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Hey Joe, il ritorno di James Franco: Giovannesi sceglie ancora Napoli

AP Photo/Gregorio Borgia

AP Photo/Gregorio Borgia

“Padre e figlio sono entrambi conseguenza della guerra. Questo li accomuna”, scrive Claudio Giovannesi nelle note di regia di Hey Joe, suo sesto lungometraggio di finzione, presentato in Grand Public alla 19esima Festa del cinema di Roma e al cinema dal 28 Novembre con Vision Distribution.

La pellicola segna il ritorno davanti la macchina da presa dell’attore e regista americano James Franco, nel ruolo di un veterano di guerra che negli anni 70, dagli Stati Uniti, ritorna a Napoli per conoscere il figlio avuto da una ragazza napoletana nel lontano 1944, quando era stanziato lì. “Le conseguenze della guerra sono il motivo per cui abbiamo fatto questo film – rimarca Giovannesi in un piccolo incontro con la stampa – perché è un film ambientato in due epoche, nel ‘44 e nel ‘71 ma a me personalmente risuona con il periodo che stiamo vivendo. Nella storia dell’umanità, le guerre le fanno gli uomini ma poi le conseguenze le subiscono le donne e i figli. Questa storia, tratta un fatto realmente accaduto riportato dallo sceneggiatore Maurizio Braucci, racconta di un figlio della guerra ma è una storia privata che attraverso un padre che prova a ricominciare una nuova vita, riprendendosi un figlio, narra il rapporto tra gli Stati Uniti e l’Europa. In una Napoli città di frontiera, questi personaggi sono conseguenza di una guerra, lui ha combattuto tre guerre, inclusa la Corea e il Vietnam, il figlio è nato in un contesto bellico in cui la città era distrutta, bombardata e le donne, vittime di guerra, si offrivano ai soldati per fame. E, come diceva De Andrè, ‘dal letame nascono i fiori’, è nata una famiglia strana con un padre e un figlio che non parlano la stessa lingua”.

Hey Joe vede James Franco nel ruolo di un moderno Ulisse che fa ritorno nell’unico posto che conserva ancora la memoria di chi era, integro, prima delle guerre. Franco descrive la rinascita del suo Dean Barry: “Questo ruolo è stato un dono per me. Io amo da sempre il cinema italiano, passato e contemporaneo e per combinazione avevo appena visto La paranza dei bambini di Claudio, quando è arrivato questo ruolo. È una storia estremamente toccante perché credo che per ciascuno di noi ci possa essere sempre un’occasione di redenzione. Per quanto uno possa precipitare in basso, c’è sempre un momento in cui puoi dare una svolta alla tua vita e fare qualcosa di buono per te stesso e per gli altri. È un viaggio inatteso quello di Dean, non sai mai dove andrà a finire ma l’importante è che decida, ad un certo punto, di compiere delle azioni positive poi non sapendo dove lo porteranno. Questo aspetto risuona tantissimo in me perché ciascuno di noi quando è giovane ha un’idea di quello che desidera fare. A volte ci riesci come nel mio caso: volevo diventare attore e lo sono e mi sento grato, anche se ad un certo momento subentra l’esigenza di qualcosa di più profondo, che ha a che vedere con il nostro rapporto con gli altri”.

È la seconda volta che il romano Claudio Giovannesi torna a girare a Napoli ma c’è differenza di approccio, spiega: “La paranza dei bambini con Saviano non era un film su Napoli ma su come l’assenza di uno Stato, in una metropoli, incide sulla vita di un adolescente. Il primo ambientato nel passato, Hey Joe invece è su Napoli, nel ‘44 e ‘71 frontiera fra due continenti. L’arrivo degli americani, sia idealizzati che truffati, ha dato origine alla società contemporanea. Per me è stato tutta una scoperta”.