La giornalista 29enne
Cecilia Sala nel suo podcast dopo la liberazione: “Confusa e felice, l’Iran è il Paese nel quale più volevo tornare”
La puntata dedicata ai giorni di detenzione a Evin. "Non mi è stato spiegato perché io sia finita in una cella di isolamento. Quando non hai nulla da fare non ti stanchi, non hai sonno e non dormi. Lì dentro un’ora sembra una settimana"
Esteri - di Redazione Web
A Cecilia Sala non hanno spiegato, nel carcere di Evin a Teheran, perché sia stata arrestata e detenuta. C’era da aspettarlo: neanche la Repubblica Islamica dell’Iran, nelle sue comunicazioni ufficiali, ha mai segnalato le accuse formalizzate se non delle generiche violazioni delle leggi dello Stato. La giornalista romana di 29 anni, che lavora per Il Foglio e Chora Media, è stata liberata ieri, è atterrata a Roma a Ciampino. Era stata arrestata il 19 dicembre. Virali le immagini in cui compariva all’aeroporto con la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il compagno e collega Daniele Raineri e la famiglia.
“Sono confusa e felicissima, mi devo riabituare, devo riposare, questa notte non ho dormito per l’eccitazione e la gioia. Quella precedente per l’angoscia, sto bene, sono molto contenta”, ha detto in una nuova puntata del suo podcast, “Stories“, per la piattaforma Choramedia, per il quale è stata intervistata dal direttore Mario Calabresi. Una puntata dal titolo “I miei giorni a Evin, tra interrogatori e isolamento”.
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Sala ha raccontato che in carcere “sono riuscita a ridere due volte: la prima volta che ho visto il cielo e poi quando c’era un uccellino che faceva un verso buffo. Il silenzio è il nemico in quel contesto e in quelle due occasioni ho riso e mi sono sentita bene. Mi sono concentrata su quell’attimo di gioia, ho pianto di gioia”. Già in un post pubblicato sui suoi social questa mattina aveva fatto riferimento alle condizioni detentive. “Ho la fotografia più bella della mia vita, il cuore pieno di gratitudine, in testa quelli che alzando lo sguardo non possono ancora vedere il cielo. Non ho mai pensato, in questi 21 giorni, che sarei stata a casa oggi. Grazie”.
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Evin è considerato il carcere in cui vengono rinchiusi gli oppositori del regime iraniano. “Non mi è stato spiegato perché io sia finita in una cella di isolamento nel carcere di Evin. Questa storia comincia col fatto che l’Iran è il Paese nel quale più volevo tornare, dove ci sono le persone a cui più mi sono affezionata. Si cerca di avere uno scudo dalla sofferenza degli altri che accumuli e qualche volta delle fonti che incontri per lavoro diventano amici, persone che vuoi sapere come stanno e l’Iran è uno di questi posti”. Ha raccontato del tempo che si allunga nella detenzione: “Quando non hai nulla da fare non ti stanchi, non hai sonno e non dormi. Lì dentro un’ora sembra una settimana. Così ho iniziato a contare i giorni, a leggere gli ingredienti del pane. Desideravo un libro per immergermi in una storia che non fosse la mia”.
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