L’ambasciatrice di Palestina in Italia
“Israele vuole annettere Gaza, la comunità internazionale lo impedisca”, parla ‘ambasciatrice di Palestina Odeh
«L’accordo per il cessate il fuoco è una buona notizia, ma c’è ancora tanto da fare. Il movimento dei coloni sta facendo perlustrazioni a Gaza per valutare dove costruire nuovi insediamenti. La comunità internazionale deve impedirlo», dice l’ambasciatrice di Palestina in Italia
Interviste - di Umberto De Giovannangeli
Gaza, per non dimenticare. I destini di un popolo, il ruolo dell’Europa, il rapporto con l’America di Trump, le richieste all’Italia. Intervista esclusiva all’Ambasciatrice di Palestina in Italia Abeer Odeh.
Signora Ambasciatrice, a Gaza continua la pulizia etnica portata avanti da Israele, con la complicità della comunità internazionale. Il popolo palestinese è sacrificato sull’altare insanguinato della realpolitik?
Non è solo il popolo palestinese ad essere sacrificato a Gaza, ma l’intero ordine internazionale nato dopo la Seconda Guerra Mondiale con l’intento di stabilire regole condivise basate su principi fondamentali ritenuti da tutti inviolabili. Assistiamo infatti ad un enorme passo indietro, per cui a Gaza prevale semplicemente la legge del più forte, ed è possibile che vengano uccisi davanti agli occhi di tutti più di 44.000 civili, per lo più donne e bambini. L’accordo per il cessate il fuoco in Libano è sicuramente una buona notizia. Tuttavia, il cessate il fuoco non è tutto. C’è ancora molto da fare in Libano e a Gaza gli obiettivi di Israele sono diversi. Il vero obiettivo di Israele è quello di annettersi la Striscia, costringendo la popolazione palestinese – sopravvissuta ai bombardamenti, alla distruzione e alla fame utilizzata come arma di guerra – a trasferirsi altrove. Lo si vede chiaramente dalla massiccia militarizzazione dei valichi, che priva gli abitanti di Gaza dello spazio in cui vivere e li obbliga ad abbandonare le proprie case. Il movimento dei coloni israeliani sta già facendo perlustrazioni a Gaza per valutare dove e come costruire nuovi insediamenti. La comunità internazionale deve intervenire immediatamente, impedendo che questo piano di annessione si realizzi continuando a seminare morte e disperazione. Per questo la decisione presa dalla Corte Penale Internazionale di emettere ordini di arresto nei confronti dell’attuale Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e dell’ex Ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant è estremamente importante, perché rafforza la decisione della Corte Internazionale di Giustizia in merito al genocidio in corso a Gaza e riporta la giustizia al centro della scena internazionale. Apprezziamo che il G7 di Fiuggi presieduto dall’Italia abbia promesso di adempiere ai propri obblighi in questo senso.
Non c’è solo la tragedia di Gaza. In Cisgiordania a dettare legge sono i coloni in armi, spesso coperti e spalleggiati dall’esercito israeliano. La destra che governa Israele parla esplicitamente di annessione di Giudea e Samaria, i nomi biblici della Cisgiordania. Siamo oltre l’apartheid?
Dall’ottobre dell’anno scorso, sono almeno 750 i palestinesi uccisi in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, dalle forze di occupazione israeliane e dai coloni terroristi. Un dato spaventoso che tuttavia non deve far dimenticare come, anche qui, la storia della nostra sofferenza sia molto più lunga e risalga a quasi 80 anni fa. È vero che le parole e le azioni dell’attuale governo estremista di Israele colpiscono per la loro schietta brutalità, ma sono perfettamente in linea con la politica seguita dagli israeliani da quando – a partire dalla Nakba – hanno cominciato a perseguire la pulizia etnica del nostro popolo, bruciando i nostri villaggi, uccidendo i loro abitanti o costringendoli a trasferimenti forzati. Anche i coloni non sono una novità, visto che l’occupazione militare e coloniale della Palestina dura dal 1967. I loro furti di terra e i loro violenti soprusi sono avvenuti e avvengono nella totale inerzia della comunità internazionale, nonostante centinaia di risoluzioni delle Nazioni Unite abbiano condannato da subito queste azioni unilaterali, che costituiscono un’aperta violazione del diritto internazionale. Recentemente, il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha ricordato che Israele non ha alcuna sovranità su nessuno dei Territori Palestinesi che occupa illegalmente. È ora che la legalità venga ristabilita con misure concrete che costringano Israele a porre termine all’occupazione.
L’Europa non ha voce in Terrasanta. Qualche condanna a parole ma nessun fatto sostanziale.
