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Parla Roberto Morassut: “Destituite il pericoloso Salvini”

Photo credits: Sara Minelli/Imagoeconomica

Photo credits: Sara Minelli/Imagoeconomica

Roberto Morassut, parlamentare e membro delle Direzione nazionale del Partito Democratico, Vicepresidente della Fondazione Giacomo Matteotti: queste ultime settimane hanno dato un segno molto concreto di quale sarà lo stile ma soprattutto la prospettiva strategica dell’amministrazione Trump degli USA. Come riorganizzare una risposta progressista in Europa?
Trump ha vinto le elezioni anche grazie ad un clamoroso autogol dei Democratici ma i tratti essenziali della sua politica, della sua visione dell’America e del mondo, del ruolo dell’America nel mondo erano noti. Di nuovo, in queste settimane, c’è la saldatura con le ambizioni politiche di Elon Musk, la sua debordante invadenza. Una saldatura politica che ha dentro, a quanto si riferisce, una irritazione personale da parte di Trump. Insomma, siamo davanti ad una situazione paradossale e inquietante: due grandi tycoon che hanno la forza di influire, formalmente e informalmente, sulla democrazia, sui destini del mondo e che condividono una certa visione illiberale ma che competono sulla leadership. Sembra di essere entrati in un’altra dimensione o forse meglio dire che siamo in un’altra dimensione. Le destre sovraniste si sono immediatamente piegate al vento atlantico. Si fanno coccolare come cagnolini. La loro idea di un’Europa come mera somma di nazioni è proprio quello che vogliono Trump e la destra americana. Nazioni che non contano nulla. Per la prima volta si apre una crepa di sistema occidentale che ha governato il dopoguerra, perché Trump lavora esplicitamente per indebolire l’Unione Europea. La destra italiana è accorsa subito ad omaggiare Trump e Musk. La Meloni ha esibito il suo sovranismo che è forte coi deboli e debole coi forti. Respinge in mare gli immigrati e accoglie a braccia aperte Musk consegnandogli pezzi strategici di sovranità nazionale. Il viaggio di Meloni in America è stato impressionante. Si è fatta ricevere a casa di Trump ed ha ricevuto i suoi complimenti per aver “preso d’assalto l’Europa”. Una plastica rappresentazione di tutto quello che sta accadendo.

Nel frattempo, il nuovo Presidente degli Stati Uniti ha ottenuto il cessate il fuoco a Gaza
La pace è pace senza colori politici, quindi non si può negare che si tratta di un evento che va accolto con grande sollievo da parte di tutti e che rappresenta un punto a favore per Trump. Si tratta di vedere la solidità e la durata di queste intese. Se esse si tradurranno in una pace stabile che porti al risultato indispensabile basato sull’obbiettivo dei “due popoli, due Stati”. All’interno del governo israeliano ci sono ancora forti resistenze, come è inevitabile. Quel che è certo è che gli Stati Uniti non possono pensare di riuscire a raggiungere questo obbiettivo senza un ampio coinvolgimento di tutti gli attori locali, regionali e internazionali, in primo luogo l’Europa. E questo vale anche per l’Ucraina. In generale resta il tema di fondo di carattere strategico: come governare un mondo multipolare come quello in cui oggi viviamo. L’idea che vi siano delle potenze egemoni che fanno la guerra o la pace secondo le loro decisioni e interessi non ha futuro. L’Europa è il tassello mancante. Senza un’Europa forte il mondo resta squilibrato.

