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C’era una volta la maggioranza: l’offensiva di Forza Italia a Lega e Fdi, il Carroccio prende schiaffi da tutte le parti

Photo credits: Sergio Oliverio/Imageconomica

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“Sono allo sbando e la maggioranza è in frantumi”: Elly Schlein intona il de profundis per la maggioranza e tutta l’opposizione fa coro chiedendo di fatto alla premier di prendere atto del disfacimento e passare la mano. È una grossa esagerazione, va da sé, ma fa il paio con le minimizzazioni della maggioranza che, serafi ca, fa finta di niente. A partire dalla premier: “Sono schermaglie: nulla di particolarmente serio”.

L’incidente di ieri, con FI che vota con l’opposizione contro l’emendamento leghista sostenuto da FdI sulla conferma del taglio del canone Rai e lo affossa, invece è decisamente serio. Lo sarebbe anche se non arrivasse subito dopo la prima rappresaglia leghista, che con l’astensione affonda l’emendamento del forzista Lotito sulla Sanità in Calabria. La spirale più pericolosa che si possa creare in una maggioranza, quella in cui si procede colpo su colpo, sgambetto e rappresaglia. I più solerti nel derubricare la spaccatura a civile confronto tra opinioni diverse sono ovviamente i forzisti. “Nessun inciampo. Siamo solo stati coerenti con quel che abbiamo sempre detto. Spendere 430 milioni per un beneficio di 50 centesimi all’anno per i cittadini non serve”, assicura a chiunque voglia ascoltarlo Tajani.Avevamo opinioni diverse ma non è mica su questo che si fonda il patto di governo”, fa eco il capo dei senatori Gasparri e a seguire qualsiasi forzista abbia un pc a disposizione si produce nel suo bravo comunicato: “Non è successo niente”.

Dietro le quinte delle dichiarazioni di facciata gli umori sono molto diversi. Soprattutto quello della premier che è furibonda. Il primo comunicato diramato dalle abituali “fonti” di Palazzo Chigi rifletteva quella irritazione: “Questo inciampo non giova a nessuno”. Poi ha prevalso la necessità diplomatica che suggeriva di far finta di niente ma la ferita invece è aperta e la premier schiuma rabbia. Sinora la formula magica adoperata ogni volta che emergeva questa o quella fra le tante divisioni del centrodestra era sempre la stessa: “Poco importa perché poi, al momento del voto, siamo sempre uniti”. Ora non lo si può più dire e si sa che in queste cose aprire il primo varco e ieri subito dopo anche il secondo è sempre molto pericoloso.

Il forzista Mulè comunque ci prova lo stesso: “Noi troviamo sempre la sintesi”. Detto subito dopo aver cercato quella sintesi per 48 frenetiche ore senza trovarla sembra satira. La determinazione rumorosa e corale con cui Fi finge di non aver scelto di spaccare la maggioranza dimostra in realtà il contrario. Gli azzurri sono perfettamente consapevoli della portata dello strappo e delle conseguenze che potrebbe avere non a breve ma sulla solidità a lungo termine della maggioranza. La premier ritiene che abbiano scelto di portare la sfida sino in fondo perché in ballo c’erano gli interessi Mediaset. Probabilmente ha ragione. L’azienda che del partito azzurro resta azionista di maggioranza temeva che la conferma del taglio avrebbe aperto la strada per l’innalzamento del tetto pubblicitario di mamma Rai.

Se fosse tutto qui sarebbe comunque un problema, anche perché Piersilvio Berlusconi sembra voler intervenire non solo quando ne va dell’azienda ma anche della politica in senso lato. Ma le onde sono in realtà più alte perché la difesa di Mediaset spiega solo in parte la decisione dinamitarda di Tajani. Il punto critico è che la maggioranza è sempre la stessa ma gli equilibri al suo interno sono radicalmente cambiati. Fi si considera ora il principale alleato di Giorgia, avendo soppiantato la Lega. Reclama un riconoscimento del ruolo, sia in termini di ministeri, con la sostituzione di Fitto con un azzurro invece che con Elisabetta Belloni come vorrebbe la premier, sia nelle scelte politiche. L’offensiva di Tajani non si ferma al canone Rai: sfida la Lega sulla richiesta di fermare la manovra Unicredit-Bpm, se mai andrà avanti, adoperando il golden power di cui dispone il governo. Reclama un passaggio parlamentare con i controfiocchi sull’autonomia differenziata, sapendo bene che la legge di Calderoli, già fatta a brandelli dalla Consulta, si ridurrebbe così a nulla o quasi.

In prospettiva l’obiettivo di questa offensiva non può essere solo la Lega: è per forza anche FdI che, nei progetti del Ppe, di cui Fi è forza eminente, figura come alleato, certo, ma in postazione subordinata, non dominante. L’elemento più potenzialmente deflagrante, almeno a breve, sono però i possibili contraccolpi su una Lega che si trova già in enorme difficoltà, che prende schiaffi da tutte le parti e potrebbe non reggere la tapina parte ancora a lungo. Ieri Salvini ha finto di prenderla con filosofia: “Stiamo lavorando per abbassare le tasse e mi dispiace che FI non voglia abbassare il canone per gli italiani, non per la Lega. Lavoreremo su altri fronti”. Subito dopo però ha ordinato la rappresaglia sull’emendamento Lotito. È possibile, forse probabile, che sia solo l’inizio.