Per quanto si possa darli per spacciati, li trovi sempre lì, lì nel mezzo, o sulla fascia, o insomma da quelle parti. Passano gli anni e le stagioni, le sessioni di calciomercato o le aste del Fantacalcio, ma niente: non se ne vanno, in qualche modo resistono. Li chiameremmo i “resilienti” se la definizione non fosse stata così abusata in questi anni, arrivando a comparire persino nel piano che dovrebbe salvare l’economia dell’Europa. Ma alla fine quello sono. Calciatori, allenatori, altri attori del mondo del pallone messi in discussione una volta sì e un’altra pure, a volte gratuitamente, a volte a ragione, che però non mollano. E li trovi sempre lì, a dirlo con i piedi e con il fiato: eh già, io sono ancora qua, come canta Vasco Rossi. Questa rubrica è dedicata e ispirata a loro.
Non si vede né in cielo né in terra, “da nessuna parte”, ha detto Cesc Fabregas che qualche partita, qualche stadio, qualche titolo, qualche calciatore in carriera lo ha visto. A Firenze erano già mezzi infatuati di David De Gea. Adesso, dopo la tripla parata su Goldaniga-Barba diventata già virale sulle pagine pallonare sui social, sono usciti letteralmente tutti pazzi. Da inattivo a fenomeno ritrovato, il portiere spagnolo si è candidato a diventare tra i protagonisti di una squadra che dopo un mercato avventuroso e un inizio di stagione sta diventando sempre più credibilmente una pretendente al quarto posto almeno.
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De Gea è emerso, ha debuttato ed è cresciuto con lo stigma di chi poteva seriamente diventare il numero 1 dei numero 1 al mondo. All’Atlético Madrid divenne titolare a neanche vent’anni nell’anno della genesi dell’era del “Cholo” Pablo Simeone. Quando Radamel Falcao era immarcabile, quando lui stesso parò un rigore a Diego Milito nella finale di Supercoppa vinta contro l’Inter del triplete. 21 milioni di euro per portarlo al Manchester United. 8 trofei, 545 gare, il calciatore non-britannico con più presenze nella storia dei Red Devils. All’Old Trafford cantavano che De Gea “could save the fucking Titanic”. Alla Fiorentina è arrivato dopo un anno da svincolato, ha firmato per un anno più opzione per la seconda stagione.
Finora ha parato due rigori al Milan nella stessa partita e smanacciato una palla diretta all’incrocio al 90esimo contro il Genoa. A De Gea la Fiorentina deve anche buona parte del pass per entrare nel tabellone principale di Conference League conquistato con la Puskas Akademia a fine agosto. Si sono visti anche quei lanci lunghi, precisi, diventati già assist in carriera. Fino al 59esimo di ieri e al triplo intervento destinato a entrare negli highlights dell’intera stagione. A Firenze sono sicuri: si tratta di “un mostro”, anzi del “miglior portiere della Serie A”.
In Spagna i quotidiani sportivi sono arrivati a parlare di una vera e propria resurrezione. E non è l’unica a Firenze considerate le prestazioni di Moise Kean o di Yacine Adli o Robin Gosens o Lucas Beltrán o Danilo Cataldi: segno che la scelta di Raffaele Palladino, nonostante qualche incertezza iniziale che aveva messo in discussione la sua permanenza in panchina, è stata con ogni probabilità quella giusta. Quinto clean sheet in dieci partite di campionato. E la Viola al secondo posto con Inter, Atalanta e Lazio grazie anche alle manone del talento perdido e ritrovato sull’Arno.
La classifica di Serie A alla 13esima giornata di campionato
1 a 0 alla Roma di Claudio Ranieri in una partita scorbutica e Napoli di Antonio Conte che resta capolista. A solo un punto di distacco il gruppone: Atalanta, Inter, Fiorentina, Lazio. Nel campionato di Serie A più imperscrutabile e indecifrabile degli ultimi tempi, una certezza c’è: sarà difficile ribadite per noia e bruttezza un big match come quello tra Juventus e Milan. 0 a 0. Questa sera il posticipo tra Lecce e Venezia. La classifica è strettissima.