Auschwitz - 80 anni dopo
Parla Edith Bruck: “L’antisemitismo dilaga, oggi provo pena per i miei aguzzini: è stato un inferno che può capire solo chi lo ha vissuto”
«Sono passati 80 anni? Per me non è ieri, è ora. Chi non ha vissuto quell’inferno può farselo raccontare ma non potrà mai capire. Diceva così Primo Levi»
Interviste - di Umberto De Giovannangeli
“Ottant’anni? Per me è come se fosse ieri. Ha ragione Primo Levi: ci sono cose che si possono raccontare ma che non si possono capire, se non le hai viste con i tuoi occhi, se non le hai vissute. Questo è stato Auschwitz. L’indicibile che non passerà mai”. Una lezione di vita, di storia, di cultura dalla persona straordinaria che fa questo regalo ai lettori de l’Unità: Edith Bruck. Di origine ungherese, 93 anni, è nata in una povera, numerosa famiglia ebrea. Nel 1944, poco più che bambina, il suo primo viaggio la porta nel ghetto del capoluogo e di lì ad Auschwitz, Dachau, Bergen-Belsen. Sopravvissuta alla deportazione, dopo anni di pellegrinaggio, approda definitivamente in Italia, adottandone la lingua. Nei suoi libri ha reso testimonianza dell’evento nero del XX° secolo. Ha ricevuto diversi premi letterari ed è stata tradotta in più lingue.
Signora Bruck, lunedì si celebrano gli ottant’anni dalla liberazione di Auschwitz.
Per me ottant’anni è oggi. Quel vissuto vive con noi, è sempre presente. E lo sarà per sempre, purtroppo. E non solo a livello individuale. Perché ciò che Auschwitz era racconta il mondo che lo circondava e che ha permesso che quell’inferno in terra si realizzasse. Ma ciò che Auschwitz ha rappresentato, ciò che si è consumato al suo interno, gli orrori quotidiani, parlano anche al mondo di oggi, segnato ancora dall’odio, dai lager, dalle persecuzioni. Auschwitz ci dice che tutto quello che avviene attorno a noi ci riguarda, tutti. E questo vale anche ottant’anni dopo.
Signora Bruck, in una nostra precedente conversazione, lei aveva ricordato i contatti continui con i giovani, gli studenti. Ecco, se oggi dovesse dire a un ragazzo della generazione Z cosa è stato Auschwitz, che parole userebbe?
Come ho sempre fatto, in tutta la mia lunga vita. Non cambia. Raccontarlo parlando anche del mondo di oggi e di quello di domani. Dopo Auschwitz tutto è cambiato, sia nella nostra vita che nella visione del mondo.
Auschwitz, un Monumento all’odio?
Io non conosco l’odio, non so cosa sia. Per fortuna sono totalmente libera da questo sentimento nero. Non provo odio verso nessuno.
Neanche verso gli aguzzini che lei ha conosciuto nei campi nazisti?
No. Mi facevano pena, mi facevano quasi compassione per come poteva ridursi un essere umano, ridursi a quella crudeltà, che ho vissuto, che ho visto.
Signora Bruck, lei rivede oggi rigurgiti di antisemitismo nel mondo?
Assolutamente sì. C’è sempre stato e non passerà mai.
Perché?
Perché gli ebrei restano il capro espiatorio. E poi perché giudicano gli ebrei nel loro insieme e non come individui. Se Netanyahu si comporta come sta facendo, allora è colpa di tutti gli ebrei. C’è sempre questo eterno capro espiatorio che sono gli ebrei. Un trattamento che non è riservato agli altri popoli. I popoli sono formati da persone, individui che la pensano diversamente. Così avviene per gli ebrei. Non tutti la pensano allo stesso modo, non tutti si comportano allo stesso modo. Ma gli ebrei come singoli individui non esistono. Esiste sempre quel “voi” e ancora “voi”. Una condanna inoppugnabile. In tutta la mia vita ho sempre sentito quel “voi” accusatorio.
Signora Bruck, guardando a quello che accade a Gaza, c’è chi dice: ma come è possibile che le vittime di ieri si siano trasformate nei carnefici di oggi?
Io non userò mai questa parola, carnefici. Né la parola “genocidio”. Così come resto convinta che finché non ci saranno due Stati per due popoli, questo disastro non avrà fine. A me dispiace, piango per ogni morte. Ogni morte. Non ci sono vite di serie b o serie c. Mi tocca tutto quello che accade.
Qual è stata l’unicità della Shoah?
Unica perché è stato un genocidio deciso a tavolino. Con scienziati, medici, architetti, usando ogni cosa che potessero usare esseri umani: la carne, la pelle, il grasso, una cosa allucinante se ci si pensa. I capelli…Una cosa che non si può mai raccontare fino in fondo. È impossibile comprendere. Come diceva Primo Levi si può raccontare ma non si può comprendere.