30 anni fa la morte
Nick Drake: il predestinato che era come la luna, splendeva soltanto nell’oscurità
È morto a 26 anni per un’overdose di psicofarmaci che prendeva per “combattere” la depressione che lo ha perseguitato per tutta la sua breve vita. Un artista tanto talentuoso quanto fragile, che fu apprezzato davvero soltanto dopo la sua tragica fine
Spettacoli - di Graziella Balestrieri
“L’importante, diceva l’abate Galiani a madama d’Epinay, non è guarire, ma vivere con i propri mali. Kierkegaard vuol guarire” (Il mito di Sisifo, Albert Camus).
Tutti sanno chi è Nick Drake, per sentito dire o perché si è davvero degli appassionati di musica. Tutti sanno chi è Nick Drake ma non tutti lo conosco bene o, meglio, a parte Pink Moon, il mondo della musica lo porta e lo trascina sempre nella cerchia di “chi ha barcollato sull’orlo dell’abisso”. Che in effetti è così, ma Drake non è solo questo, anzi, la sua malattia è stata una forbice che ha ritagliato per anni la sua vita, facendo a piccoli pezzettini la sua anima, e che lo ha definitivamente tagliato quel 25 novembre del 1974, il giorno in cui il talentuoso ragazzo che veniva della campagna inglese, viene trovato morto per un’overdose di psicofarmaci, degli antidepressivi che usava per “combattere” la sua depressione.
Nick nasce in Inghilterra. Il papà ingegnere, nei primi anni 30 conosce la sua futura moglie, Molly Lloyd, in Birmania. Al compimento dei ventuno anni di lei, si sposano e si trasferiscono nel Warwickshire, a sud di Birmingham. Nascono due figli dalla loro unione: Gabrielle, una famosa attrice, e Nick, che diventerà – suo malgrado – famoso subito dopo la morte. Entrambi i genitori coltivano la passione per la musica e la vita artistica, entrambi scrivono canzoni. È proprio la madre ad incoraggiare Nick a trovare come una via d’uscita e di cura nella musica, a spingerlo ad imparare a suonare il pianoforte, strumento a cui Nick si appassiona sin da piccolo, iniziando a comporre le sue prime melodie. Un predestinato che non avrà mai pace, che subirà la malattia in ogni modo e nella quale, come dirà la sorella Gabrielle, «non c’era niente di romantico», anzi, «come la maggior parte delle malattie mentali, era cupa, ripetitiva e implacabile, e lo deprivò in modo crudele della sua musa creativa. Lo rese disperato e inflisse una vita di dolore alle persone che gli erano più vicine».
Durante gli anni del liceo Nick si appassiona molto allo sport, diventa un velocista, gioca nella squadra di rugby in C1 e ne diventano capitano, tanto che i suoi compagni di scuola di allora lo ricordano come un ragazzo sicuro di sé, che lo definiscono come “pacatamente autorevole”. Ma quello che può descrivere meglio Nick sono proprio le parole riportate dal padre, quando, durante un colloquio scolastico, riferì che il preside gli disse, a proposito del figlio: «Nessuno sembra conoscerlo bene». Questa frase nasconde in realtà la vita di un ragazzo e di un talento che ha dovuto combattere con la depressione per i pochi anni che è riuscito a sopravvivere. Sopravvivere, già, quella di Nick Drake è una poetica talmente misteriosa, talmente in bilico, che la malattia lo annienterà. Eh no, il suo genio non è stato aumentato dalla sua sofferenza, anzi, come la sorella più volte dirà, il suo talento è stato espresso in maniera magnifica e sontuosa negli album prima della malattia. Ma non si parla solo di depressione, perchè dopo la sua morte gli verrà diagnostica la schizofrenia. Intanto però Nick inizia a curarsi con l’elettroshock e da quel momento non sarà più lo stesso, vivrà sopravvivendo a qualcosa che gli stava strappando via il cervello e che gli stava trasformando l’anima in un brandello di fogli di carta, alla fine poi destinati al fuoco, a bruciare.
Ma torniamo indietro, a quando nel 1964, ancora a scuola, forma il suo primo gruppo: i “Profumed Gardeners”. Nick è la voce, ma suona anche il clarinetto e il sassofono. Con il suo gruppo ripropone pezzi jazz, canzoni degli Yardbirds. Suonano musica raffinata e d’eccellenza, ma non musica pop, per cui Drake non avrà mai una grande passione. La musica diventa il perno centrale della sua vita, e nel 1965 acquisterà la sua prima chitarra acustica, quello strumento che lo renderà unico, che non lascerà mai e che sarà la pillola più dolce della sua esistenza. Finito il liceo, Nick vince una borsa di studio a Cambridge. Durante questi anni trascorre sei mesi all’Università di Aix-Marseille, iniziando a suonare anche per strada per racimolare qualche soldo. Iniziano i primi viaggi in Marocco, l’uso della cannabis e lo sperimentare l’lsd e i nuovi allucinogeni. Ritorna a Cambridge, ma nonostante i buoni risultati, Nick non è più lo studente e lo sportivo brillante del passato. Preferisce rimanere nella sua stanza ad ascoltare musica e fumare cannabis. Sembra a poco a poco allontanarsi dalla società e sembra sempre di più chiudersi nel suo mondo.
