I decreti del governo Meloni
Separazione delle carriere, a Nordio non resta altro…
Ma il Ministero della giustizia si trova sempre a via Arenula o si è trasferito a piazza del Viminale? Leggendo i provvedimenti in materia di giustizia approvati in questi primi due anni dal governo Meloni, il sospetto è quanto mai fondato.
Giustizia - di Paolo Comi
Ma il Ministero della giustizia si trova sempre a via Arenula o si è trasferito a piazza del Viminale? Leggendo i provvedimenti in materia di giustizia approvati in questi primi due anni dal governo Meloni, il sospetto è quanto mai fondato.
Sulla decisione, ad esempio, di spostare il mese scorso la competenza dei ricorsi dei migranti che chiedono asilo alle Corti d’appello, esautorando così le sezioni protezione internazionale presso i tribunali, lo zampino del Ministero dell’interno è evidentissimo. Il trasferimento ha poi il sapore della beffa in quanto tali sezioni erano state recentemente potenziate negli organici proprio da Carlo Nordio. Un cortocircuito che non è passato inosservato e che ha evidenziato ancora una volta la difficoltà del Guardasigilli, sempre più travolto dalle differenze di pensiero in materia di giustizia all’interno della sua stessa maggioranza, di imporre la propria linea. Che il Nordio liberale e garantista fosse solo un ricordo si era però capito subito.
Il primo provvedimento in materia di giustizia era stato infatti il decreto “Rave” del 31 ottobre 2022. Un decreto che prevede la reclusione da 3 a 6 anni di prigione e la multa da 1000 a 10mila euro per chi “organizza o promuove l’invasione di edifici o terreni al fine di realizzare un raduno musicale o avente altro scopo di intrattenimento”. A seguire, il 10 marzo 2023, era arrivato il decreto “Cutro” che ha modificato il testo unico dell’immigrazione, il dlgs Turco-Napolitano, inserendo l’articolo 12bis: “Morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina”, punito con la reclusione da 15 a 24 anni. La pena arriva 30 anni in caso di morte di più persone.
E come dimenticare il decreto “Caivano” che ha modificato il codice penale prevedendo un nuovo reato, il 421-bis, “Pubblica intimidazione con uso di armi”, e la legge sulle armi del 1975, con l’introduzione del divieto di “porto di armi per cui non è ammessa licenza”? Le pene, anche in questo caso, sono altissime e vanno dai 3 agli 8 anni di prigione. Poi ci sono aggravanti se il porto illegale avviene vicino a scuole, banche, parchi e stazioni. Il decreto Caivano, per la cronaca, ha previsto anche il 570-ter codice penale, “Inosservanza dell’obbligo dell’istruzione dei minori”, con pene fino a 2 anni. La pena è di un solo anno se il minore, pur andando a scuola, fa delle assenze che non sono giustificate dai genitori. Tutti provvedimenti “pensati” al Ministero dell’interno e quindi in ottica puramente repressiva e finalizzata al controllo di polizia, che hanno prodotto in questi due anni una girandola di nuovi reati, tutti con pene altissime.
L’ultimo smacco in ordine di tempo per Nordio è stato il dl “Cyber” che doveva aumentare i poteri della Direzione nazionale antimafia in materia di criminalità informatica. Visto che in questo momento la Dna è nel mirino di ampi settori della maggioranza, la norma venerdì scorso è stata subito stralciata dal Consiglio dei ministri. “La Procura nazionale antimafia nasce da un’idea di Falcone, magistrato eroico ucciso dalla mafia a Capaci proprio per il suo serio impegno. La Procura antimafia, nel tempo, ha assunto anche responsabilità antiterrorismo, visto quello che è successo nel mondo dopo il tragico 11 settembre del 2001. Ora voleva estendere le sue competenze a vicende di criminalità informatica. Abbiamo stoppato questo tentativo”, ha dichiarato euforico Maurizio Gasparri, presidente dei senatori di Forza Italia. Era stato il procuratore antimafia Giovanni Melillo ad indicare a Nordio il testo.
“Prima di dare ulteriori poteri a una istituzione fondamentale voluta da Falcone e che poi ha avuto vicende abbastanza discutibili, si deve accertare la verità su quanto è accaduto”, ha aggiunto Gasparri, riferendosi ai dossieraggi effettuati dal tenente della Gdf Pasquale Striano, in servizio per anni presso la Procura antimafia. A Nordio non rimane quindi che puntare alla separazione delle carriere dei magistrati dimenticando però che si tratta di un provvedimento di iniziativa parlamentare che solo successivamente è stato fatto proprio dal governo. Un po’ poco per le aspettative iniziali.