Trump ha dichiarato che vuole prendersi la Groenlandia e acquisire il Canada come uno Stato della federazione statunitense. Lo ha fatto dileggiando i danesi e il premier canadese Trudeau.
Sembrano uscite folkloristiche, sparate, ma non lo sono affatto. Trump persegue una linea neo-imperiale. Vuole riaffermare l’egemonia americana nel mondo in modo chiaro, diretto, se possibile brutale, basandosi su elementi reali molto insidiosi che avrebbero bisogno di un governo globale e che in sua assenza vengono trattati andando per le spicce. È assolutamente vero che la Groenlandia è un grande vuoto politico mondiale che in qualche modo si dovrà riempire. Possiamo denunciare lo stile imperialista di Trump, che fa rabbrividire ma questo non cambia i termini del problema. Per lui chi è forte si prende quello che si deve prendere. Il governo del mondo lo fanno le grandi potenze. L’Europa non è una potenza e non deve esserlo. La Russia è una potenza ed entro certi limiti ci si possono fare accordi. A partire dall’Ucraina. Senza alcun ruolo dell’Europa. La Groenlandia è parte del grande tema dell’Artico, dello scioglimento dei ghiacci, delle risorse minerarie che si liberano, delle rotte commerciali che cambiano, accorciandosi. La Russia è ben posizionata su questo scenario. Ha la costa più lunga dell’Artico, ha porti, basi militari, installazioni minerarie. E proprio per la lunghezza della sua costa i ghiacci si sciolgono prima. Gli Stati Uniti hanno solo l’Alaska e sul versante americano lo scioglimento dei ghiacci è più lento perché la costa è più frastagliata e interrotta. L’Artico e le terre dell’Artico significano risorse minerarie fondamentali ma anche petrolio e gas. L’Alaska galleggia sul petrolio e discute assai aspramente col governo federale sulle royalties delle estrazioni. Il raggiungimento dei target necessari a contenere l’innalzamento delle temperature globali è faticoso perché ci sono potenze che da questo innalzamento credono di trarre dei vantaggi. Anche climatici. E la questione Artico ce lo dimostra. Trump dice: poiché né la Danimarca né l’Europa sono in grado di presidiare e sfruttare quei territori devono pensarci gli Stati Uniti. Una logica brutale. Ma questo ci fa capire l’importanza di un processo di integrazione europea più forte e anche la necessità di un sistema di difesa comune perché la pace in questo mondo qui non si garantisce solo con i “no” agli armamenti. Il mondo è cambiato. E in un mondo multipolare e complesso come questo occorrono strategie politiche e diplomatiche ma anche una deterrenza militare. Se l’Europa non la costruisce sarà sempre schiava e divisa. Ernesto Rossi nel Manifesto di Ventotene lo dice con chiarezza.

Passando allo scenario italiano, tuttavia, la destra sembra solida. Anzi con la liberazione di Cecilia Sala la Meloni è cresciuta nel gradimento.
Su queste cose non devono esistere divisioni e competizioni. Era importante liberare Cecilia Sala. Il risultato è stato raggiunto. Lo abbiamo riconosciuto senza problemi. E abbiamo collaborato per questo obbiettivo. Diciamo anche che il merito va alla diplomazia italiana, che nonostante tutto, non smette di avere una grande tradizione e una grande scuola. Su tutto il resto il giudizio sul Governo è negativo e ogni giorno non manca occasione per dimostrare la giustezza del nostro giudizio.

Qualche esempio…
A partire dal tema dei trasporti e delle infrastrutture dove la gestione di Salvini è a dir poco disastrosa. È il peggior ministro di sempre. Imbarazzante, ormai, anche per la maggioranza. Tutto il sistema dei trasporti e delle infrastrutture è investito da una grave crisi: ferrovie, trasporto pubblico locale, portualità, aeroporti. Si pensa di rispondere con vaghi progetti di privatizzazione e intanto si riducono le risorse per gli investimenti. Il Governo ha puntato tutto sul Ponte sullo Stretto, con tutte le incertezze ancora irrisolte che quel progetto contiene. Ma pochi giorni fa il Sindaco di Cosenza ha denunciato i ritardi per la realizzazione dell’alta capacità ferroviaria tra Salerno e Reggio Calabria. Il traffico ferroviario è alla paralisi, la rete elettrica è obsoleta e non sostiene la crescita esponenziale del traffico, non c’è coordinamento tra i lavori del PNRR e l’esercizio delle linee e si arriva al blackout ferroviario. Il Governo sta deragliando. Ci sono rischi per i viaggiatori, il personale di bordo, le merci. Salvini dovrebbe essere destituito in un Paese normale. Invece lui butta la palla in tribuna e chiede lo scudo penale per la Polizia, scudo che molti poliziotti non vogliono, per inquinare il tema serio della sicurezza. Sul disastro delle infrastrutture presenteremo a breve una mozione parlamentare del Partito Democratico, il parlamento deve discutere e sui guasti abbiamo chiesto al Ministro di riferire in Aula e in Commissione.

