Nella capitale

Evin: il carcere dei dissidenti a Teheran, dov’è detenuta la giornalista Cecilia Sala in Iran

Costruito ai tempi dello scià, è diventato il luogo simbolo della repressione della Repubblica Islamica. La giornalista italiana si trova in una cella di isolamento, anche la travelblogger Alessia Piperno vi fu detenuta

Esteri - di Redazione Web

29 Dicembre 2024 alle 09:54

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Iranian pro-government demonstrators hold posters of the Supreme Leader Ayatollah Ali Khamenei during their rally condemning recent anti-government protests over the death of Mahsa Amini, a 22-year-old woman who had been detained by the nation’s morality police, in Tehran, Iran, Sunday, Sept. 25, 2022. (AP Photo/Vahid Salemi)
Iranian pro-government demonstrators hold posters of the Supreme Leader Ayatollah Ali Khamenei during their rally condemning recent anti-government protests over the death of Mahsa Amini, a 22-year-old woman who had been detained by the nation’s morality police, in Tehran, Iran, Sunday, Sept. 25, 2022. (AP Photo/Vahid Salemi)

Il carcere di Evin, dov’è stata detenuta la giornalista italiana Cecilia Sala, è considerato un simbolo della repressione della Repubblica Islamica. È nota per essere la struttura dove vengono imprigionati oppositori politici e giornalisti. Sala è stata fermata il 19 dicembre, un giorno prima del ritorno in Italia. Era arrivata in Iran con un visto di otto giorni, indagava sul campo le ripercussioni della caduta del regime di Bashar Al Assad in Siria, alleato di Teheran. La notizia è stata tenuta riservata da fonti accreditate e media informati per favorire le trattative diplomatiche. A sciogliere il riserbo è stata la Farnesina con una nota diffusa venerdì 27 dicembre. “È in buona salute, è in una cella da sola, a differenza della giovane Alessia Piperno che invece era in cella con altre persone che non parlavano nessuna lingua se non la loro. Adesso riceverà attraverso il Ministero degli esteri dell’Iran, su consegna della nostra ambasciata, beni di prima necessità”.

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha ammesso che ancora non risulta alcun atto di accusa per la giornalista. “L’avvocato non ha ancora avuto la possibilità di visitarla in carcere. Speriamo che lo possa fare nei prossimi giorni e che possa avere quanto prima dei capi di imputazione precisi”, ha dichiarato il vice primo ministro. “Difficile dirlo, io mi auguro che siano brevi, però non dipende da noi, noi stiamo cercando di risolvere una questione che è complicata e di garantire intanto che sia Cecilia Sala sia detenuta nelle migliori condizioni possibili, che possa ricevere visite consolari, che possa parlare con la famiglia e quindi che abbia un trattamento normale”. Sala a oggi ha parlato due volte con i genitori e con il compagno Daniele Raineri, inviato di guerra, e ha incontrato l’ambasciatrice italiana a Teheran.

Il carcere di Evin a Teheran: simbolo della repressione dell’Iran

Il carcere di Evin è stato fondato nel 1972, sotto il regime dello scià Reza Palavi, ha una sezione maschile e una femminile. Può accogliere fino a 15mila persone, secondo diverse testimonianze in condizioni degradanti. Associazioni e ong denunciano da tempo violazioni dei diritti umani, violenze ed episodi di tortura fisica e psicologica. Nel 2022 vi fu detenuta per oltre un mese Alessia Piperno, travelblogger, per ragioni mai completamente spiegate.

Sono stati detenuti anche la note attrice iraniana Taraneh Alidoosti e il regista Jafar Panahi: entrambi arrestati per motivi politici e poi rilasciati. A Evin sono ancora rinchiusi, fra gli altri, l’attivista Narges Mohammadi, vincitrice del Premio Nobel per la Pace nel 2023, e lo scienziato-svedese-iraniano Ahmadreza Djalali, condannato per spionaggio per conto di Israele.

Il movimento “Donna, vita, libertà” dopo la morte di Mahsa Amini

Il carcere di Evin stato particolarmente affollato dopo le proteste scatenate dalla morte di Mahsa Amini, 22enne di origini curde deceduta in stato di fermo per aver indossato in maniera non corretta l’hijab. Le manifestazioni sono state represse nella violenza. I dati restano imprecisi e parziali, ma secondo alcune organizzazioni oltre 500 manifestanti furono uccisi e più di 19mila furono arrestati.

Donna, vita, libertà” è stato lo slogan che ha accompagnato la più grande ondata di protesta contro la teocrazia iraniana dalla rivoluzione del 1979. Lo slogan ha risuonato nelle piazze e nelle strade di tutte le città acquisendo notorietà internazionale, è stato riproposto anche ai Mondiali di Calcio in Qatar sollecitando ulteriore dibattito sul caso e sulle proteste.

29 Dicembre 2024

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