Il vicepremier fuori gioco

Meloni rilancia sull’Albania e lascia fuori Salvini: il vertice senza il Capitano che sogna il Viminale

La premier può contare sul sostegno di Von der Leyen, rivolta a suo favore la sentenza della Cassazione sui paesi sicuri. Anche l’assoluzione del ministro è più utile a lei che all’interessato, ma Giorgia non ci pensa proprio

Politica - di David Romoli

24 Dicembre 2024 alle 09:00

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LaPresse/Palazzo Chigi/Filippo Attili
LaPresse/Palazzo Chigi/Filippo Attili

Giorgia Meloni non ha alcuna intenzione di arrendersi sul protocollo italo-albanese e a questo punto, se anche volesse tirarsi indietro, non potrebbe farlo senza perdere la faccia. Dalla Finlandia, domenica, ha annunciato un vertice di maggioranza che si è poi puntualmente svolto ieri pomeriggio a Chigi. Con la premier c’erano tutti i ministri interessati: Tajani, Esteri, in collegamento da Pristina, Piantedosi, Interni, Crosetto, Difesa, Foti, Pnrr, più il sottosegretario alla Presidenza Mantovano e il Consigliere diplomatico Saggio. Insomma, tutti meno Salvini che avrebbe tranquillamente potuto essere invitato come vicepremier. Assenza significativa.

Il vertice in sé era una formalità diplomatica e il comunicato conclusivo, scarno, lo conferma: “Ferma intenzione di continuare a lavorare sulle soluzioni innovative”. Traduzione: sull’esternalizzazione dei centri di rimpatrio. Il vertice serviva in realtà soprattutto a notificare con grancassa che la partita albanese è tutt’altro che conclusa.
La decisione in effetti era già presa: i trasferimenti ripartiranno dopo l’11 gennaio, quando entrerà in vigore il decreto che trasferisce la decisionalità sui “trattenimenti” dalle sezioni Immigrazione dei tribunali alle Corti d’Appello, considerate – chissà se a ragione o a torto – più malleabili. In sospeso ci sono ancora diverse sentenze, quelle sui ricorsi presentati dal governo dopo le sentenze che avevano vanificato i primi due tentativi di trasferimento. Ma la premier non ha intenzione di aspettare. Vuole ripartire subito e ritiene di avere stavolta carte vincenti da giocare.

La prima è il sostegno assoluto della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che ha presentato alla fine della settimana scorsa una lettera coincidente in ogni singolo punto con la strategia italiana: l’urgenza di ridefinire già nei primi mesi del prossimo anno i Paesi sicuri”, sia per il transito che per il rimpatrio all’interesse per hub dislocati in Paesi terzi, cioè per il protocollo italo-albanese, la “soluzione innovativa”. L’appoggio dell’Europa, inclusi i Paesi governati da esponenti del Pse, è fondamentale ma il governo interpreta anche la sentenza di Cassazione della settimana scorsa come un punto a favore: conferma che il diritto di stilare la lista dei “Paesi sicuri” spetta al governo, anche se prosegue legittimando l’intervento dei magistrati sui singoli casi. Una di quelle sentenze scritte perché ognuno potesse trovarci qualcosa per darsi ragione.

Ma gioca a favore della premier anche l’assoluzione di Salvini, in realtà molto più utile a lei che all’assolto. La linea dura, fragorosa, comiziante e destinata a entrare in rotta di collisione con l’Ue è roba del passato. La sentenza che legittima la “difesa dei confini” non la resuscita e, al contrario, avvantaggia la linea della premier, identica negli obiettivi, ma molto distante nei metodi, concordata e sponsorizzata dall’Europa. Politicamente Salvini è fuori gioco, lo sa e per questo tenta il rientro in gioco come ministro degli Interni. Giorgia non ci pensa per niente. Lo ha detto chiaramente dalla Finlandia. Ha fatto seguire alle parole i fatti col mancato invito di ieri.

24 Dicembre 2024

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