La notizia l’ha pubblicata ieri Il Giornale: gli spioni di Equalize (fabbricatori di dossier sui quali sta indagando la magistratura) avevano ottimi rapporti coi giornalisti della trasmissione tv (Rai) Report.
Sigfrido Ranucci – direttore di Report – smentisce, ma i rapporti dei carabinieri non sembrano offrire vie di fuga. Report è una trasmissione di punta della Rai, simpatizzante dei 5 Stelle, e infatti Ranucci è l’unico sopravvissuto, tra i conduttori non del centrodestra, al piazza pulita di Telemeloni. Report è appena uscito da una polemica vivace per avere messo in onda l’intercettazione di una telefonata privatissima tra l’ex ministro Sangiuliano e sua moglie. In realtà non si è trattato di una vera e propria polemica, perché chiunque abbia avuto anche da lontano a che fare col giornalismo sa che – come ha scritto anche Aldo Grasso sul Corriere – l’uso di telefonate private a puro scopo scandalistico c’entra poco col giornalismo e parecchio con la spazzatura.
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Qui però la questione non riguarda il buon gusto o il basso livello professionale ma la natura stessa dell’informazione che viene fornita dalla Rai. Dovrebbe forse occuparsene la Commissione di vigilanza? Recentemente Marco Travaglio ha sostenuto che non tocca al Parlamento controllare la Rai, perché invece dovrebbe essere la Rai a controllare il Parlamento. Avrà pure ragione, ma qui ci troviamo in una situazione diversa: sono dei servizi segreti, per di più privati, a controllare la Rai. E la cosa non va bene. Sicuramente l’informazione controllata e governata dalle spie non è libera informazione ma è complotto. Il fatto è che negli ultimi 40 anni gli 007 hanno penetrato profondamente il sistema dell’informazione. Soprattutto la carta stampata – che ancora adesso, nonostante la sua crisi, ha un ruolo di guida nei mass media – ha subito una vera e propria trasformazione.
Quarant’anni fa il giornalista giudiziario aveva un ruolo importante ma non di vertice nei giornali. I giornalisti più prestigiosi erano i corrispondenti dall’estero, i giornalisti politici, gli analisti di economia. Dal 1992 in poi, con “mani pulite” e la nascita di veri e propri pool di giornalisti giudiziari che trasversalmente condizionavano le direzioni dei giornali, tutto è cambiato. Allora, noi giornalisti un po’ snob chiamavamo i nostri colleghi più collegati con procure o servizi segreti, “Le buste gialle”. Perché osservavamo che ogni tanto arrivavano in redazione delle grandi buste gialle, anonime, che venivano consegnate al cronista, e una mezz’oretta dopo la consegna veniva annunciato lo scoop. Poi, da un certo momento in poi queste buste gialle iniziarono a dettare il “timone”. Timone è una parola di gergo che significa più o meno progetto del giornale del giorno dopo. E poi le “buste gialle” iniziarono a crescere nella gerarchia, e diversi di loro divennero direttori e vicedirettori.
Da quel momento tutto il sistema dell’informazione è diventato un sottosistema delle Procura e degli 007. Lo ha scritto in modo molto chiaro Luca Palamara, nel suo libro, anche indicando nomi e cognomi di alcuni giornalisti famosi collegati con gli 007. Poi l’inchiesta sul “club Striano”, gli spioni della superprocura antimafia che scambiavano notizie con i giornalisti di Domani, ma probabilmente non solo di Domani. Ora c’è “Equalize”. Il paradosso è che questa attività di dossieraggio e di gossip viene spesso chiamato “giornalismo di inchiesta”. Mah. L’inchiesta vera andrebbe fatta sul giornalismo. E sui giornalisti.