L'intesa
Gaza, il governo Netanayu vota la tregua con Hamas ma promette la guerra: domenica primi scambi
Sei settimane di fragilissima tregua, con la seria possibilità di un ritorno alle armi dopo la liberazione degli ostaggi. Il governo israeliano, pur spaccato al suo interno, ha approvato l’accordo con Hamas sul cessate il fuoco a Gaza e il rilascio degli ostaggi siglato durante la notte tra giovedì e venerdì a Doha.
L’accordo entrerà in vigore domenica 19 gennaio, frutto della mediazione di Stati Uniti, Qatar ed Egitto, oltre ovviamente alle due parti in guerra, Hamas ed Israele. Il cessate il fuoco a Gaza inizierà domenica alle 8:30 ora locale (le 7:30 in Italia), come annunciato dal portavoce del ministero degli Esteri del Qatar. “Consigliamo ai nostri fratelli di rimanere cauti, di esercitare la massima attenzione e di attendere istruzioni da fonti ufficiali”, ha scritto il portavoce Majed al-Ansari in un post su X in arabo.
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Via libera israeliano arrivato nella tarda serata di venerdì 17 gennaio dopo oltre sette ore di discussioni e trattative nel governo guidato da Benjamin Netanyahu: l’ufficio del primo ministro israeliano ha reso noto che il piano è stato votato, concludendo la nota augurando “Shabbat Shalom”, ovvero “buon sabato”.
Politicamente l’accordo è costato a Netanyahu una crisi con l’estrema destra messianica che sostiene il suo esecutivo, in particolare con Bezalel Smotrich, leader del partito di estrema destra Sionismo Religioso e ministro delle Finanze, e Itamar Ben Gvir, ministro della Sicurezza interna e capo di Potere Ebraico. Come riferiscono i media israeliani, 24 ministri hanno votato a favore dell’intesa con Hamas e otto si sono schierati contro.
Ma è una rottura che potrebbe essere ricucita. Lo stesso Netanyahu ha confermato durante la riunione di gabinetto che Israele “ha ricevuto garanzie inequivocabili da entrambi i presidenti Usa, sia Joe Biden che Donald Trump, che se i negoziati sulla fase due dell’accordo falliscono e Hamas non accetta le richieste di sicurezza, l’Idf tornerà a combattere intensamente a Gaza con il sostegno degli Stati Uniti”. Dunque accordo firmato tra le proteste dell’ultradestra, ma senza tralasciare le richieste dei partiti di Ben Gvir e Smotrich.
Emergono intanto dettagli sul piano di “scambi” tra ostaggi israeliani in mano ad Hamas e detenuti palestinesi: nella prima fase Hamas, in cambio del rilascio di 33 rapiti il 7 ottobre 2023, otterrà il rilascio di oltre 1700 detenuti palestinesi: 700 terroristi, di cui 250-300 stanno scontando l’ergastolo; 1.000 cittadini di Gaza catturati dall’8 ottobre durante i combattimenti nella Striscia; e 47 prigionieri nuovamente arrestati dopo essere stati liberati nello scambio con il soldato Gilad Shalit (tenuto prigioniero per 5 anni e mezzo a Gaza) nel 2011.
Sempre durante questa prima fase l’esercito israeliano dovrà ritirarsi dalle zone più densamente popolate della Striscia di Gaza e permetterà alla popolazione di tornare nel nord dell’enclave palestinese, sotto assedio da mesi: il governo Netanyahu ha poi assicurato che permetterà l’aumento delle consegne di aiuti umanitari, fino a 600 camion al giorno dovrebbero poter entrare nella Striscia per consegnare beni di prima necessità.