Come ampiamente previsto, e paradossalmente anche auspicato dallo stesso Olaf Scholz, il cancelliere tedesco ha visto il Bundestag, il parlamento tedesco, sfiduciare il suo governo.
Un passaggio atteso da inizio novembre, quando il governo “semaforo” guidato dal leader dei socialdemocratici, composto dalla stessa Spd assieme a Verdi e Liberali, si era dissolto per la guerra intestina agli alleati sulla legge finanziaria per il 2025: attriti in particolare tra Scholz e Robert Habeck da una parte, ministro dell’Economia e leader dei Verdi, e dall’altra Christian Lindner, leader del Partito Liberale Democratico e ministro delle Finanze.
Il governo si era trovato senza maggioranza dopo il licenziamento di quest’ultimo e la conseguente uscita dall’esecutivo dei ministri Liberali. Con un accordo tra i partiti di maggioranza e quelli di opposizione, in particolare la CDU, l’Unione Cristiano-Democratica di Friedrich Merz, si era giunti ad un accordo per una data delle elezioni anticipate il 23 febbraio 2025, col ritorno al voto senza crisi di governo che era atteso nell’autunno prossimo.
Per arrivare al voto serviva però un voto di sfiducia al Bundestag, arrivato nel pomeriggio di lunedì 16 dicembre. Un risultato atteso e raggiunto: 207 parlamentari hanno votato la fiducia, 394 erano contrati e 116 si sono astenuti (serviva 367 per sfiduciare il governo Scholz).
Il grande favorito per la vittoria il 23 febbraio è la CDU di Friedrich Merz, ma l’attuale scenario non permetterà al centrodestra di ottenere i numeri al Bundestag per governare da solo. I Cristiano-Democratici dovranno cercare un alleato tra le fila dell’attuale governo: i Liberali di Lindner sono politicamente i più vicini al centrodestra, ma al momento i sondaggi li danno sotto la soglia di sbarramento del 5 per cento per entrare in Parlamento.
I Verdi sulla politica estera e in parte su quella economica non sono in aperto conflitto con Merz, ma una importante fetta del partito è contraria a virare a destra. Resterebbe la Spd di Scholz, riconfermato dal partito come candidato alla cancelleria nonostante un tasso di popolarità rasoterra, per una possibile riedizione della “Große Koalition” dei tempi di Angela Merkel.
Per il momento sembra invece reggere il “cordone sanitario” nei confronti di Alternative für Deutschland, il partito post-neo-nazista guidato da Alice Weidel che per ora resta isolato: non a caso nel corso della discussione di oggi al Bundestag l’AfD ha colpito soprattutto i Cristiano-Democratici con l’obiettivo di sottrarre il voto più conservatore del partito.