Nelle sale dal 22 novembre
Napoli-New York di Gabriele Salvatores, un film contro l’odio di oggi
Ispirata a una sceneggiatura inedita di Fellini e Pinelli, la pellicola racconta di due giovani napoletani clandestini salpati verso gli States. “Ricordare è il modo per difendersi dal rancore”
Spettacoli - di Chiara Nicoletti
“Adda’ venì o’ pianerottolo, dicette chille ca’ ruciuliava pe’ scale…” con un proverbio attinto dalle sue origini napoletane, Gabriele Salvatores dichiara le intenzioni del suo nuovo film, Napoli – New York, in sala dal 21 novembre con 01 distribution. Un “film pianerottolo” lo definisce Salvatores, “che ci dimostra che possiamo essere migliori di come siamo”, un piano di conforto in un “momento in cui stiamo rotolando giù per le scale, ripide, difficili, in cui ci dobbiamo difendere da rancore e odio diffuso”. “Volevo fare un film che parlasse di solidarietà e che ci ricordasse che se guardiamo da vicino chi è diverso da noi e lo conosciamo, possiamo volergli bene”.
Ispirato da un trattamento-sceneggiatura di circa 80 pagine, scritto dal Maestro Federico Fellini e da Tullio Pinelli, di cui non si sapeva quasi nulla e ritrovato in un baule, Napoli -New York è film favola sull’avventura di due ragazzini nella Napoli del dopoguerra, clandestini in una nave in viaggio verso l’America del sogno e delle seconde possibilità. È lì che i piccoli Carmine (Antonio Guerra) e Celestina (Dea Lanzaro) incontrano il commissario di bordo Domenico Garofalo, colui che forse cambierà la loro vita, li indirizzerà nel mondo di Oz che New York potrebbe rappresentare. Ad interpretarlo una certezza del cinema italiano in terra e internazionalmente, Pierfrancesco Favino che di questa favola dice subito: “La cosa bella di questo film è che non fa la lezione a nessuno, né etica né storica. Mi è capitato di pensare alle pagine nel baule di casa Pinelli, le fantasie sue e di Fellini, due che non erano stati mai a New York e che guardavano all’America come a un sogno, e hanno attinto alla realtà dell’immigrazione per farne una favola di formazione. Leggendo quelle pagine, mi sono reso conto che Fellini e Pinelli appartenevano a un altro momento storico, Gabriele Salvatores ha trasformato quel testo in una favola, che non pretende di avere la precisione di un testo storico ma ci mostra che se le persone mettono se stesse a favore del bene degli altri, forse qualche generazione dopo di noi riuscirà a garantirsi un futuro”.
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Nel cast di tutti napoletani e italiani, spiccano le interpretazioni di Tomas Arana ma soprattutto di Omar Benson Miller, attore afroamericano già visto in 8 mile e Miracolo a Sant’Anna di Spike Lee oltre che nella serie HBO Ballers. Miller interpreta George, il cuoco di bordo, colui che interagisce di più con i due bambini e con loro instaura un rapporto paritario e di protezione. Quando tocca a lui raccontare l’esperienza nel film di Salvatores, Benson Miller non perde occasione di fare riferimento alla situazione politica nel suo paese: “Credo che questo film sia molto più rilevante in America oggi dopo le elezioni, lo era già prima ma ora ancor di più. Quello che affrontavamo in America nel 1949, lo stiamo vivendo ancora nel 2024. Mia madre, nata nel 1942 è rimasta in piedi a guardare il film e le ha ricordato come ci si sentiva ad appartenere ad un gruppo che gli altri guardano dall’alto in basso. Salvatores ha trattato temi adulti visti attraverso gli occhi dei bambini”.
Aleggia lo spirito del Maestro Fellini e dello sceneggiatore Tullio Pinelli che vanta nella sua filmografia la scrittura di film diretti non solo dal visionario di 8½ ma anche da Monicelli, Lattuada, De Sica, Risi e Germi per nominarne solo alcuni: “Non voglio fare il romantico ma mi commuove l’idea che in questa nostra tribù cinematografica, una storia che stava sparendo, è stata recuperata” commenta, commosso, Salvatores. La storia di questo recupero, il premio Oscar per Mediterraneo la lascia raccontare al produttore Arturo Paglia: “nella cantina di Pinelli abbiamo trovato due manoscritti – rivela – dopo aver messo d’accordo gli eredi di Fellini che sono veramente tanti, siamo arrivati a Gabriele che si è innamorato di quelle pagine in un battibaleno. Ha trasformato la storia in una favola, questa è stata la sua forza”. Bisogna ricordare che queste pagine sono state scritte alla fine degli anni 40, lo stesso periodo in cui è ambientato il racconto. Fellini dunque era ancora solo un brillante sceneggiatore e non aveva ancora messo a punto la sua personale poetica, ricca di elementi surreali e onirici che hanno caratterizzato i suoi film, come giustamente puntualizza anche Salvatores nelle sue note di regia.
Napoli New York scritto da Fellini e Pinelli nasce in un momento di passaggio per il nostro cinema, tra il neorealismo (e non a caso Salvatores inserisce un riferimento al film simbolo di questa corrente, Paisà, firmato anche da Fellini in sceneggiatura) e la commedia all’italiana. Nel trasformare questa storia in un film, Salvatores descrive il punto in cui si è distaccato dalla visione dei due sceneggiatori originari: “Ho cambiato la parte che si svolge in America, poiché, anche per ammissione dello stesso Fellini, lì, lui e Pinelli non ci erano mai stati e dunque se l’erano immaginata” confessa il regista di Puerto Escondido. Aggiunge: “nel film il finale non è ben chiuso, c’era troppa fiducia nel sogno americano, è stato scritto dopo la Seconda guerra mondiale dove gli americani erano stati i salvatori, belli e biondi. Noi invece abbiamo vissuto gli anni successivi e sappiamo che il sogno americano può diventare anche un incubo”. Non fa che ringraziare tutti i suoi attori Salvatores sottolineando che “il cinema sono loro e la capacità del regista sta nel cogliere quel che ti stanno dando”. Con Pierfrancesco Favino, sono stati gli artefici di altri piccoli grandi cambiamenti all’interno della storia originale: “C’era nel soggetto originale il desiderio di Carmine Garofalo e la moglie di adottare i due bambini. Non si raccontava però che i due non avevano potuto avere figli. Non c’era il piccolo dramma familiare, ce lo siamo inventati io e Pierfrancesco. Per Domenico, ci siamo rifatti ai nostri padri, quelli che non erano amici dei figli, che si prendevano la responsabilità di indicare la via giusta e distinguerla da quella sbagliata, di essere la legge da trasgredire”.
Napoli New York mette in scena anche due ragazzi che si interrogano su cosa significhi entrare a far parte di una famiglia già esistente o crearne una propria. Su questo aspetto interviene Favino: “Il film racconta l’avventura di due giovani che cercano la propria autonomia e indipendenza. Nel farlo normalmente c’è un momento in cui scopri di non essere più figlio”. Gabriele Salvatores è nato a Napoli e nonostante abbia vissuto la sua vita a Milano, le sue origini lo rendono orgoglioso di questo film: “Sono nato a Napoli, dietro Piazza Plebiscito, in Via Solitaria, non ho capito se era un’indicazione per la vita. Se sei nato lì, Napoli è uno state of mind. Questo film avrebbe fatto piacere ai miei che non ci sono più”.