Le indiscrezioni
Perché Elisabetta Belloni si è dimessa dai servizi segreti: la lite con Meloni, i rapporti tesi con Tajani e Mantovano
Dimissioni nate da una “decisione personale”, l’addio alla guida del Dis, i servizi segreti, il 15 gennaio prossimo e la smentita di un incarico già certo a Bruxelles, su chiamata di Ursula von der Leyen per occuparsi di immigrazione.
Sull’addio di Elisabetta Belloni al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, al di là delle dichiarazioni ufficiali di circostanza, circolano indiscrezioni che fanno emergere un quadro dei rapporti tesissimo tra la stessa Belloni e alcuni tra i massimi esponenti dell’esecutivo Meloni, a partire dalla stessa premier, dal fedelissimo sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, titolare della delega alla Sicurezza, e del ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Tensioni esplose quando Repubblica anticipa l’addio al Dis di Belloni, un mandato che sarebbe scaduto a maggio del 2025 ma chiuso in anticipo e nel mezzo di un periodo a dir poco complicato per la diplomazia italiana, dall’arresto in Iran di Cecilia Sala alle ancora più recenti polemiche per un possibile accordo sulla cybersecurity tra il governo e SpaceX, l’azienda di Elon Musk.
Proprio il caso Sala sarebbe stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso: il Corriere della Sera riferisce che sulla vicenda Belloni, nominata nel maggio 2021 a capo del Dis, che coordina le agenzie di intelligence Aise e Aisi, dopo aver lavorato al ministero degli Esteri con diversi governi di centrodestra e centrosinistra, sarebbe stata tenuta lontana dal dossier. Trattative col regime di Teheran accentrate invece a Palazzo Chigi, col duplex composto da Giorgia Meloni e Alfredo Mantovano, e gestito dall’Aise di Gianni Caravelli.
Modalità di addio di Belloni, che aveva consegnato la lettera di dimissioni il 23 dicembre scorso, accolte con astio dalla premier, che avrebbe telefonato alla dimissionaria numero uno del Dis: Repubblica cita proprie “fonti di primo piano” che raccontano di un colloquio “teso, a tratti aspro”, con la premier ad accusarla di aver dato la notizia in pasto ai giornali. Tesi questa negata con forza: “è una notizia che certo non ho dato io”.
Ma già prima del caso Sala, che Belloni avrebbe voluto gestire diversamente a detta di alcuni suoi collaboratori, c’era stato screzi con esponenti del governo. Di Belloni si parlava per esempio per l’incarico di ministro del Pnrr dopo la nomina di Raffaele Fitto a commissario europeo: una nomina stoppata con forza dal ministro degli Esteri Antonio Tajani. Un rapporto mai nato quello tra Belloni e il titolare della Farnesina e che si deve ad un precedente e ad un possibile scenario futuro: il precedente è la candidatura di Belloni al Quirinale promossa da Giuseppe Conte e Matteo Salvini, accordo poi stroncato dagli altri partiti, quello stesso Quirinale dove Tajani vorrebbe andare nel 2029, quando si tornerà a votare il prossimo presidente della Repubblica.