“Per colpa di alcuni giudici comunisti che non applicano le leggi, il paese insicuro ormai è l’Italia. Ma noi non ci arrendiamo”. Questo il commento del vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini all’ordinanza del tribunale di Catania che non ha applicato il decreto governativo sui paesi sicuri perché in contrasto con le norme europee. E proprio per protestare contro i continui attacchi politici, e mediatici, verso le decisioni di alcuni giudici ritenute non conformi alla volontà della maggioranza e del Governo, ieri la magistratura si è riunita numerosa e compatta all’assemblea straordinaria di Bologna.
L’assemblea Anm a Bologna
Nella Sala delle Colonne del Tribunale civile posti in piedi per la copiosa presenza anche di cittadini, rappresentanti dell’accademia e del direttivo della camera penale bolognese giunti per manifestare vicinanza alla magistratura. Le toghe si sono riunite dopo che il giudice del tribunale di Bologna, Marco Gattuso, presidente del collegio che ha rinviato alla Corte di giustizia Ue il decreto ‘Paesi sicuri’, bloccando il rimpatrio di un 30enne del Bangladesh, è stato pesantemente contestato soprattutto sul piano personale dalla maggioranza di Governo e una parte della stampa. Gattuso non ha partecipato all’evento ma ha inviato una lettera in cui tra l’altro ha detto: “In questione non è la vicenda che mi ha riguardato ma ciò che è accaduto in questi giorni al diritto di ogni persona che il proprio giudice sia imparziale e libero da qualsiasi condizionamento”. La riunione delle toghe è stata aperta da un intervento del presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia: “In questa sala stracolma vedo una composta indignazione perché la giurisdizione merita rispetto come condizione necessaria affinché possa esplicitare la propria funzione a beneficio di tutti. Scavare negli archivi per trovare un magistrato cattivo, nemico del popolo e comunista significa spostare l’attenzione dal provvedimento alla persona per consegnarlo all’opinione pubblica. Non abbiamo paura, non ci facciamo intimidire ma non cerchiamo lo scontro, difendiamo solo il diritto senza condizionamenti”.
La Cassazione si pronuncerà il 4 dicembre dopo il ricorso del Governo rispetto alla prima decisione di qualche settimana fa del Tribunale civile di Roma sui migranti in Albania. Intanto ieri, come dicevamo, il Tribunale di Catania ha disapplicato senza rinvio alla CGUE il dl Paesi sicuri, non convalidando il trattenimento disposto dal questore di Ragusa di un migrante arrivato dall’Egitto, che a Pozzallo ha chiesto lo status di rifugiato. Per il giudice l’Egitto non è un Paese sicuro perché “esistono gravi violazioni dei diritti umani che, in contrasto con il diritto europeo, persistono in maniera generale e costante e investono non soltanto ampie e indefinite categorie di persone ma anche il nucleo delle libertà fondamentali che connotano un ordinamento democratico e che dovrebbero costituire la cornice di riferimento in cui inserire la nozione di Paese sicuro secondo la direttiva europea”. Mentre il 31 ottobre il Tribunale di Roma, sezione immigrazione, rispetto al diniego di protezione internazionale ad un cittadino del Bangladesh (uno dei dodici che era tra i primi trattenuti in Albania e poi riportato in Italia) da parte della Commissione territoriale ha predisposto un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia europea chiedendo se un Paese può essere definito tale da una norma nazionale primaria e se sia tale anche se alcune categorie di persone vedano lesi alcuni diritti e siano in pericolo.
