Artista poliedrico
Osvaldo Di Dio e il suo ‘Blues for Pino’: “Chitarrista grazie a Pino Daniele, continuo a creare la mia musica sperimentando più generi”
L'album tributo per il musicista napoletano è uscito lo scorso 10 gennaio. L'autore ha usato la storica Gibson di Pino e ha realizzato il disco insieme ad altri grandi protagonisti della canzone italiana e internazionale. La genesi del progetto e l'annuncio: "Non escludo l'uscita di un 'Blues for Pino' Volume II e III. Napoli si prepari: c'è in programma una bella sorpresa per la città"
Interviste - di Andrea Aversa
Ho aperto la custodia del cd, ho preso il disco all’interno e l’ho inserito nello stereo. Ho premuto play e il blues ha iniziato ad uscire dalle casse. Le prime note suonate dalla chitarra di Osvaldo Di Dio scorrevano piacevoli e arrivavano puntuali e precise, dritte al cuore. Era ‘Nun me scoccià‘, brano scritto e composto da Pino Daniele che fa parte dell’album capolavoro del 1980 ‘Nero a metà‘. “È di certo il mio pezzo preferito – ha detto a l’Unità il chitarrista e compositore napoletano, classe 1980 – la traccia prevede uno scambio continuo di assoli, anche improvvisati, tra me e Robben Ford“. Quest’ultimo, pezzo di storia della musica blues, è soltanto uno dei protagonisti di ‘Blues for Pino‘, il disco tributo che Di Dio ha realizzato per omaggiare proprio Pino Daniele, a dieci anni dalla sua scomparsa.
‘Blues for Pino’ il disco tributo di Osvaldo Di Dio per Pino Daniele
Un modo per evidenziare quanto la musica e le parole dell’Uomo in Blues siano immortali. A dimostrarlo il lavoro di musicisti che hanno lavorato con Pino Daniele, come Gigi De Rienzo, Ernesto Vitolo, Lele Melotti, Rosario Jermano. A loro si sono unite le straordinarie voci di Raiz, Peppe Barra e Mario Insenga, testimonianza che il lavoro di contaminazione e sperimentazione di Pino Daniele è più vivo che mai. Il blues unito alla canzone popolare napoletana e al rock, registrato come un live nella sua vocazione più internazionale, negli Eastcote Studios di Londra, con il contributo del fonico e produttore Chris Kimsey (che tra gli altri ha collaborato con i Rolling Stones). Così è nato ‘Blues for Pino‘.
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I musicisti che hanno contribuito alla realizzazione dell’album
Il tutto fatto con amore e rispetto, sentimenti provati con sincerità nei confronti di un artista il cui genio e patrimonio musicale sono immensi. Degna di nota e piena di significato anche la cover dell’album: un ragazzino seduto sui gradini di un vicolo di Napoli, con una chitarra tra le mani, mentre altri ‘scugnizzi’ stanno giocando a pallone sullo sfondo. Un modo per ricordare l’infanzia di Pino Daniele e la strada che quest’ultimo ha tracciato e che Di Dio ha deciso di seguire con successo. Non è un caso se il musicista partenopeo ha dichiarato di essere diventato un chitarrista, “grazie a Pino Daniele” e come lui di amare l’unione di più generi musicali.
Intervista a Osvaldo Di Dio: la ‘genesi’ di ‘Blues for Pino’ e la Gibson di Pino Daniele
Come è nata l’idea di realizzare questo disco?
“Innanzitutto sono sempre stato consapevole di cosa mi lega a Pino Daniele e allo stesso tempo della difficoltà di affrontare il suo repertorio. Sono almeno quattro gli elementi che caratterizzano il Pino Daniele musicista, rendendone difficile la riproduzione: il cantare in napoletano, con una voce unica e inconfondibile, l’essere stato un grande chitarrista, l’aver suonato il blues. Tutto ciò ha contraddistinto il suo percorso artistico. Sono parti complesse da mettere insieme se non si è Pino Daniele. L’idea dell’album è nata nel 2018, quando in occasione del concerto a lui dedicato, in quello che si chiamava stadio San Paolo, ho conosciuto i suoi musicisti, i suoi vecchi compagni di viaggio. Ho avuto l’onore di suonare con loro, ci siamo conosciuti anche musicalmente e così, grazie soprattutto a Gigi De Rienzo (il bassista, ndr) abbiamo poi deciso di coinvolgere tutti gli altri e realizzare questo disco“.
Al di la del blues come filo conduttore, qual è stato il criterio usato per la scelta dei brani?
“Premetto che il repertorio di Pino Daniele è talmente ampio che non escludo la registrazione e pubblicazione di un eventuale ‘Blues for Pino’ Volume II e Volume III. Per questo album ci siamo concentrati sui primi quattro lavori di Pino, quindi le canzoni sono state selezionate da li. Proprio in questi giorni è uscito il primo singolo in radio, ‘Yes i know my way’, brano molto iconico e contenuto nel disco ‘Vai mò’ del 1981“.
