Il pacchetto sicurezza
Le differenze tra la legge Reale e il decreto Meloni-Salvini: nessuna
Introdotta il 22 maggio del 1975, la norma consentì alle forze di polizia di fare fuoco nel verificarsi di un’ampia gamma di reati, compresa la resistenza passiva. Una norma draconiana, che però rispetto al pacchetto sicurezza sembra tenerissima
Politica - di David Romoli
Le tante leggi sulla sicurezza che per decenni hanno eroso il diritto e la sostanza della democrazia in Italia, fino al picco dell’ultimo decreto Sicurezza che non avrebbe sfigurato nell’Italia del Ventennio, sono tutte figlie di una legge di cui molti ricordano il nome e pochi la sostanza e la parabola politica: la legge 152 del 22 maggio 1975, meglio nota come legge Reale. A paragone di aberrazioni come quelle dell’ultimo decreto e dopo mezzo secolo di progressivi imbarbarimenti quella legge può sembrare poca cosa. Allora fu un punto di svolta e lo fu consapevolmente.
Cos’era e cosa prevedeva la Legge Reale
Il Corriere della Sera, all’epoca voce non contrastata della borghesia italiana lo scrisse senza perifrasi: “La situazione è di emergenza e come tale non può essere affrontata che con provvedimenti di emergenza. La rinunzia che quindi siamo costretti a fare ad una fetta della nostra indipendenza, la sottoposizione di ognuno ad un aggravio di controlli, il ridare vita ad istituti caratteristici del regime di polizia è il duro prezzo che bisogna pagare per ripristinare l’ordine”. Il prezzo in questione implicava l’autorizzazione agli agenti a sparare per impedire una quantità ampia di reati, anche in assenza di resistenza o di violenze di qualsiasi tipo. Nel caso di sospetto abuso della facoltà di sparare da parte delle forze dell’ordine le indagini venivano passate dal giudice competente al procuratore generale presso la corte d’Appello, al quale era delegata la scelta tra procedere di persona o passare l’indagine alla procura. Se non era proprio garanzia d’impunità ci mancava pochissimo.
Il prezzo dell’ordine ripristinato (obiettivo peraltro fallito, al contrario mai in Italia ci fu tanta violenza come negli anni successivi) comportava anche la possibilità di perquisire chiunque si trovasse in un luogo o avesse un atteggiamento che “non apparissero giustificabili”, l’arresto per il possesso delle cosiddette “armi improprie”, il divieto di manifestare con il volto coperto, l’introduzione del fermo preventivo di 96 ore anche in assenza di flagranza di reato. Non fu un fulmine a ciel sereno. La stretta era iniziata già da un anno, prima con la legge dell’aprile 1974 che aveva portato a 8 anni i termini della carcerazione preventiva, poi, in ottobre, con quella che reintroduceva l’interrogatorio di polizia, cancellato alla fine del 1969 dopo l’autunno caldo. Il Pci si oppose decisamente. Berlinguer definì la legge “un errore grave dal quale vogliamo ancora una volta mettere in guardia”. Il capogruppo alla Camera Alessandro Natta bollò le nuove misure come “disposizioni pericolose, ai limiti della costituzionalità”.
L’anno seguente, dopo le elezioni finite di fatto in parità, il Pci mise un piede nella maggioranza appoggiando, con la formula della “non sfiducia” il governo Andreotti e anche il giudizio sulla legge Reale cambiò di conseguenza. Nel 1977 la legge fu irrigidita, il divieto di coprirsi il volto fu esteso anche al di fuori delle manifestazioni, fu anche disposto il confino per i colpevoli di ricostituzione del Partito fascista. Quest’ultima disposizione era in tutta evidenza volta a giustificare il voltafaccia del Pci, che si manifestò infatti quando nel 1978 i radicali proposero un referendum per abrogare la legge. Il Pci convocò una grande assemblea al Palalido di Milano dove fu deciso di schierarsi contro l’abrogazione per “non fare un favore ai fascisti e servire la loro causa”. Il quesito fu respinto con il 76,5% dei voti contrari all’abrogazione.
La legge Reale è stata tra le più sanguinose varate nella storia repubblicana. Nell’arco di un quindicennio furono uccise 254 persone e ferite altre 371. Le vittime dei posti di blocco furono 153. Il 90% delle vittime non era in possesso di armi da fuoco. In 208 casi le indagini successive accertarono che le persone uccise non avevano commesso alcun reato. E neppure erano il procinto di commetterne. La legge Reale non è mai stata abolita. I confini furono anzi ampliati nel 2005 con la legge Pisanu sul contrasto al terrorismo internazionale. Il decreto del governo Meloni porta semplicemente la stessa logica alle estreme conseguenze.