Tornando all’assemblea dell’Anm sono arrivati nel capoluogo emiliano anche i vertici dei gruppi associativi. Per Area, il segretario Giovanni Zaccaro che ha dichiarato: “Sono venuto alla assemblea di Bologna per esprimere la solidarietà di area dg ai colleghi della sezione protezione internazionale. Solo perché hanno fatto il loro lavoro, a tutela dei diritti, sono stati vittime di un’aggressione mediatica, spinta fin negli affetti più intimi e riservati, ed aggravata dalle contestuali accuse mosse da alte cariche istituzionali”. Per Unicost, ha parlato la presidente Rossella Marro: “Esprimo piena solidarietà ai colleghi bolognesi, destinatari di attacchi strumentali da alte cariche dello Stato, per essersi limitati ad esercitare la giurisdizione, facendo ricorso all’istituto del rinvio pregiudiziale alla corte di giustizia espressamente previsto dal nostro ordinamento. Addirittura si è arrivati ad attaccare un giudice non per una decisione di merito ma per l’esercizio della facoltà di investire la Corte di giustizia sull’interpretazione di una norma giuridica, facoltà che manifesta l’estrema cautela usata dai giudici italiani nell’approcciarsi al tema dei migranti. Ignobili risultano infine gli attacchi personali che, scandagliando la vita privata di chi è chiamato a decidere, ledono la dignità e l’onore dei destinatari. Apprezzo la decisione dei consiglieri del Csm che hanno chiesto oggi l’apertura di una pratica a tutela, peccato che anche questa volta non si è raggiunta l’unanimità nella componente dei consiglieri togati”.
Magistratura democratica invece ha visto l’intervento del membro del Comitato direttivo centrale (Cdc) Stefano Celli: “Dobbiamo spiegare con ostinata ragionevolezza che spetta all’ordine giudiziario interpretare la legge, applicarla, tutelare i diritti. Di chiunque”. Presenti anche i membri del Csm Antonello Cosentino, Andrea Mirenda, Roberto Fontana, Mimma Miele e l’esponente di Area del Cdc Rocco Maruotti. Bisogna registrare ancora una volta il distinguo di Magistratura Indipendente. Da un lato ieri mattina i vertici Claudio Galoppi e Loredana Micciché in una nota hanno dichiarato: “Ci esprimiamo per la difesa incondizionata del magistrato che, nell’esercizio legittimo delle proprie funzioni, sia oggetto di attacchi personali ingiusti, che ledono la sua dignità, da qualunque fonte provengano”. E infine “esprimiamo solidarietà al magistrato colpito da illazioni giornalistiche che attengono a sfere di vita individuale privatissime, che nulla hanno a che vedere con la decisione assunta nell’esercizio delle funzioni”.
Dall’altro lato però al Csm MI, dopo che la settimana scorsa non aveva sottoscritto la pratica a tutela per la giudice Albano, ieri si è spaccata per quella a favore di Gattuso. Tutti i togati di Palazzo Bachelet – insieme ai laici Ernesto Carbone (Italia Viva), Michele Papa (M5S) e Roberto Romboli (Pd)- tranne alcuni di MI hanno presentato una richiesta di pratica a tutela per il Collegio di Bologna e per Gattuso. Si legge, nell’atto dei consiglieri, che la decisione “ha formato oggetto di dichiarazioni fortemente polemiche di titolari di altissime cariche istituzionali; dichiarazioni in nessun modo correlate al merito delle argomentazioni giuridiche sviluppate nell’ordinanza e gravemente delegittimanti dei magistrati che l’hanno pronunciata e di tutta la magistratura”.
“Questa situazione determina una inaccettabile pressione sui giudici che hanno emesso l’ordinanza suddetta e un obiettivo condizionamento per quelli che in futuro si dovranno occupare delle medesime questioni; essa, pertanto, vulnera l’indipendenza dell’intera magistratura. Si impone, quindi, una richiesta urgente di apertura di pratica a tutela”. Invece tre esponenti di MI Luisa Mazzola, Vittoria Marchianò e Bernadette Nicotra ne hanno presentato un’altra dai contenuti diversi motivandola così: “Abbiamo presentato una richiesta di apertura di pratica a tutela del dott. Gattuso, originata dalla volontà di garantire una tutela piena dell’indipendenza della giurisdizione e della intangibilità della vita privata di ciascun magistrato, al di là di qualsiasi strumentalizzazione e contrapposizione di tipo politico”.