Addio al fotografo
Oliviero Toscani: dallo scatto a Rachele Mussolini al Cornetto, ritratto di chi “ne ha fatte di tutti i colori”
Lo scatto a quattordici anni a Rachele Mussolini a Predappio. La scuola di Don Milani, il Cornetto Algida, Fellini, il progetto Razza umana e un libro: “Ne ho fatte di tutti i colori”
Spettacoli - di Fulvio Abbate
Se Oliviero Toscani nella sua felice vita professionale avesse realizzato unicamente fototessere destinate alle patenti o alle nostre ordinarie carte d’identità, bene, avremmo dovuto ritenerle altrettanto scatti d’autore. Doni del suo “occhio”, del suo ideale e irripetibile “viraggio” umano e politico. Toscani, sappiate, è stata la Bauhaus di se stesso. La famiglia ne ha restituito la morte, in seguito a uno spietato male che si è impossessata del suo corpo, immaginando Oliviero che “intraprende il suo prossimo viaggio.” A Toscani sarebbe bastato lo “scandalo” della pubblicità dei jeans a marchio italiano “Jesus” per entrare di diritto nel racconto della storia appunto sociale dell’arte. Anche unicamente quello straordinario azzardo visivo.
Dove il marketing, grazie a un claim reputato dai moralisti assai scandaloso, assumeva istantaneamente un valore rivoluzionario: “Non avrai alcun jeans all’infuori di me” e ancora: “Chi mi ama, mi segua”. Il Vaticano, dalle colonne dell’Osservatore Romano, volle volle denunciarne la “campagna blasfema”. Il giorno seguente, un inerme maresciallo della squadra del “Buoncostume”, su mandato dell’inenarrabile pretore palermitano Vincenzo Salmeri (lo si ricordi altrettanto per avere definito, tempo dopo, “disgustosa” Cicciolina ospite insieme a lui da Maurizio Costanzo a “Bontà loro”) darà mandato di sequestrare su tutto il territorio i manifesti e le fotografie della Jesus jeans. Pier Paolo Pasolini, sul Corriere della Sera, riferirà la “provocazione” di Toscani al “nuovo spirito della seconda rivoluzione industriale”, segno di secolarizzazione consumistica, dove anche la narrazione dei Vangeli era lì ad anticipare la mutazione, premonitrice, l’omologazione, sia pure fiancheggiando il coraggio di Toscani, il suo estro irregolare.
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Oliviero ha fatto dono, si sappia ancora, al mestiere quotidiano della fotografia un plusvalore militante visionario, laicamente capace di consegnare alla “comunicazione” industriale i segni della riflessione “civile”. Toscani è morto ieri, 82enne nell’ospedale di Cecina, Livorno. Era stato ricoverato per l’aggravarsi delle condizioni di salute: amiloidosi, la diagnosi. In un anno aveva perso 40 chili. “Neppure il vino riesco più a bere: il sapore è alterato dai medicinali”, raccontava, smagrito, tempo addietro in un’intervista colma di sincerità per se stesso e il suo lavoro interrotto. Aggiungeva di non temere la morte: “Basta che non faccia male. E poi ho vissuto troppo e troppo bene, sono viziatissimo. Non ho mai avuto un padrone, uno stipendio, sono sempre stato libero”. Tra le sue intenzioni, rivolgersi a Marco Cappato per ricorrere al suicidio assistito in Svizzera.
Dai jeans di ‘Chi mi ama mi segua” verranno poi, destinate alle campagne del committente “caldo” Benetton, il bacio tra un prete e una suora, i volti dei condannati a morte negli Usa, il corpo di una modella rosicchiata dall’anoressia: Isabelle Caro, 31 chili per 1,64 metri di altezza. il ragazzo consumato dall’Aids, cosi le sue campagne esemplari, intatte ancora adesso nella memoria comune, pubblica, stradale. Ciononostante non voleva essere ricordato per l’insieme del suo impegno, dei suoi molti talenti. Spiegava ancora: “Non è un’immagine che ti fa la storia, è una scelta etica, estetica, politica da fare con il proprio lavoro”. L’insieme del suo cammino è in un libro, atlante creativo: “Ne ho fatte di tutti i colori”, pubblicato nel 2022 da La Nave di Teseo. Fabrica con il supporto della famiglia Benetton e poi Colors, la rivista-manifesto che ne hanno accompagnato l’impegno: dall’ambiente al tema dei migranti, al razzismo, sulla pena di morte si è già detto.
Nel suo carnet fotografico, portfolio personale di viaggio, John Lennon e poi Andy Warhol, e ancora Muhammad Ali e Lou Reed, rimasta invece sospesa l’intenzione di ritrarre Jannik Sinner. Anche il sistema spettacolare della moda – da Donna Jordan a Claudia Schiffer e Monica Bellucci – in Toscani va oltre l’apoteosi apologetica del glamour, ogni brand con lui, prima ancora di rispondere al fatturato e alle stanze urlanti di Wall Street, segnalano una cifra sempre umanamente politica. Ne ricordiamo Carmelo Bene e Federico Fellini visti da lui, senza nessuna retorica, volti. Nato a Milano il 28 febbraio 1942, Toscani pubblica il suo primo scatto sul Corriere della Sera quattordicenne: Rachele Mussolini a Predappio il giorno della tumulazione del consorte già “duce” nella cripta di famiglia al cimitero di San Cassiano.
Diplomato in fotografia all’Università delle Arti di Zurigo, ha esordito tra i pubblicitari con una campagna per il cornetto Algida, l’Italia al mattino della gioia balneare. Poi Elle, Vogue, GQ, Harper’s Bazaar, Esquire, ma anche foto per Valentino, Chanel, Fiorucci, Esprit e Prénatal. E’ del 1982, l’incontro con il clan Benetton: i maglioni come pretesto mostrati per marcare i temi sociali dell’uguaglianza, denunciare la mafia, contrastare l’omofobia. La rivista Colors giunge nel 1991 insieme a Fabrica, la sua Bauhaus, “centro internazionale per le arti e la ricerca della comunicazione moderna”, ha una sede progettata dall’archistar giapponese Tadao Ando. Nel 2000 la rottura con il gruppo Benetton, merito o colpa proprio di una campagna fotografica sui condannati a morte negli Stati Uniti. Razza umana, nel 2007, sarà un progetto catastale: galleria di ritratti di varia umanità, censimento di tutte le caratteristiche somatiche e sociali; il genere umano. Dal 2018 al 2020 il ritorno con i Benetton, rilanciando i temi dell’integrazione, verrà però licenziato per le dichiarazioni sul crollo del ponte Morandi (“Ma a chi interessa che caschi un ponte?”).
Pluripremiato: Grand Prix de la publicité (1990), Leone d’oro all’International Advertising Festival di Cannes (1996), accademico d’onore dell’Accademia di Belle Arti di Firenze (2010) premio alla carriera dell’Art director’s club tedesco (2019), presidente onorario di Nessuno Tocchi Caino, Toscani è stato candidato alla Camera con i Radicali nel 1996 per la Lista Marco Pannella e nel 2006 per la Rosa nel Pugno. Non ha mai taciuto il suo senso di raccapriccio per il Giorgia Meloni e il suo personale di governo, ribadite lo scorso settembre ospite di Piazzapulita, su La7. Diceva di cercare “facce nuove, persone con un entusiasmo negli occhi, pretendo che non abbiano trucco, il bello è un’altra cosa”. Quanto al futuro: “Chissà, penso al cosmo, all’universo, alle stelle. Quando capiremo tutto questo, ecco, sarà il futuro”. Che peccato che le nostre fototessere non le abbia scattate lui.