La rubrica Sottosopra

Rendiamo la guerra un tabù, come il cannibalismo

Possiamo farcela perché è una follia che non appartiene alla natura umana. Il giorno in cui riusciremo a superarla sarà un giorno meraviglioso

Editoriali - di Mario Capanna

30 Novembre 2024 alle 15:00

Condividi l'articolo

AP Photo/Alexander Zemlianichenko, Pool, File
AP Photo/Alexander Zemlianichenko, Pool, File

La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire
(A. Einstein)

La guerra è la più insana delle attività umane. Ogni guerra ha le sue “buone” ragioni per essere avviata e combattuta: “ragioni” economiche, culturali, sociali, territoriali, religiose ecc. Ma ogni guerra è, in realtà, folle: il suo primo scopo è la distruzione, in tutto o in parte, dell’avversario, anzi del “nemico”. La follia si annida nel concetto stesso di distruzione: si palesa come “razionalità dell’irrazionalità”. Per conquistare prima, e possedere poi, bisogna in primo luogo demolire, falciando vite: distruggere è la parola d’ordine suprema. Sarebbe molto più logico convivere, superando con il confronto e il negoziato le controversie, senza bisogno che scatti la molla deleteria della supremazia da raggiungere versando sangue.

In natura la guerra non trova spazio: sia nel mondo vegetale sia in quello animale è prevalente la coesistenza, persino la collaborazione, non l’antagonismo, tantomeno distruttivo. (Non mi si opponga la futile obiezione, ad esempio, della leonessa che, per sfamare se stessa e i piccoli, sbrana la gazzella: non è colpa sua se la natura l’ha resa carnivora). La follia della guerra è una prerogativa, dunque, essenzialmente – eminentemente – umana. È consolante sapere che questa follia non è connaturata all’uomo. Sorge a inquinare la sua esistenza da non più di 5 mila anni, a partire dall’avvento delle prime città e, in particolare, delle prime città-Stato.

Ma 5 mila anni equivalgono a un battito di ciglia nella storia. Per il 98 per cento del tempo in cui l’uomo ha camminato eretto, le società erano matriarcali e il concetto di guerra sconosciuto, come mostrano gli studi di etnologia comparata. La guerra, perciò, non appartiene alla “natura umana” in quanto tale: questa è il risultato di una costruzione storica, a sua volta superabile da un’altra costruzione storica, basata su una diversa visione del mondo. Sicché ha ragione Einstein quando afferma: “L’umanità avrà la sorte che saprà meritarsi”. Nel concreto: attualmente nel mondo sono in corso una cinquantina di conflitti. I due maggiori – quello di Russia-Ucraina-Usa-Nato e quello dello sterminio dei palestinesi da parte di Israele – più vanno avanti più rischiano di mettere a repentaglio la pace globale, facendoci scivolare verso il tragico innesco di un conflitto mondiale.

Quando la parola passa ai missili – l’avventuristica decisione di Biden di consentire agli ucraini l’impiego in territorio russo degli ordigni americani a lungo raggio e la perentoria risposta di Mosca con il lancio, su una fabbrica di armi a Dnipro, del missile a testata multipla – il pericolo avanza veloce. Maledettamente veloce. Se è vero che il missile russo “Oreshnik” ( “Nocciola”), ipersonico, è capace di viaggiare a circa 13.500 km/h, sfuggendo a qualsiasi rilevamento, significa che la minaccia è attualmente incontrollabile. Ora che Biden e Putin hanno esibito i loro pericolosi muscoli, mostrando che la situazione è di stallo sostanziale, ed è superabile solo con il cessate il fuoco e i negoziati di pace, sarebbe bene spingere in profondità la riflessione.

Nel corso della sua travagliata storia l’umanità è riuscita a rendere tabù il cannibalismo e l’incesto. Non è riuscita – ancora – a rendere tabù la guerra. Tabù è una parola polinesiana (registrata per la prima volta dall’esploratore James Cook nel 1777, dopo un viaggio a Tonga). Indica non solo ciò che è “vietato”, “proibito”, “interdetto”, e dunque non va assolutamente perseguito, ma anche che il semplice pensare di realizzarlo induca a ritrarsi con disgusto e vergogna, come dinanzi a una cosa inconcepibile sul piano morale e pratico. Il giorno in cui riusciremo a rendere tabù anche la guerra, sarà un giorno meraviglioso per il genere umano. Avremmo straordinarie conseguenze a cascata: non solo non ci massacreremmo più, ma smantelleremmo gli eserciti, le produzioni belliche, azzereremmo le testate nucleari; e non solo vivremmo in pace, ma libereremmo pure immense energie, finanziarie, economiche e umane, da impiegare per il benessere delle persone, dei popoli e dell’ecosistema terrestre.

Proprio perché siamo donne e uomini, raggiungere un così esaltante obiettivo è nelle nostre capacità, nelle nostre possibilità, nelle nostre responsabilità. Rinunciarci vorrebbe dire avere una ben misera considerazione di noi stessi. Possiamo scegliere la nostra sorte. E determinarla. Ricordiamolo sempre.

30 Novembre 2024

Condividi l'articolo