La riforma costituzionale
Amnistia dopo la separazione delle carriere, Meloni tolga il veto e accolga l’appello del Papa
Se Giorgia Meloni togliesse il veto (staccandosi da Salvini) farebbe un passo notevolissimo (molto più importante dell’eventuale rimozione della fiamma dal simbolo del suo partito…).
Politica - di Piero Sansonetti
Dal giorno nel quale il governo Meloni si è insediato sono stati pubblicati (se non ho sbagliato i calcoli) circa 700 numeri dell’Unità. Credo che in ciascuno di questi numeri ci siano state delle critiche (meritatissime) al governo Meloni. E mi pare che in nessuno di questi numeri siano stati pubblicati complimenti. Oggi andiamo controcorrente. L’arrivo del voto a favore della separazione delle carriere merita un applauso.
La Camera ha approvato la legge di riforma costituzionale che stabilisce che Pm e giudici non saranno più colleghi. Questo vuol dire che il rappresentante dell’accusa non sarà più inquadrato nella stessa casella, e nello stesso ufficio, dove sta il giudice che dovrà poi decidere se dare ragione all’accusa o alla difesa. Si tratta di una riforma della Costituzione che si rende necessaria per attuare un articolo della stessa Costituzione, il 111, il quale stabilisce che il giudice deve essere imparziale e ”terzo” rispetto alla difesa e all’accusa. La parola “terzo” è inequivocabile. La Costituzione non si limita a chiedere l’imparzialità del giudice, ma pretende la sua terzietà, cioè l’equidistanza tra difesa e accusa, condizione irrealizzabile se giudice e accusa sono colleghi di ufficio.
È una riforma molto importante. Se ne discute da anni. Furono i radicali e i socialisti i primi a chiederla, ai tempi di Craxi, ma finora l’opposizione prima del Pci e poi del Pd, insieme a quella dei grillini e a quella ancora più robusta delle Procure, l’aveva resa impossibile. Diciamo che il ministro Nordio, dopo aver avallato in questi mesi una quantità industriale di provvedimenti giustizialisti, finalmente ha mandato in corsia d’arrivo una riforma buona, in linea con lo Stato di diritto, che mette un freno alle sopraffazione di alcune Procure. A questo punto però andiamo avanti. Nordio ha rispettato una delle sue promesse. Era sempre stato favorevole alla separazione delle carriere. Ora può promuovere un altro provvedimento al quale, in passato, si è sempre dichiarato favorevole: l’amnistia.
È l’unica misura ragionevole e concreta che permetterebbe lo sblocco della paralisi delle procure e dei tribunali, e la fine del sovraffollamento delle carceri che sta raggiungendo limiti assolutamente intollerabili, incivili e in contrasto con l’articolo 27 della Costituzione. Amnistia e indulto. Con una asticella la più alta possibile (diciamo a 5 o 6 anni di pena) chiesta, implorata dal papa e alla quale è favorevole anche il capo dello Stato. L’altro giorno ho partecipato a una conferenza stampa promossa dalla deputata di Fratelli d’Italia, Alessia Ambrosi.
Tutti i partecipanti, compreso padre Vittorio, cappellano di Regina Coeli, si sono dichiarati favorevoli all’amnistia. L’on. Ambrosi non l’ha detto in modo del tutto esplicito (credo per rispetto alla disciplina di partito) ma ha lasciato capire che a lei sembrerebbe una misura ragionevole. Se Giorgia Meloni togliesse il veto (staccandosi da Salvini) farebbe un passo notevolissimo (molto più importante dell’eventuale rimozione della fiamma dal simbolo del suo partito…).