Il ministro dei trasporti

Salvini parla di ponte sullo Stretto ma le ferrovie sono al collasso…

Qualcuno dovrà spiegarmi come mai le risorse destinate, con sontuosa profusione, al ponte sullo Stretto non siano invece spese per provvedere a ciò che già esiste, rimuovendo chiodi e brutte figure a vantaggio dei pendolari, dei viaggiatori per diletto e degli stessi ferrovieri con e senza “padella”.

Politica - di Ammiraglio Vittorio Alessandro

17 Gennaio 2025 alle 16:30

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Foto Mauro Scrobogna /LaPresse
Foto Mauro Scrobogna /LaPresse

Mio nonno era ferroviere, leggeva ogni mese “Voci della Rotaia” e, se qualcuno nei dintorni chiedeva che ora fosse, tirava fuori l’orologio dal taschino (la “padella”: un Perseo immatricolato agli inizi del Novecento) proclamando in modo definitivo ore e minuti primi. Per mio nonno capotreno, e per tanti come lui, il ritardo del convoglio avrebbe sì comportato una sanzione (il Perseo, che conservo con cura, aveva su un lato gli occhielli per il sigillo del capostazione di partenza e la demolizione di ogni alibi), ma sarebbe stato soprattutto un’onta, anzi quasi un peccato, essendo l’Orario Ferroviario Pozzo (quello grande, enciclopedico) una specie di libro sacro.

Non parlo dell’epoca fascista – quando pare che, tra le altre cose, i treni arrivassero in orario – ma degli anni Sessanta, cui al massimo possono risalire i miei ricordi di littorine, di locomotive a vapore e della “padella” di mio nonno. A leggere, oggi, le quasi quotidiane disfunzioni del trasporto ferroviario (alcune certamente dovute all’accanimento del fato), mi convinco che il soffocamento delle linee minori e la riduzione dell’antica, diffusa rete ferroviaria alla cura patinata dei collegamenti da metropoli a metropoli, in concorrenza con gli aerei, abbia cancellato quella dedizione, diffondendo in tutti la certezza che, per raggiungere un posto relativamente vicino, il treno non ci sia o che non basti, e che il mezzo privato rimanga insostituibile. Tanto più che gli annunci degli altoparlanti di stazione spiegano, al massimo, che il treno è in ritardo perché è in ritardo (“Una rosa è una rosa è una rosa”, scriveva Gertrude Stein).

Vorrei, però, dare per buono che il fato sia malvagio; concederei pure che disfunzioni, ritardi, pantografi sbilenchi e chiodi siano in corso da decenni; mi spingerei perfino ad ammettere che nulla o poco i governi precedenti – di destra, di sinistra e policromi – abbiano fatto per mantenere e migliorare la nostra rete ferroviaria. Qualcuno, però, dovrà spiegarmi come mai le risorse destinate, con sontuosa profusione, al ponte sullo Stretto non siano invece spese per provvedere a ciò che già esiste, rimuovendo chiodi e brutte figure a vantaggio dei pendolari, dei viaggiatori per diletto e degli stessi ferrovieri con e senza “padella”.

17 Gennaio 2025

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