La sentenza della Cpi
Mandato d’arresto per Netanyahu, governo Meloni in panne: per Salvini è “benvenuto in Italia”
Chi decide la posizione italiana dopo la decisione della Corte penale internazionale dell’Aia di spiccare un mandato d’arresto per crimini di guerra nei confronti del premier israeliano Benjamin Netanyahu e dell’ex ministro della Difesa Yoav Gallant?
Perché la maggioranza sul punto procede in ordine sparso, tra ministri che smentiscono i propri colleghi e il silenzio imbarazzato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che per ora non si esprime.
Lo ha fatto per primo un suo fedelissimo, il ministro della Difesa Guido Crosetto. Per il co-fondatore di Fratelli d’Italia la questione è piuttosto semplice: aderendo allo Statuto di Roma del 1998, riconoscendo così la Cpi, l’Italia dovrà dare seguito al mandato d’arresto per Netanyahu e Gallant in caso i due si trovino nel nostro Paese.
“Aderendo alla Corte penale internazionale, se venissero in Italia Netanyahu e Gallant dovremmo arrestarli”, le parole di Crosetto, pur ritenendo la sentenza “sbagliata”.
Diversi i toni che arrivano dalla Farnesina. Dal ministero degli Esteri Antonio Tajani, anche vicepremier dell’esecutivo, predica calma e prudenza sull’applicazione della sentenza della Cpi: “Vedremo quali sono i contenuti della decisione e le motivazioni che hanno spinto a questa decisione — dice il ministro — noi sosteniamo la Corte, ricordando sempre che deve svolgere un ruolo giuridico e non un ruolo politico”.
Caso che esplode poi con le dichiarazioni dell’altro vicepremier, il leghista Matteo Salvini, che a margine dell’assemblea Anci non usa mezzi termini e si aggrega a quel gruppo, capitanato dagli Stati Uniti (Paese che non ha firmato lo Statuto di Roma, ndr) e che in Europa vede in fila l’Ungheria di Viktor Orban, che non intendono riconoscere la validità della sentenza.
“Conto di incontrare presto esponenti del governo israeliano e se Netanyahu venisse in Italia sarebbe il benvenuto. I criminali di guerra sono altri”, dice Salvini, che giudica la sentenza dell’Aia come “una scelta politica dettata da alcuni paesi islamici che sono maggioranze in alcuni istituzioni internazionali”.
Soltanto dopo ore e ore di silenzio una nota vergata dalla presidente del Consiglio chiarisce finalmente il Meloni-pensiero sul mandato d’arresto della Cpi nei confronti di Netanyahu. Con capacità democristiane, la premier lascia aperta ogni porta: nelle dichiarazioni Meloni spiega infatti che “approfondirà” in questi giorni “le motivazioni che hanno portato alla sentenza della Corte Penale Internazionale”. “Motivazioni che dovrebbero essere sempre oggettive e non di natura politica”, è il ragionamento della premier.