Non partecipo all’ansia di chi ritiene inopportune le critiche per Agrigento Capitale della Cultura: un’ansia a volte rabbiosa, dunque più nefasta del rischio che vorrebbe arginare. Contrastare le critiche – e, con quelle, i mugugni, la satira e il pessimismo – sarebbe, del resto, come negare una parte cospicua di quella cultura agrigentina, e dei suoi massimi autori, che ci accingiamo a promuovere. L’appello all’obiezione costruttiva potrà essere un giusto (e rassegnato) richiamo, non una condanna.
Credo, piuttosto, nella chimica degli avvenimenti, capaci a volte di superare visioni costipate e gli stessi ingredienti apparecchiati: ciò vale per i grandi eventi, ma anche per il tinello di casa. Se il miracolo non esistesse, tanto varrebbe rinunciare ad ogni desiderio. Il mio è che tutto vada al meglio, e che il programma diffuso ieri – frammentario, in affannoso inseguimento del progetto e del suo titolo straordinario – sia superato dalle cose, soprattutto dalle persone (chissà perché, mi ostino a pensare ai giovani, perfino a quelli che sono andati via da Agrigento e dalla provincia con misere speranze). Benvenuto, presidente Mattarella.