Il progetto di un centrosinistra 2.0

Che cos’è ‘Comunità Democratica’, il nuovo soggetto nato al centro e alleato del Pd

Nasce oggi a Milano “Comunità democratica”: è l’atto di nascita di un nuovo partito moderato patrocinato dal fondatore dell’Ulivo che sarà guidato da Ruffini

Politica - di David Romoli

18 Gennaio 2025 alle 11:00 - Ultimo agg. 12:44

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Foto Mauro Scrobogna / LaPresse
Foto Mauro Scrobogna / LaPresse

Non lo si può dire e infatti nessuno lo dice. Graziano Delrio, organizzatore della manifestazione di oggi a Milano, mette anzi puntini fluorescenti sulle i: “I cattolici sono una risorsa essenziale ma non ci sono ambiguità sulle finalità. Sono impegnato nel centrosinistra e in un partito, il Pd”. Vedi mai Elly s’imbizzarisse! Non lo si può dire ma l’obiettivo del progetto che parte oggi con l’assemblea milanese di Comunità democratica è proprio un partito nuovo, organicamente inserito nel centrosinistra ma distinto dal Pd.

L’ospite d’onore, Ernesto Maria Ruffini, ex direttore dell’Agenzia per le Entrate e “federatore” designato dell’area moderato-cattolica lo sa perfettamente. Si muove con i piedi di piombo, non ha ancora sciolto la riserva ma i beninformati dicono che ci sia vicinissimo. Il passaggio chiave sarà la presentazione del suo prossimo libro, ancora senza titolo, in uscita a fine febbraio per Feltrinelli. Ruffini girerà la penisola in lungo e in largo per presentarlo e verificherà l’esistenza e la disponibilità di un’area centrista pronta a farsi “federare” e a seconda dei risultati deciderà se esporsi o arretrare. Ma se farà il passo avanti la sirena potrebbe attirare anche le aree non cattoliche ma moderate che nel nuovo Pd di Elly Schlein stanno scomodissime, come l’associazione Libertà Eguale di Enrico Morando che proprio oggi terrà il suo convegno a Orvieto con la presenza di Paolo Gentiloni, di ritorno dalla lunga trasferta europea.

No, non lo si può dire. Però Romano Prodi, che dell’operazione è ideatore e regista e che a Milano presenzierà ma solo in collegamento streaming, va a un millimetro dal dirlo. Prima recita il de profundis per il partito a vocazione maggioritaria, e anche se tutti sapevano che quel sogno di gloria era già tramontato nessuno, sinora, lo aveva detto così esplicitamente: “In nessun Paese c’è un singolo partito in grado di governare. Non c’è in Germania, figurarsi in Italia”. Poi affonda sulla necessità di una gamba centrista della coalizione peraltro ancora non nata: “Se si vogliono vincere le elezioni c’è bisogno di una parte che va al centro”. Parte, non partito. Un vecchio democristiano come Prodi sa bene come adoperare le sfumature semantiche. Infatti a domanda precisa sulla collocazione di questa “parte”, se all’interno o all’esterno del Pd, risponde glissando: “Questo si vedrà. Il Pd è l’àncora di questo movimento ma non basta”.

Non ci si lasci trarre in inganno dalle sottigliezze diplomatiche. Il Pd non basterebbe neppure se la sua componente cattolica, che peraltro già esiste, si ribattezzasse Comunità Democratica e vantasse la presenza al suo interno di Ruffini. Elly ha recuperato per i capelli un Pd in caduta libera spostando il baricentro a sinistra. Gli alleati, Avs e M5s, sono due partiti schierati su quel versante, anche se uno apertamente e l’altro no. Una coalizione così sbilanciata in partenza non sarebbe un’offerta politica per l’elettorato centrista né senza né con una componente cattolica vistosa al proprio interno e si può star certi che Prodi lo sa perfettamente.
Ma appunto, dirlo per il momento non si può perché la segretaria Schlein la prenderebbe malissimo. La formula di rito recita che un eventuale nuovo partito non dovrebbe impensierire il Pd perché si rivolgerebbe a un elettorato diverso, quello che in mancanza di offerta politica centrista si astiene.

In parte è certamente così ma è evidente che la presenza di un partito meno spostato a sinistra e con Prodi come padre nobile e regista dietro le quinte sarebbe appetibile anche per una parte degli amministratori, dei quadri e soprattutto degli elettori del Pd. La realtà nuda e cruda è che Prodi, nel momento stesso in cui si è inventato l’operazione Ruffini, è stato il primo a prendere atto del fallimento del progetto Pd per come era stato immaginato nel 2008 senza che quel progetto venisse poi mai ufficialmente revisionato. Non a caso è proprio il Professore a incalzare: “Sono due anni che il centrosinistra è essenzialmente muto. È ora di ricominciare a discutere”.

Sulla carta, la scommessa nasce perdente. Ogni tentativo di dar vita a una formazione centrista si è risolto sinora in fallimenti clamorosi. Ma qualche elemento che invece conforta la visione di Prodi invece c’è: a destra Fi ha dimostrato, a sorpresa, di esistere anche dopo la scomparsa di Berlusconi ed è oggi il secondo partito della destra. Perché quel che è possibile a destra non dovrebbe esserlo anche a sinistra? I cattolici progressisti, inoltre, esistono, sono una massa dispersa a acefala ma numerosa. Prima o poi dovranno per forza cercare una loro voce. Nella maggioranza, poi, lo scontro tra FdI e Lega è più ultimativo e meno facilmente ricomponibile di quanto i protagonisti ammettano e scosse di terremoto a destra rimetterebbero in movimento l’intero quadro politico. Prodi, ultimo esponente di una vecchia guardia passata sia per la prima che per la seconda Repubblica, potrebbe avere vista più lunga di tutti gli altri.

18 Gennaio 2025

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