Punto Nave
Almasri rientrato a Tripoli rischia di finire come Bija e non parlare mai…
Anche il generale torturatore, come lo scafista Bija, è dunque ritornato in patria con gli onori del nostro governo. Magari per finire anche lui, prima o poi, stritolato in qualche regolamento dei conti.
Cronaca - di Ammiraglio Vittorio Alessandro
La restituzione alla Libia (la chiamano “espulsione”) di Osama al-Najim, arrestato a Torino nel corso di un’operazione internazionale, è una delle pagine più fosche della lunga sequela dei segreti dello Stato italiano. Il generale al-Najim, detto Almasri, non è un imputato qualsiasi: capo della polizia giudiziaria in Libia, ha gestito due centri di detenzione che, secondo quanto accertato dalla Corte penale internazionale de L’Aja, sono luoghi di tortura non soltanto per migranti, ma anche per i cittadini libici lacerati da una infinita guerra civile. Un rapporto del Dipartimento di Stato USA diffuso da Sergio Scandura di Radio Radicale, riporta nel dettaglio le innumerevoli violenze subite da chi vi è stato detenuto.
Come sempre accade per i mandati di cattura che coinvolgono l’Interpol e i servizi, non tutto è chiaro sull’arresto del generale al-Najim, ma è certo che anche lui, come Bija – l’addestratore degli ufficiali delle milizie libiche recentemente assassinato a Tripoli – è bene informato sui rapporti fra Italia e Libia e sul consistenti flussi finanziari profusi ai responsabili di prigioni e milizie per il contenimento (ad ogni costo) delle partenze: perché da questa parte del Mare-Cimitero si possa finalmente dire che gli sbarchi sono diminuiti.
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La Corte de L’Aja ha ordinato l’arresto di Almasri, la polizia lo ha eseguito, ma il governo italiano non ha dato seguito al procedimento consegnando, come avrebbe dovuto, il prigioniero ai giudici. Anche il generale torturatore, come lo scafista Bija, è dunque ritornato in patria con gli onori del nostro governo. Magari per finire anche lui, prima o poi, stritolato in qualche regolamento dei conti.