pensioni, si superano: aumentano di 3 euro, dico 3 euro, le pensioni minime, 10 centesimi al giorno, e nel frattempo bloccano in “via eccezionale” fino al 2034 la rivalutazione dell’indicizzazione per i pensionati che vivono all’estero, per incassare 8 milioni in più l’anno, 80 in dieci anni, i soldi che hanno buttato per gli appalti diretti in Albania. L’anno scorso hanno inoltre distrutto l’unica misura che favoriva il rientro dall’estero togliendo i vantaggi fiscali per chi rientra al Sud, tagliando il carico familiare che consentiva 3 anni in più per minore a carico, alla faccia delle politiche per la famiglia, e questa volta vietano l’accesso alla disoccupazione (180 giorni, non 180 anni) per chi una volta rientrato ha perso il lavoro. Se a tutto ciò aggiungiamo l’incapacità di mettere a terra il Pnrr, servono altre ragioni per immaginare un centrosinistra unito che costruisca un’alternativa nel paese?

Tra qualche ora conosceremo il nome del 47esimo presidente degli Stati Uniti. Una campagna elettorale durissima. Se vincesse Trump?
L’Europa rischierebbe moltissimo. Ha già dichiarato l’aumento dei dazi doganali per le importazioni negli Usa, inclusi i nostri prodotti; stralcerebbe ogni possibile misura di salvaguardia dell’ecosistema del pianeta, aumentando l’uso dei combustibili fossili invece di accompagnare una transizione non più procrastinabile. Sul versante del conflitto sociale, sdoganerebbe definitivamente i nipoti del Ku Klux Klan, che trovano nel suprematismo bianco la loro massima espressione; riporterà indietro il paese di 50 anni sul versante dei diritti all’emancipazione femminile. Inoltre, stiamo parlando di un possibile presidente che ha tentato di sovvertire i risultati delle urne, minando i delicati equilibri democratici, rischiando di creare un precedente molto pericoloso per tutti i sistemi democratici. Infine, sul versante della politica estera, cosa accadrà alla Nato, ai crescenti e sempre più tragici scenari di guerra nei quali non si riesce a trovare una soluzione di pace? E in Ucraina, e in Medio Oriente? Uno scenario che non oso nemmeno immaginare.

5 Novembre 2024

Condividi l'articolo