Sicilia, 1985
Sigonella: cosa c’entra la crisi Italia-USA gestita da Craxi con il caso di Cecilia Sala detenuta in Iran
La nave da crociera italiana Achille Lauro venne dirottata da quattro militati dell'FLP. Le conseguenze, con la morte di un passeggero statunitense, portarono alla trattativa tra Roma e Washington
Esteri - di Redazione Web
Con il caso di Cecilia Sala, e le trattative con l’Iran per liberare la giornalista 29enne de Il Foglio e Chora Media detenuta nel carcere di Evin, mentre a Milano è detenuto l’ingegnere iraniano Abedini arrestato su mandato degli Stati Uniti, alcuni osservatori hanno ricordato la crisi di Sigonella: quell’episodio delicatissimo in cui l’Italia decise di far valere le proprie ragioni e di non sottostare agli USA. Cominciò tutto con il dirottamento di una nave e il sequestro delle persone a bordo. Circa 400 tra membri dell’equipaggio e passeggeri.
Era il 7 ottobre del 1985 – piena Guerra Fredda – quando la nave da crociera italiana Achille Lauro, impegnata in un giro del Mediterraneo, venne dirottata da quattro militanti dell’FLP, il Fronte per la Liberazione della Palestina, gruppo radicale dell’OLP, l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina. I dirottatori si erano imbarcati a Genova con documenti falsi. Le loro operazioni scattarono al largo delle coste egiziane. Reclamavano la liberazione di una cinquantina di palestinesi detenuti in Israele.
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Breve storia della crisi di Sigonella
Una prima soluzione militare venne accantonata. Il governo italiano guidato dal primo ministro socialista Bettino Craxi trovò in Yasser Arafat, alla guida per anni dell’OLP, una sponda per arrivare ai due mediatori che misero fine al dirottamento facendo trovare ai quattro dirottatori una motovedetta diretta in Egitto, da dove avrebbero potuto partire per qualsiasi Paese arabo. Quando però la nave fu liberata, si scoprì che nella notte dell’8 ottobre era stato ucciso e gettato in mare un passeggero disabile, cittadino statunitense di religione ebraica, Leon Klinghoffer. Gli Stati Uniti si opposero allora agli accordi presi da governo italiano.
Presidente degli USA era il repubblicano Ronald Reagan, contrario dal primo momento a qualsiasi negoziazione con mediatori e dirottatori. Un aereo americano intercettò il volo che stava portando a Tunisi dirottatori e mediatori e lo costrinse ad atterrare a Sigonella, in Sicilia, dove si trovava una base NATO. Craxi prima diede il permesso a Reagan di far atterrare gli aerei statunitensi e quelli che trasportavano i dirottatori e quindi negò ai militari americani di avvicinarsi al velivolo con i dirottatori. Carabinieri italiani fecero da cordone.
La trattativa tra Craxi e Reagan fu lunga e controversa – l’Italia era pur sempre un Paese parte dell’Alleanza Atlantica – , mai del tutto chiarita in ogni dettaglio. Portò al trasferimento di mediatori e dirottatori al carcere di Siracusa. I mediatori furono portati in volo a Belgrado, uno dei quali si scoprì essere coinvolto nel dirottamento, Abu Abbas, che morì soltanto nel 2014 in Iraq dopo esser stato condannato all’ergastolo in contumacia e catturato da militari statunitensi l’anno prima. I dirottatori invece furono processati e condannati a Genova. Anni dopo si scoprì che a bordo dell’aereo con dirottatori e mediatori c’erano anche dei militari egiziani armati e che l’obiettivo primario dei dirottatori era compiere un attentato ad Ashdod, in Israele.