Geo Barents ripesca 75 uomini buttati in mare
I libici sparano, il mandato è italiano: così la “Guardia costiera” apre il fuoco e sequestra donne e bambini
La Guardia libica, armata dal governo italiano, ha assaltato il gommone. Gettato in acqua 75 uomini che la Geo Barents è riuscita a salvare. Un ragazzo ha tentato di ributtarsi in mare per raggiungere i suoi due bambini di 11 anni e 3 mesi deportati con la madre sotto i suoi occhi
Cronaca - di Angela Nocioni
“La continueranno a stuprare e a stuprare a stuprare, io lo so che continueranno. E ora non siamo nemmeno insieme”. Sua moglie ha vent’anni, è stata caricata a forza nella lancia della Guardia costiera libica che sta filando via verso Sabratha. L’hanno deportata sotto i suoi occhi. Un altro ragazzo tenta di tuffarsi in mare. In quella stessa lancia i libici si sono portati via i suoi due bambini, uno ha 11 anni, l’altro tre mesi. E questi sono soltanto due dei 75 sopravvissuti, buttati giovedì in mezzo al mare dai libici e ripescati dai soccorritori della Geo Barents che sono riusciti incredibilmente a salvarli tutti.
Geo Barents è la nave di Msf, appena liberata dopo due mesi di detenzione. Nell’equipaggio di questa nave, su cui pende la minaccia di confisca dalle autorità italiane, c’è anche Flavia Conte, romana, soccorritrice. Ecco la sua descrizione da bordo di quel che è successo giovedì: “La mattina è arrivata una segnalazione di emergenza di Alarm Phone, si trattava di un gommone con 100 persone, eravamo molto vicini, dopo poco li abbiamo avvistati all’orizzonte, ma accanto al gommone abbiamo avvistato altri due grossi mezzi neri. Da lontano non si capiva bene cosa fossero, via radio loro stessi si sono identificati come Guardia costiera libica, anche se non avevano nessun segno formale identificativo, lo abbiamo visto fare già altre volte in mare. Ci hanno detto ‘venite a fare il soccorso, il gommone sta affondando’. Quando i soccorritori nei rhibs (gommoni veloci a punta rigida usati per i salvataggi n.d.r) si sono avvicinati hanno trovato una situazione terribile. In uno di dei mezzi libici uomini armati con fucili, molti di loro a volto coperto, avevano preso 29 persone, 25 donne e 4 bambini, il più piccolo ha tre mesi. Hanno sparato in aria e hanno obbligato i restanti naufraghi, tutti uomini, a buttarsi in acqua. In pochi secondi ci siamo trovati una ottantina di persone in acqua. I soccorritori hanno cominciato a tirare fuori tutti dall’acqua e per fortuna siamo riusciti a salvare tutti quanti, e nel frattempo noi dalla nave cercavamo di stabilire una comunicazione, sia chiamando via radio, con questi che non ci rispondevano, sia comunicando con quella che si è identificata come Guardia costiera libica, e sia gridando a voce per farci sentire, sia chiamando tutti e otto i numeri fissi del centro di coordinamento libico. Chiedevamo a tutti di poter riunire le famiglie. All’inizio c’è stato detto che sì, avremmo pure potuto imbarcare le donne e i bambini ma poi, quando abbiamo finito il soccorso, la lancia con le donne e i bambini è partita all’improvviso e a tutta velocità in direzione Libia. Hanno deportato donne e bambini davanti ai nostri occhi e davanti agli occhi dei loro padri, figli, mariti, fratelli”.
L’operazione è avvenuta a 25 miglia nautiche a largo di Sabratha, in acque internazionali. “I sopravvissuti ci hanno raccontato che loro erano partiti tutti insieme dalla Libia sul gommone, che poi durante il viaggio poco prima che arrivassimo noi sono stati avvicinati da questi miliziani che hanno sparato in aria, hanno preso loro tutti i cellulari, tutti i soldi e i documenti e poi si sono presi a bordo solo donne e bambini e ad ogni tentativo degli uomini di stare insieme alle loro famiglie, li hanno prima ributtati nel gommone con minacce armate e picchiandoli col calcio dei fucili e poi li hanno buttati in acqua”.
