In trentacinque piazze
Studenti in piazza contro la scuola di Valditara, Meloni e Salvini in crisi di nervi: “Zecche rosse”
Le manifestazioni si sono svolte in 35 città. E’ questo, probabilmente, che ha spaventato Palazzo Chigi. Le manifestazioni hanno coinciso con un momento di notevole nervosismo nell’entourage del presidente del Consiglio.
Editoriali - di Piero Sansonetti
Decine di migliaia di studenti, soprattutto ragazzi del liceo, sono scesi in piazza in tutt’Italia, contro il governo. Chiedono una istruzione più aperta, contestano alcune leggi sulla scuola, e in particolare protestano per l’atteggiamento del governo italiano sulla guerra in Medioriente, del tutto favorevole agli aggressori israeliani contro la Palestina.
Gli studenti hanno definito la protesta il “no-Meloni Day”. Pare che Meloni si sia offesa. I suoi ministri e gli esponenti della maggioranza si sono scagliati contro i ragazzi accusandoli delle peggiori malefatte e violenze. Figuratevi che a Roma – così si legge in vari siti di informazione e nelle dichiarazioni di molti esponenti del centrodestra – un gruppetto di ragazzi con le mani sporche di vernice rossa ha affrontato il cordone della polizia. Leggendo queste parole immagini che chissà con quali armi i ragazzi si siano scagliati contro i poliziotti. In realtà non avevano armi, anzi, avevano le mani bloccate dalle manette e tenevano su uno striscione con scritto: “arrestateci tutti/e”.
Vi immaginate quanta violenza si possa esprimere a mani nude e chiuse nelle manette? La reazione più articolata alla protesta dei giovani è stata, al solito, quella del signor vice primo ministro, Matteo Salvini. Che ha espresso un concetto che probabilmente gli frulla in testa da diverso tempo: “Zecche rosse”. Non è andato oltre. Lui è sempre icastico. Ci sono alcuni miei amici, che militano nella Lega, che mi dicono che Salvini ormai pronuncia questa frase spessissimo, quasi in trance, a volte anche mentre è solo in macchina. Il ministro Valditara, invece, essendo ministro del merito è chiaro che è un tipo che ha studiato. E’ colto: sa. Ha detto che “non si sente il bisogno di replicanti dell’estremismo degli anni 70”. Sì, sì: ha detto proprio così. Non si era accorto, probabilmente, che i ragazzi in piazza avevano sostenuto un concetto analogo: “Non si sente il bisogno di ministri replicanti dei ministri degli anni trenta…”.
Le manifestazioni si sono svolte in 35 città. Parecchie. E’ questo, probabilmente, che ha spaventato Palazzo Chigi. Le più grosse si sono svolte nelle grandi città: Roma, Milano, Torino, Napoli. A Torino un gruppo di studenti è arrivato allo scontro con un gruppo della polizia. E’ questo, soprattutto, ciò che ha provocato le proteste del governo. Tra i dichiaranti sdegno non manca naturalmente il ministro Piantedosi, e stavolta ha voluto dire la sua anche il Presidente della Camera. E’ chiaro che le manifestazioni degli studenti hanno coinciso con un momento di notevole nervosismo nell’entourage del presidente del Consiglio.
Prima il caso Fitto, che era stato già dato per acquisito come vicepresidente della Commissione europea, e invece rischia parecchio ed è stato costretto ad andare a piatire un aiuto al Presidente della Repubblica. Poi lo schiaffone in pieno viso preso dalla Corte Costituzionale, che gli ha stracciato la legge sull’autonomia, cosa che certo non migliora l’immagine del centrodestra, e soprattutto riduce a zero quella della Lega. E poi l’imprevisto delle piazza che si riempiono di ragazzi.
Quello che preoccupa la maggioranza è il fatto che in questo caso le manifestazioni hanno un effetto dòmino. Cioè, magari se finissero con il corteo non farebbero tanti danni. Ma è molto forte la probabilità che invece diano ossigeno alle opposizioni e le spingano a rendere più stringenti e visibili le battaglie contro il governo. La Meloni – a differenza di Salvini – queste cose le conosce bene, perché ha una lunga esperienza politica. E capisce che un risveglio della protesta giovanile può costare molto caro al suo governo.
Parecchi esponenti della maggioranza hanno condannato soprattutto l’uso della vernice rossa e delle mani sporche di sangue. Loro dicono che stampigliare l’impronta insanguinata su un ritratto di un ministro è un atto violento, un incitamento a insanguinare. Non è così. E’ semplicemente la denuncia di una complicità dell’Italia nella guerra. Ma voi pensavate che di fronte al massacro in corso in Medioriente tutti i giovani di questo paese potessero restarsene rincattucciati, o al massimo si accontentassero di protestare sottovoce? Mi ricordo che a Genova, nei giorni del G8, erano i gruppi cattolici, spesso guidati da alcune suore, a mostrare le mani sporche di vernice.