Iuventa chiede risarcimento
Naufragi fantasma nel Mediterraneo: raffica di allarmi senza soccorso
L’armatore della Iuventa, per 7 anni ingiustamente confiscata dall’Italia e mandata in malora, chiede il risarcimento per aver avuto indietro un ammasso di rottami
Cronaca - di Angela Nocioni
Chiede il risarcimento danni la nave di soccorso Iuventa additata come “taxi del mare” e fatta arrugginire mentre era in stato di confisca sotto la responsabilità dello Stato italiano. Tenuta illegittimamente sequestrata dallo Stato dall’agosto 2017 al giugno 2024 durante un processo all’equipaggio conclusosi ad aprile scorso con l’assoluzione con formula piena di tutti gli imputati. Lo Stato l’ha mandata in malora. Lo Stato ha restituito un ammasso di rottami.
Ora l’organizzazione Jugend rette, armatrice della nave, chiede conto all’Autorità portuale di Trapani e al Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, guidato da Matteo Salvini, della violazione del dovere di custodia. Una perizia del 2022 aveva già indotto il tribunale di Trapani, dove si è svolto il processo penale, ad ordinare il ripristino della nave alle condizioni “precedenti al sequestro”. Sono state eseguite però solo misure di stabilizzazione minime per evitare l’affondamento della nave, sono state rifiutate le riparazioni complete.
Naufragi e allarmi: soccorso a rischio
Negli ultimi giorni, sulla base delle segnalazioni di Alarm Phone, si può ipotizzare che più di 150 persone siano scomparse nelle acque internazionali del Mediterraneo centrale. C’è stata una serie di imbarcazioni in difficoltà segnalate e mai ritrovate. Mentre i mezzi più piccoli del soccorso civile hanno potuto sbarcare i naufraghi a Lampedusa (e già si sta tentando di complicargli il rientro con l’assegnazione da parte del Comando centrale di Roma del più lontano porto di sbarco di Porto Empedocle) alle navi umanitarie più grandi vengono assegnati porti sempre più distanti e le si costringe a tornare indietro con qualche decina di naufraghi a bordo quando potrebbero soccorrerne ancora centinaia. Alla Ocean Viking di Sos Mediterranée che nello Ionio meridionale ha effettuato un secondo soccorso assai complesso, in concorso e sotto coordinamento con la Guardia costiera italiana, è stato assegnato il porto di sbarco di Ravenna.
Stanno riprendendo ad arrivare anche pescherecci partiti dalla Turchia, una rotta di fuga che impone lunghi giorni di navigazione e moltiplicati rischi di ipotermia. Si ha notizia di partenze anche lungo un’altra rotta che si riteneva chiusa, quella dalla Cirenaica del generale Haftar, sempre più sotto l’influenza russa, dopo il rovesciamento di Assad in Siria. Secondo quanto pubblicato da Sergio Scandura, di Radio Radicale, nella giornata di sabato 14 dicembre, 129 naufraghi: di cui 43 le donne, una incinta, 43 i bambini, incluso un bimbo di mese, a bordo di un piccolo peschereccio di acciaio lungo circa 15 metri, partito dalla Turchia, sono state salvate a 76 miglia nautiche dalle coste calabresi in condizioni di mare avverso, con una operazione di soccorso congiunta della Ocean Viking e della Guardia Costiera italiana. I naufraghi hanno detto di essere partiti dalla Turchia sei giorni prima. Due delle donne salvate erano in ipotermia e hanno avuto un collasso. Nonostante le condizioni dei naufraghi, e la presenza di molti minori, la nave non è stata fatta attraccare in un porto calabrese ma è stato ribadito come porto di sbarco Ravenna.
Nelle stesse ore la ResQ People ha soccorso 63 persone tra la Tunisia e Lampedusa, 50 pakistani, bangladesi, egiziani, partiti da Zuwara (Libia) e soccorsi da motovedette Frontex. Il Viminale ha ordinato che la nave, che si trovava già a sole 7 miglia dall’isola di Lampedusa, dovesse raggiungere Porto Empedocle. Dopo il salvataggio dei primi 63 naufraghi, nelle acque internazionali del Mediterraneo centrale, “la ResQ People non è riuscita ad intervenire su una seconda barca in difficoltà. Le autorità tunisine hanno impedito l’ingresso nelle acque territoriali. L’ultimo contatto con le 47 persone che chiedevano aiuto è di sabato sera alle 23.30, quando hanno comunicato che una persona era morta cadendo in acqua”.