L’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, Josep Borrell, ha ammesso di lasciare il suo mandato con tristezza, vedendo la sofferenza crescere a Gaza, e con il rammarico di non essere riuscito a porre fine a questa guerra. È vero che l’Europa ha fatto molto poco sia per porre fine a questa guerra, sia, più in generale, per porre fine all’occupazione illegale della nostra terra. Ci auguriamo che le cose cambino al più presto e che l’Europa prenda delle decisioni coraggiose, come quella di interrompere l’invio di armi a Israele, sospendere l’Accordo di Associazione con Israele ed imporre sanzioni a Israele per i crimini che commette.
Molti analisti sostengono che una delle ragioni della sconfitta di Kamala Harris alle presidenziali sia stato il sostegno dell’amministrazione Biden a Israele. Si aspetta altro dal neoeletto presidente Donald Trump?
Per quanto ci riguarda, gli Stati Uniti d’America hanno perso da tempo la propria credibilità come mediatori credibili a causa del loro cieco sostegno a Israele, persino adesso che è in corso un genocidio. Il 23 dicembre 2016, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha approvato, grazie all’astensione degli Stati Uniti, la risoluzione 2334 volta a porre fine agli insediamenti illegali israeliani, compresi quelli a Gerusalemme Est, per favorire la soluzione dei due Stati. L’Ambasciatrice statunitense all’ONU spiegò che gli Stati Uniti non potevano sostenere allo stesso tempo gli insediamenti israeliani e la soluzione dei due Stati, e il Segretario di Stato John Kerry accusò il rappresentante israeliano all’ONU di essere contrario alla soluzione dei due Stati. In effetti, disse, se Israele mira a un solo Stato, allora deve decidere se vuole essere uno Stato ebraico o uno Stato democratico, perché non può essere entrambi. Se questa doveva essere l’eredità del Presidente Obama, le cose cambiarono molto rapidamente con l’Amministrazione Trump, stabilizzandosi con l’Amministrazione Biden. Con Trump si trattò di decisioni concrete quanto plateali, come il trasferimento dell’Ambasciata USA a Gerusalemme, la chiusura del Consolato USA a Gerusalemme Est e quella dell’Ufficio dell’OLP a Washington, per non parlare dei tagli ai finanziamenti statunitensi rivolti all’UNRWA e agli ospedali palestinesi o del famigerato Affare del Secolo, che non aveva altro scopo se non quello di legalizzare l’occupazione israeliana. Nel caso di Biden, si è trattato di una prosecuzione delle politiche intraprese da Trump, contraddetta solo a parole da qualche dichiarazione e culminata pochi giorni fa, al Consiglio di Sicurezza ONU, con un voto contrario al cessate il fuoco a Gaza. Ciò detto, confidiamo che la futura Casa Bianca voglia passare alla storia per aver favorito una pace giusta e non per aver dato carta bianca a Israele nel completare il massacro dei palestinesi. Speriamo davvero in una nuova era luminosa e illuminata, in cui gli Stati Uniti siano parte della comunità internazionale condividendone valori, principi e obiettivi.
In Italia c’è ancora un movimento pacifista che ha la Palestina nel cuore, che manifesta contro l’occupazione e il genocidio in atto a Gaza. Cosa si sente di dire e di chieder loro?
Non posso che ringraziare gli italiani, le italiane e chi vive in Italia per le grandi manifestazioni contro il genocidio in corso a Gaza e contro l’occupazione della Palestina che va avanti da più di mezzo secolo, per il diritto del popolo palestinese ad esistere e ad affermare la propria autodeterminazione. Ogni azione a sostegno della nostra causa, a ogni livello, è la benvenuta, sia che arrivi dalle piazze, dalle scuole, dalle università o dalle istituzioni, come è accaduto con gli ordini del giorno di numerosi consigli comunali che hanno voluto dimostraci in questo modo la loro vicinanza. Chiediamo di andare avanti così, di non abituarsi all’ingiustizia e alle guerre. Anche il popolo palestinese vuole la pace e ha bisogno di pace, adesso più che mai.
E al governo e al Parlamento?
Notiamo segnali di speranza e interventi sempre più numerosi a favore dei diritti del popolo palestinese anche all’interno del Parlamento italiano, da parte di autorevoli rappresentanti della Camera e del Senato. Apprezziamo enormemente il lavoro svolto dall’Intergruppo parlamentare per la Pace tra la Palestina e Israele. A questo governo chiediamo che l’Italia – Paese fondatore dell’Unione Europea, così vicino, per tanti motivi, alla Terrasanta – ascolti il suo popolo e svolga il ruolo che le compete per ristabilire pace e giustizia in quest’area martoriata del mondo dove regnano la prepotenza e l’impunità. Può farlo in tanti modi, sicuramente pretendendo da Israele un immediato cessate il fuoco, riconoscendo lo Stato di Palestina, e dando il proprio sostegno, contrariamente a quanto accaduto di recente, alle risoluzioni delle Nazioni Unite che chiedono la fine dell’occupazione.