Come avete lavorato e quanto è stato difficile e allo stesso tempo divertente reinterpretare e riarrangiare le canzoni di Pino Daniele?
“Di sicuro ci siamo mossi con tanta delicatezza nell’approcciare ai brani. Alcuni arrangiamenti sono stati curati da Gigi De Rienzo, altri da me. Ma ognuno dei musicisti che ha partecipato alla realizzazione del disco ha dato il proprio contributo artistico. La straordinaria voce di Raiz in ‘Ue man!’, l’unione del canto popolare di Peppe Barra alla chitarra blues di Robben Ford in ‘Ce sta chi ce penza’, un insieme che mai avrei immaginato di ascoltare in nessun multiverso possibile. E poi la voce di Mario Insenga, un altro grande artista e musicista napoletano“.
C’è qualche brano in particolare dell’album al quale sei particolarmente legato?
“Di sicuro ‘Nun me scoccià’. La canzone nel disco ha una coda strumentale fatta da un continuo scambio di assoli con Robben Ford che mi hanno davvero emozionato. Abbiamo suonato anche improvvisando, in studio, uno di fronte all’altro. Magari senza seguire per forza un copione ma con il ‘sentimento’, come direbbe il grande Pino“.
Il disco è stato registrato come un live. È stata una decisione voluta?
“Assolutamente si. L’album è stato inciso ‘alla vecchia maniera blues’, secondo la tradizione. È una modalità che di base prevede una grande sintonia tra i membri della band. Diciamo che io ero quello nuovo ma fin da subito, fin dal primo accordo, è esplosa una forte armonia che ci ha permesso di suonare bene insieme“.
Per la registrazione dell’album hai utilizzato una chitarra Gibson usata dal ‘primo’ Pino Daniele che poi la cedette a Eros Ramazzotti. Quest’ultimo, con il quale hai spesso collaborato, te l’ha data proprio per la nascita di ‘Blues for Pino’. Puoi raccontarci questo aneddoto?
“Si, questa Gibson è la chitarra che Pino Daniele ha suonato per registrare gli album ‘Nero a metà‘, ‘Vai mò‘ e ‘Bella ‘mbriana‘. Pino l’ha anche utilizzata durante i tour tra il 1980 e il 1982. È un pezzo di storia. Quando mi è capitato di stare in studio con Eros Ramazzotti, gli ho sempre chiesto di suonarla. Così, quando lui è venuto a sapere che stavo realizzando questo progetto, ha ritenuto normale lasciarmela usare“.
Hai conosciuto Pino Daniele? Che ricordo hai di lui e cosa ha significato per te la sua musica
“Sono un chitarrista grazie a Pino Daniele. Con la sua musica, Pino ha aperto le porte di più mondi ma riuscendo a definire modo preciso di fare musica. Ricordo che frequentavamo lo stesso liutaio, Roberto Fontanot. Lui diede a Pino un mio disco, registrato in trio e in modo strumentale. Tra le canzoni presenti c’era una mia versione di ‘Sulo pè parlà’, con una mia dedica a Pino Daniele. Non so se è stata una coincidenza ma dopo quell’episodio lui aveva ripreso a suonarla dal vivo. Cosa che non faceva da anni. Poi l’ho incontrato tempo dopo in Rai. Ed è stato così emozionante stargli vicino che mi è bastato quello, senza chi dicessi nulla, per non rischiare di disturbarlo“.
Ti sei laureato a pieni voti al conservatorio con una tesi su Jimi Hendrix. Spazi dal blues, al rock, al jazz fino alla musica classica. Collabori con i più importanti musicisti e cantautori della musica italiana. Questo tuo essere un artista poliedrico come influenza il tuo modo di fare musica?
“Credo che questo sia il metodo utilizzato dalla maggior parte dei musicisti ma anche un particolare approccio che abbiamo noi artisti napoletani nei confronti della musica. Quella particolare capacità di puntare alla contaminazione, alla sperimentazione e all’unione di più generi ma seguendo ed avendo un’identità ben precisa. Evitando di fare tutto e male ma riuscendo a farlo in un certo modo. Come ha detto James Senese, ‘non è che il jazz debba essere per forza jazz, noi facciamo musica“.
Dopo gli show di gennaio, fatti a Taranto e Milano e il concerto già fissato sempre a Milano per luglio 2025, è previsto un tour per ‘Blues for Pino’?
“Grazie al lavoro dell’agenzia Barley Arts di Claudio Trotta organizzeremo un tour estivo e ci sarà una bella sorpresa per Napoli e i napoletani“.
Dopo questa avventura cosa c’è nel futuro di Osvaldo Di Dio?
“Pino ha indicato e allo stesso tempo percorso molte strade. Io continuerò a sviluppare la mia, attraverso la mia musica originale, seguendo questo solco che ho iniziato a tracciare“.