La rivolta dell'Anm
Di Pietro dà lezioni di diritto a Davigo e l’Anm: “La separazione delle carriere è giusta”
L’ex pm ha ricordato che “ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità. Se giudice e pm sono della stessa famiglia è un controsenso”
Giustizia - di Paolo Comi
“Il pm, come il giudice, rimarrà sempre ‘autonomo’ ed ‘indipendente’ da qualsiasi altro potere dello Stato”, ha affermato ieri in una intervista al Corriere della Sera Antonio Di Pietro, idolo dei manettari ai tempi eroici di Mani pulite, stroncando le polemiche di questi giorni sulla riforma della separazione delle carriere. “Fino a prova contraria la riforma non modifica l’articolo 104 della Costituzione secondo cui sia l’autorità giudicante e sia l’autorità requirente sono totalmente indipendenti da ogni altro potere dello Stato”, ha ricordato Di Pietro, ponendo fine a quelle che egli stesso definisce “fake news”. Da settimane, infatti, l’Associazione nazione magistrati con i suoi giornali di riferimento ha lanciato una campagna del terrore, annunciando che con questa riforma ci saranno scenari apocalittici per la democrazia.
Il primo, ovviamente, è che il pm sarà al soldo del governo di turno e non ci saranno più indagini nei confronti dei famigerati “colletti bianchi”. Il pm, è il mantra dell’Anm, sarà assoggettato al potere esecutivo e verrà utilizzato come una clava nei confronti degli avversari. Ma come ha detto Di Pietro si tratta di “fake news” in quanto la riforma prevede due distinti Consigli superiori, uno per i pm ed uno per i giudici, dove in entrambi i casi essi saranno la maggioranza rispetto alla componente laica scelta dal Parlamento. “Il pm avrà più poteri di prima. E comunque non è questione di riforma: la sudditanza al potere politico dipende solo dall’animus del giudice o del pm”, precisa l’ex magistrato del Pool, aggiungendo che “ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a un giudice terzo e imparziale: prevedere che l’accusa e il giudice siano della stessa famiglia è un controsenso. Le carriere unite significa che giudice e pm fanno parte della stessa squadra, dello stesso ceppo”.
Per terrorizzare l’opinione pubblica che dovrà poi esprimersi sulla riforma attraverso il referendum, è stato poi evocato lo spauracchio della P2 di Licio Gelli. Nel Piano di Rinascita democratica vi era in effetti la separazione delle carriere. Ma nel Piano di Rinascita democratica vi era anche la diminuzione dei parlamentari, votata dal M5s, senza che nessuno abbia gridato all’eversione dello Stato democratico. Per la cronaca, comunque, anche Giovanni Falcone era a favore della separazione delle carriere. Ed infine c’è la protesta, che rischia di trasformarsi in una pagliacciata, da parte dei magistrati dell’Anm che hanno intenzione di inscenare questo fine settimana in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’Anno giudiziario.
Le toghe hanno fatto sapere che si alzeranno quando prenderà la parola il ministro della giustizia Carlo Nordio, indossando delle magliette con proclami a favore della Costituzione ed una coccarda tricolore. “Nel giorno dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, anziché uscirsene dall’aula con la Costituzione in mano, li inviterei piuttosto a rileggersela meglio, la Costituzione. Quel giorno ci sarà il capo dello Stato, ci saranno esponenti del governo, rappresentanti del Parlamento: che si chiamino Giovanni, Maria, Franco o Michele sono istituzioni e girar loro le spalle è un’offesa”, ricorda allora Di Pietro ai suoi ex colleghi: “L’ordine giudiziario è un potere dello Stato, sei già indipendente, contro chi scioperi? Quando da pm criticavo il decreto Biondi io andai davanti alle telecamere a dirlo. Ma non ho fatto mai sciopero né picchetti. Per questo non mi sono mai iscritto all’Anm”.
Per una di quelle strane coincidenze, nel giorno dell’intervista a Di Pietro ecco arrivare sul Fatto Quotidiano il solito Piercamillo Davigo, altro idolo dei manettari anche se ora con una condanna definitiva per rivelazione del segreto d’ufficio sul casellario, con un lunghissimo intervento a difesa invece dello status quo.
Peccato che Davigo nella sua dotta disquisizione si sia dimenticato di ricordare che un sistema come quello italiano, con il pubblico ministero, colui che accusa, ed il giudice appartenenti alla stessa categoria professionale, esista solo in altri tre Stati: Turchia, Bulgaria e Romania. Paesi che è molto difficile prendere come modello in materia di tutela dei diritti e delle garanzie.
“I pm continueranno ad essere reclutati per concorso, e non nominati dall’esecutivo, mantenendo tutte le loro prerogative in tema di promozioni, trasferimenti, incompatibilità, gestite da un apposito Csm. La separazione fra pm e giudici è garanzia di una maggiore professionalità, perché più specifica, con corsi di aggiornamento ad hoc”, ha precisato Isabella Bertolini, componente laica del Csm in quota FdI. “Io credo che il grande disappunto della magistratura verso questa riforma abbia motivazioni meno idealistiche e molto più egoistiche di quanto si possa pensare”, ha aggiunto invece Claudia Eccher, laica salviniana del Csm. Forse è il caso di ricordare che il giorno dopo l’inaugurazione dell’anno giudiziario circa 9000 magistrati italiani saranno chiamati a rinnovare i vertici dell’Anm.