Sul “Salva Milano” che farete? Lei non l’ha votato. Perché?
C’è in corso una valutazione all’interno del gruppo al Senato. Io non ho votato e ho detto le mie ragioni negli organismi di Partito: al gruppo e in Assemblea Nazionale. Si è determinato un corto circuito normativo che non è frutto di un dolo ma di un disastro legislativo, di una decomposizione del quadro normativo italiano nel campo dell’urbanistica e dell’edilizia al quale non si riesce a dare una risposta organica, di sistema. Si vaneggia di leggi sul contenimento del consumo di suolo e sulla rigenerazione urbana, espressioni abusate e che ormai vogliono dire tutto e il contrario di tutto. Occorre una legge sul governo del territorio che è un qualche cosa di molto più ampio e che racchiude tutti gli altri aspetti compresi quelli della sicurezza, del dissesto idrogeologico, della tutela ambientale e dei beni culturali, della fiscalità urbana, della partecipazione popolare alle trasformazioni urbane, delle aree interne, delle periferie urbane e metropolitane, della garanzia dei servizi. Una legge semplice e leggera ma complessiva che dia un indirizzo alle Regioni che ormai fanno ognuna come gli pare. E che garantisca che le ricchezze enormi che si generano nelle aree ricche delle città, anche con operazioni senza consumo di suolo, siano equamente divise coi comuni e riversate, investite nelle zone più svantaggiate. Si chiama “contributo straordinario”.

Un’ultima domanda. Si sta discutendo la riforma costituzionale sulla Giustizia. Cosa comporterà, qualora fosse approvata.
Comporterà uno stravolgimento dell’ordinamento della Giustizia, del potere autonomo della Magistratura, una giustizia più lenta e più inefficace ma soprattutto una giustizia di classe. E spiego il perché. Il provvedimento del Governo radicalizza ed esaspera il tema caro da decenni a Forza Italia e non solo, della separazione delle carriere tra funzione requirente (il pubblico ministero) e funzione giudicante (il giudice). Questa differenziazione esiste già nell’ordinamento ma non è giunta al punto di una separazione totale di carriere e di organi superiori perché nel nostro ordinamento costituzionale la funzione del magistrato risponde ad un obbiettivo complessivo che e quello del perseguimento della giustizia o della verità, sia che agisca come accusa che come giudice. Il Governo vuole creare due CSM: uno per i pubblici ministeri, uno per i giudici. Perché la destra ha sempre affermato l’idea che il complesso della magistratura italiana è egemonizzato dalla figura del pubblico ministero, dell’accusa e che questa va sterilizzata. Tu fai il pubblico ministero e tu fai il giudice, senza relazioni, mescolanze… si deve calare un muro tra queste due funzioni e liberare i giudici dal complesso dei PM. Il PM diventerà una sorta di poliziotto, assorbito come un tempo dal peso della polizia giudiziaria. Torniamo nei fatti al Codice Rocco. Il Giudice sarà, secondo il Governo, più libero di valutare le accuse con autonomia. Questa cosa ha conseguenze enormi. Intanto avremo una giustizia più lenta perché bisognerà moltiplicare uffici e funzioni e già oggi sappiamo quanti problemi di lentezza abbia la macchina della giustizia ma la conseguenza più grave che io vedo è quella di precipitare il Paese in una giustizia di classe. I poveracci saranno colpiti dalla frusta della magistratura poliziesca, i più forti o organizzati saranno tutelati nella fase giudicante da magistrati che dovranno dimostrare di essere liberi dal peso dei PM. E del resto la destra, su questi temi, è sempre stata securitaria coi deboli e garantista coi forti. Se ci sarà un referendum approvativo finale dovremo far capire questo al popolo.