Nelle sale dal 16 gennaio

Quei 1000 raccogliticci e la trappola geniale di Garibaldi: il film “L’abbaglio” di Andò con Servillo, Ficarra e Picone

In sala dal 16 gennaio il trio de “La Stranezza” racconta un episodio tralasciato dalla storia dei Mille, quando una finta colonna militare distrae l’esercito borbonico per permettere all’eroe risorgimentale di entrare a Palermo

Spettacoli - di Chiara Nicoletti

11 Gennaio 2025 alle 19:22

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Foto Ermes Beltrami/LaPresse
Foto Ermes Beltrami/LaPresse

Roberto Andò scommette nuovamente sul trittico Ficarra, Picone e Toni Servillo, messo a punto e collaudato con La Stranezza, straordinario successo di botteghino del 2022, e realizza L’Abbaglio, film in uscita con 01 distribution il 16 gennaio.

Ispirato alla spedizione dei Mille del 1860, guidata da Giuseppe Garibaldi, interpretato da Tommaso Ragno, il film racconta la vicenda storica reale, ma rielaborata dalla fantasia, della geniale diversione architettata da Garibaldi per far credere all’esercito di Borboni di star battendo in ritirata: creare una colonna formata da feriti e da un manipolo di militi raccogliticci, guidata da uno dei suoi uomini migliori, il colonnello palermitano Vincenzo Giordano Orsini (Toni Servillo). Usando il cinema per superare la retorica dei manuali di Storia, Andò, servendosi dei suoi traghettatori di immaginazione, Ficarra e Picone nel ruolo di due figure d’invenzione, due siciliani che si infiltrano opportunisticamente nella spedizione dei Mille per arrivare in Sicilia, realizza nuovamente, com’era stato per il film precedente, una perfetta commistione tra commedia e dramma in armonia con i film della tradizione italiana.

Se La Stranezza era arrivata ad Andò attraverso il duo di comici e registi siciliani, anche L’abbaglio era destinato a compiersi, lascia intendere il regista all’inizio di un lungo incontro insieme ai suoi interpreti: “Ci sono delle storie che ti vengono incontro e questo retroscena della vicenda dei Mille mi è arrivata proprio quando, durante il tour de La stranezza, scherzavo che avremmo fatto una trilogia. Questa vicenda ha permesso a me e agli sceneggiatori Ugo Chiti e Massimo Gaudioso, di raccontare il Risorgimento con i suoi ideali, con tutte le sue istanze, e quel momento in cui tutto potrebbe accadere, potrebbe anche tutto volgere al meglio o al peggio, e in cui si incrociano come in una danza, le illusioni e le disillusioni che qui sono incarnate dai nostri personaggi principali, il colonnello Vincenzo Giordano Orsini e i due personaggi che invece sono di pura immaginazione che sono Domenico Tricot e Rosario Spitale”. Il 1860, sottolinea poi Andò, è l’anno raccontato cinematograficamente e letterariamente da Il gattopardo, a cui “siamo legati un po’ tutti ma i siciliani particolarmente, sia polemicamente che per adesione”.

ll regista de Le confessioni, da molti definito un intellettuale prestato al cinema, sul romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, trasposto sul grande schermo da Luchino Visconti aggiunge: “è come se il punto di vista del personaggio di Orsini lo renda, in qualche modo, un anti-Gattopardo, perché è un aristocratico fervente democratico, mazziniano, che nel film porta lo sguardo del dubbio, direi io, si trova in qualche modo anche a fare un esercizio, un ragionamento su quello che accadrà veramente. Sarà una vera rivoluzione? si chiede. Sarà la volta in cui veramente le popolazioni che incontra potranno ricevere un beneficio, come si attendono questi giovani idealisti che si sono messi insieme a Garibaldi?”.

Al suo quarto film diretto da Andò, Toni Servillo illustra le ragioni da attore e artista che lo spingono a continuare la collaborazione con il regista palermitano: “Siamo due uomini di teatro che condividono un profondo sentire, che non hanno mai considerato il teatro come un’anticamera per il successo cinematografico ma che lo praticano in maniera militante ,contemporaneamente al cinema. E poi, questo comune sentire in me è alimentato da questa capacità del cinema di Roberto che, attraverso la fantasia, intensifica la realtà, creando le condizioni perché un affresco storico o di natura politica come era Viva la libertà o di politica monetaria internazionale come erano Le confessioni, possa incuriosire il pubblico ad entrare in questi argomenti da una porta laterale e non soffocato o dalla cronaca o dalla storia come viene insegnata. Quindi, non vi è condizione più favorevole che collaborare con un regista con cui si condivide un profilo intellettuale, un orizzonte umano” conclude l’attore napoletano.

Dopo che Servillo svela di aver imparato ad andare a cavallo per essere più credibile sul set, è la volta di Salvo Ficarra a raccontare questa seconda esperienza con Andò insieme al compagno d’arte Valentino Picone: “noi per questo film ci prepariamo da 3-4 anni almeno. Mentre Toni andava a cavallo, noi lavoravamo molto sul siciliano, perché dovevamo rendere credibile questo dialetto” ironizza inizialmente per poi, come nei toni del film, parlare seriamente dell’esperienza con L’abbaglio:Avere la consapevolezza di alimentare la fantasia di Roberto, di vivere nella sua fantasia, è una sensazione meravigliosa. I nostri due personaggi sono due persone veramente molto piccole che non hanno completamente la consapevolezza del momento storico che stanno vivendo, semplicemente prendono un passaggio dai Mille, per scopi personali. In qualche modo la Storia li riporta dentro, ma neanche lì forse si rendono conto. Roberto poi ha sintetizzato benissimo questa storia, dicendo che racconta di un illuso e di due disillusi, ma questi due disillusi hanno, come dire, un risvolto umano importante”.

È l’Italia di oggi il punto di arrivo di L’abbaglio, il presente che viviamo, nazionalmente e internazionalmente. Roberto Andò si immedesima nel personaggio di Servillo: “Io mi sento un po’ Orsini, nel senso che mi piace questo portare il dubbio, perché in questa vicenda, anche nella dedizione con cui lui sposa, e in qualche modo si fa interprete di questa missione impossibile, ci dà il punto di vista umano, cioè si mette dal punto di vista in cui bisognerebbe mettersi anche quando si affrontano le grandi questioni che sono per ora sul campo. Quando uno pensa alla gente di Gaza, quando uno pensa alla gente che in questo momento sta soffrendo e che subisce la Storia. Si chiede: saremo veramente in grado di interpretare questa rivoluzione di cui parla Garibaldi, di cui parla Dumas? Saremo poi in grado di farla diventare reale per questa gente che vive in case in condivisione con gli animali, come si viveva in quella Sicilia? Perché quella lì fu anche l’occasione in cui il Nord scoprì il Sud. Il Risorgimento è stata una grande occasione in cui questi bergamaschi toscani, liguri, ventenni, ispirati da un ideale, andarono a vedere un sud remoto che nessuno aveva visto”.

A chi gli chiede infine, dunque, nel suo Sud, nella sua Sicilia, dove sta l’abbaglio, la falla, Andò risponde citando il giudice Falcone: “Il nemico in Sicilia è il non credere fino in fondo nelle idee, quelle che possono veramente portare il cambiamento, mettere in giro qualcosa di diverso. Nonostante questa falla, la Sicilia in altri momenti della Storia è stata all’avanguardia. La lotta alla Mafia è cominciata in Sicilia, nessuno l’ha combattuta come hanno fatto i siciliani”.

11 Gennaio 2025

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