Quanti erano i mezzi libici presenti? “Arriviamo e ne vediamo due, uno con donne e bambini e l’altro con miliziani armati che durante il soccorso se ne va. Rimane quello con donne e bambini che poi parte in direzione Libia. Dopo mezz’ora o forse un’ora arriva un altro mezzo in vetroresina con a bordo 4 persone con abbigliamento militare, sul gommone dei migranti che noi avevamo svuotato c’erano due miliziani che stavano aspettando, questi con il mezzo in vetroresina sono venuti a prenderli, si sono presi pure il motore del gommone dove stavano i migranti e se ne sono andati. Per tutto il pomeriggio poi siamo stati circondati da mezzi vari con persone armate”.
Quanti mezzi erano e a che distanza stavano? “A un certo punto erano 7 mezzi, ci sono stati sempre intorno, a pochi metri. Uno di questi mezzi era una motovedetta ufficiale della Guardia costiera libica, il modello classico, la classe 300, una di quelle date dall’Italia ai libici. C’è girata attorno, aveva persone a bordo che immagino fossero state catturate”. Quanti miliziani vedevate? “Su una barca ce ne erano 4 o 5, su un’altra erano 4, su una 2, su una 4, su una 3, su quella motovedetta classe 300 non lo so”. Dalla nave si alza un appello, parla Mara Eliana Tunno, psicologa a bordo: “Abbiamo qui persone disperate, ci chiedono soltanto di poter rivedere le loro famiglie deportate sotto i loro occhi. È essenziale ricongiungere queste famiglie. Istituzioni e organizzazioni devono farsi carico di questa tragedia”.
Appello inascoltato, al momento. La Geo Barents sta dirigendosi verso il nuovo porto di sbarco assegnato da Roma: Reggio Calabria. Nel frattempo, mentre la Ocean Viking che ha soccorso un gommone stracarico di ragazzini soli, oltre 40 minori non accompagnati, è arrivata al porto di Brindisi e un’altra nave della flotta civile, l’Air support, sta andando a Vibo Valentia, il Senato si appresta a varare, a partire lunedì, una serie di emendamenti al decreto flussi presentati in extremis da Fratelli d’Italia e già approvati alla Camera che decapitano l’attività di ricerca e soccorso in mare delle navi delle ong.
Il problema è che in mare in acque internazionali al largo della Libia e della Tunisia se non ci sono loro – o perché detenute in porto o perché mandate a sbarcare i naufraghi in porti che le allontanano dall’area operativa una decina di giorni o perché definitivamente confiscate – i migranti vengono catturati dalla Guardia costiera sia libica che tunisina, deportati o lasciati affogare senza che nessuno li soccorra. E senza che nessuno nemmeno se ne accorga. Insieme ai loro corpi tra le onde, e nel fondo delle motovedette che li deportano nei lager dai quali usciranno solo pagando i carcerieri, spariscono anche i crimini dei libici e dei tunisini che li catturano. E di noi, italiani, chi ci rifiutiamo di soccorrerli. Crimini senza testimoni.
Nelle pieghe del decreto flussi, oltre a forniture di armi e motovedette a Paesi terzi, c’è anche l’obbligo per gli aerei di supporto alle navi delle ong di obbedire alle autorità libiche e tunisine.
Gli aerei hanno in questi anni collezionato prove dei crimini della Guardia costiera libica, prove risultate utili in molti processi. Sea watch ha dei documenti video che testimoniano una serie di recenti atrocità commesse dai libici, documento che viene ignorato dall’Europa e dall’Italia, come se non esistesse. Giovedì, mentre i libici assaoltavano il gommone con i 100 naufraghi soccorsi da Msf, quel video l’abbiamo mostrato in Senato in Sala Nassirya.
Tra gli emendamenti in via di approvazione coatta – il governo metterà la fiducia – c’è anche l’estensione agli armatori delle navi delle responsabilità civili in caso di fermo del mezzo, con un sistema automatico di confisca della nave in caso di recidiva. Dice Juan Matias Gil responsabile della ricerca in mare per Msf: “È una ossessione questa del governo italiano per impedire le attività di soccorso della flotta civile. Noi se ci fosse un meccanismo per salvare vite in mare, saremmo altrove, Msf lavora in decine di paesi con più di 500 programmi, non è che abbiamo l’ossessione di fare soccorso nel Mediterraneo. Lo facciamo perché una missione di salvataggio pubblica non c’è. Sotto le coste italiane non ci sono gli effetti di una improvvisa crisi umanitaria, questi sono gli effetti di politiche criminali degli ultimi perlomeno sette, otto anni da parte del governo italiano. Quante prove dobbiamo mostrare ancora per far vedere quali violazioni gravissime di diritti umani compie la Guardia costiera libica? Ma le vedete le foto? Li vedete i video?”.