Il "cold case"
Simonetta Cesaroni, per il delitto di via Poma nuove indagini: l’ombra dei servizi segreti sul caso
Sulla morte di Simonetta Cesaroni, la 21enne contabile part-time uccisa il 7 agosto 1990 negli uffici della AIAG, Associazione Italiana Alberghi della Gioventù, si deve continuare ad indagare.
Lo ha deciso il gip di Roma Giulia Arcieri disponendo nuove indagini sul “delitto di via Poma”, lì dove Simonetta, è morta uccisa da 29 coltellate, nel quartiere Prati della capitale.
Il ‘no’ all’archiviazione delle indagini chiesto dalla Procura capitolina viene motivato dal gip con la richiesta di andare fino in fondo su una pista: quella della possibile presenza negli uffici dell’AIAG in cui venne uccisa Cesaroni di documenti riservati di proprietà dei servizi segreti. La tesi del gip Arcieri, secondo quanto riferisce Repubblica, è che sulle prime indagini compiute quasi 35 anni fa c’era un particolare interesse nel non far arrivare nelle mani degli investigatori e dei magistrati quei documenti.
Per la gip infatti “appare del tutto verosimile che sin dall’inizio le indagini siano state inquinate per proteggere soggetti e/o interessi dei servizi segreti (…) come le persone in rapporti con l’AIAG”.
Un particolare focus la gip lo chiede sul colpo messo a segno nel 1999, nove anni dopo la morte di Simonetta Cesaroni, nella cittadella giudiziaria di Roma ad opera di Massimo Carminati. L’ex Nar, protagonista dell’inchiesta “Mafia Capitale”, guidò il commando che tra venerdì 16 e sabato 17 luglio 1999 svuotò parzialmente il caveau del tribunale di Roma.
Il giudice chiede dunque alla Procura di sentire una serie di personaggi mai ascoltati prima: tra questi, scrive ancora Repubblica, ci sono Carmine Belfiore, ex questore di Roma e numero due della polizia, e Sergio Costa, ex 007 e genero dell’allora capo della polizia Vincenzo Parisi.
Tra le persone che andranno sentite dai pm anche i colleghi e i datori di lavoro di Simonetta, per tentare nuovamente di ricostruire cosa accadde quel 7 agosto 1990, l’incredibile sequenza di incongruenze che hanno reso l’omicidio di via Poma un “cold case”.
Nel corso degli anni vi sono state plurime indagini e processi, sotto accusa sono finite diverse persone: per primo Pietrino Vanacore, portiere dello stabile in cui avvenne l’omicidio di Simonetta, quindi Salvatore Volponi, il datore di lavoro della vittima, poi Federico Valle, il cui nonno Cesare Valle era progettista del complesso e risiedeva nello stabile, infine Raniero Busco, fidanzato di Simonetta. Tutte nel corso degli anni sono state scagionate dalle accuse.