Nel 1967 c’è l’incontro che cambia le sorti della carriera musicale: conosce uno studente di musica il cui nome è Robert Kirby, che sarà l’arrangiatore degli archi e dei fiati nei primi due suoi album. Nick inizia ad esibirsi nei localini inglesi, e in uno di questi, al Roundhouse di Camden Town viene scoperto dal bassista del gruppo musicale “Fairport Convention”, che ne rimarrà estasiato e che deciderà di presentarlo ad uno dei maggiori produttori di musica americana, Joe Boyd, che da quel momento diventerà una figura fondamentale per il giovane Drake. «A quei tempi non avevi le cassette: mi portò un nastro a bobina che aveva fatto a casa. A metà della prima canzone, ho pensato che fosse davvero speciale. L’ho chiamato e lui è tornato, abbiamo parlato, e dissi subito: “Vorrei fare un disco”. Ha balbettato: “Oh, beh, sì. Ok”. Nick era un uomo di poche parole».
Vent’anni ed il primo contratto discografico, per quello che sarà in futuro indicato come la stella più brillante della musica “oscura” e misteriosa, di quella malinconia sottile, che ti buca l’anima. Five Leaves Left è un album pieno di talento, ricco di sfumature, un disco nato con molte problematiche, per lo studio, per gli arrangiamenti, per la ritrosia di Nick, per il fatto che non ebbe una buona commercializzazione tra passaggi radio e stampe. In molti non volevano passarlo in radio, i giornali lo definirono come un album “poco vario”. Nick non aveva detto a nessuno che aveva firmato un contratto e che aveva appena pubblicato il suo primo album e la sorella Gabrielle, più in là disse: «Nick era molto riservato. Sapevo che stava facendo un album, ma non sapevo a che punto fosse fino a quando non è entrato nella mia stanza e ha detto: “Eccoti qui”. L’ha gettato sul letto ed è uscito».
Nick lascia gli sudi universitari, contro la volontà del padre che vorrebbe che terminasse gli studi per avere una via di sicurezza, ma Nick è proprio questo che non vuole: avere una via di sicurezza. Si trasferisce a Kensington prima nella casa della sorella, poi nel suo primo monolocale a Camden Town. Nel 1970 si esibisce alla Leicester University. Di quella esibizione il cantante Michael Chapman avrà un ricordo doloroso, descrivendo Nick come un artista già incompreso dal pubblico: «lui era lì, non diceva una parola e il pubblico non si aspettava quella delicatezza e quella fragilità». Nick Drake portava avanti in silenzio quella sua devastante malinconia e delicatezza, sul filo della fragilità, sempre in bilico, di un talentuoso ragazzo che regalerà gemme preziose per l’anima come River Man, Time of no Reply, Bryter Layter. Restio ad esibirsi in pubblico, i suoi concerti divennero poche occasioni dove Nick si esibiva di fronte a un piccolo pubblico. Nick voleva far conoscere la sua musica ma sembrava già essere rimasto strozzato e schiacciato dalla poca riuscita del suo primo album.
Il mentore di Drake si trasferisce a Los Angeles, lasciando Nick solo. Da questo momento in poi il suo atteggiamento inizia ad essere sempre più estremo. Nel 1970 è l’ultima sua apparizione pubblica, in cui appare nervosissimo e molto timido: abbandona il concerto a metà. Quando la sua situazione mentale peggiora, la famiglia lo convince ad andare da uno psichiatra, lui si vergogna ed è profondamente preoccupato dall’effetto che i farmaci possano avere su di lui e sul suo consumo di cannabis. Inizia a chiudersi in sé stesso e a non voler vedere più nessuno, le sue psicosi aumentano, passa il tempo a consumare quantità incredibili di cannabis ed esce solo per comprare le droghe. Inaspettatamente arriva Pink Moon: quello che sarà, post morte, il gioiello del talentuoso ragazzo inglese che aveva sperato che le persone lo avrebbero capito, avrebbero capito la sua fragilità, la sua timidezza, il suo non voler esibire la sua arte ma in fondo solo donarla attraverso i suoi album.
Torna a casa dei genitori, perché è l’unico posto dove può stare. Quella famosa uscita di sicurezza, che il padre tanto desiderava per lui con la laurea, Nick la trova solo nella morte quel 25 novembre del 1974, quando viene trovato in camera sua dalla madre, dopo un’overdose di psicofarmaci, con accanto una lettera indirizzata a Sophia Ryde, ragazza che non si sa che ruolo abbia avuto nella sua vita, e una copia de Il mito di Sisifo, di Camus.
A ventisei anni se ne va un talento che verrà riconosciuto solo dopo la sua morte, se ne va un ragazzo ossessionato dalla sua chitarra e dalla ricerca della sua fragilità. Quella di Nick Drake è la storia di un talentuoso, di un incompreso, della luce nell’oscurità. La malattia di Nick non ha allargato il suo genio, la malattia si è presa la sua anima, ha raccolto quei piccoli pezzetti di carta e li ha fatti bruciare, per poi diventare luce e calore per tantissimi artisti, come la luna, che splende solo nell’oscurità.